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Dal Nuovo Quotidiano di Puglia e da La Gazzetta del Mezzogiorno di sabato 2 ottobre 2004

dal Nuovo Quotidiano di Puglia del 2/10/04

Commando di almeno sette banditi con kalashnikov e pistole: chiodi per bloccare il furgone e pioggia di proiettili

Assalto al portavalori: 4 feriti

Blindato Velialpol in trappola: rapinatori in fuga con 470mila euro

VEGLIE - Commando in azione ieri mattina sulla provinciale Sandonaci-Mesagne: preso di mira un portavalori dell'istituto Velialpol di Veglie dal quale i banditi hanno portato via circa 470mila euro.

Durante l'assalto sono rimaste ferite quattro persone: i tre vigilantes (due di Veglie e uno di Squinzano) che erano nel furgone blindato e un automobilista di Castellaneta colpito da un proiettile sparato dai banditi.

L'azione criminale ha destato allarme e per oggi il sottosegretario Mantovano ha convocato un vertice a Brindisi.

Spietati, determinati e professionisti. E' la descrizione dei componenti il commando composto da otto o più rapinatori che ieri mattina ha dato l'assalto ad un portavalori della Velialpol con a bordo i soldi destinati agli uffici postali di Ostuni e del territorio a nord della provincia di Brindisi.

Armati di tutto punto, con kalashnikov, fucili a pompa e pistole, si sono impossessati di 470mila euro. Un bottino che gli stessi banditi hanno predato dopo aver trasformato la Sandonaci-Mesagne in un campo di battaglia con decine di bossoli e di proiettili sparsi su tutta la carreggiata. E ieri mattina si è compiuto un vero miracolo visto che alla fine dell'azione non si sono contati morti ma, per fortuna, solo feriti e nemmeno tanto gravi, tranne uno, vivo per un soffio. I tre vigilantes bloccati nel loro furgone blindato, ammaccati e con contusioni ed escoriazioni sul corpo, più un automobilista di passaggio ferito all'addome da un proiettile che ha anche trovato la strada per uscire dal corpo del giovane senza danneggiare organi vitali. Per tutti è stato necessario il ricovero presso l'ospedale Antonio Perrino con ferite lievi per i vigilantes ed un po' più gravi per l'automobilista che, comunque, guarirà in venti giorni.

I dipendenti della Velialpol Antonio Cavalloni, 38 anni, di Veglie, Giuseppe Arnesano, 26 anni, di Veglie, Vincenzo Carlucci, 38 anni, di Squinzano, guariranno in una decina di giorni, mentre Antonio Pucci, 22 anni, di Castellaneta, per la ferita all'addome, è stato ricoverato in chirurgia. Per lui la prognosi è di 20 giorni.

Il commando di malviventi ha agito usando un grosso camion per il trasporto delle pietre da cava al quale erano state applicate delle targhe risultate rubate a Taranto ad una Lancia Thema. Il conducente del grosso mezzo, mentre percorreva la strada da Mesagne verso Sandonaci, ha lanciato il camion contro il portavalori provocando l'incidente. Subito dopo è saltato giù mentre il furgone portavalori si rigirava più volte su se stesso. L'autista della Velialpol, del resto, ha potuto fare poco per evitare l'impatto ed il suo mezzo, dopo aver subito un urto sul lato sinistro, è finito fuori strada andando a sbattere contro il muro di cinta di un opifìcio in disuso.

Altri rapinatori, almeno due persone che, però, non hanno fatto parte del gruppo di fuoco, avevano già preparato la strada per fermare il portavalori nel caso questi fosse riuscito ad evitare l'impatto con il camion. Per terra, per un tratto di oltre 300 metri avevano gettato chiodi a quattro punte: di quelli che fino a qualche anno fa venivano usati dalle squadre contrabbandiere per avere la meglio sulle auto della finanza e porre fine agli inseguimenti. E l'ex opificio, ormai in stato di abbandono da una quindicina di anni, che ha fatto da "testimone" alla rapina era ben noto alle forze dell'ordine visto che in passato qualcuno lo aveva utilizzato come "gubbia" per le sigarette: per nasconderci, cioè, il carico di bionde sbarcato sulla costa dagli scafi blu. I banditi hanno utilizzato la fiamma ossidrica per aprire uno squarcio sul lato destro del furgone portavalori.

Nel corso della rapina i malviventi hanno sparato, e pure parecchio. Lo hanno fatto sia per fermare il blindato che per allontanare gli automobilisti di passaggio. Ed è stato in questo modo che Antonio Pucci è stato ferito all'addome mentre si trovava alla guida della sua auto, un fuoristrada Pik Up di colore bianco, diretto verso Sandonaci. Una volta fermato il blindato, i rapinatori, utilizzando una fiamma ossidrica, hanno provveduto ad aprire il vano di carico del portavalori per impossessarsi del denaro che trasportava. I tre vigilantes, sotto la minaccia delle armi, sono stati fatti scendere dal loro mezzo ed invitati ad evitare qualsiasi azione. Altrimenti sarebbero stati fatti fuori.

«Statevene buoni, e fumatevi una sigaretta se non volete fare una brutta fine», gli ha detto uno dei banditi mentre si impossessava delle pistole dei tre vigilantes, poi portate via. Le guardie giurate sono state messe in un fosso vicino alla strada e tenute sempre sotto il tiro delle armi, armi che qualcuno di loro si è visto puntare alla fronte.

Subito dopo i malviventi sono fuggiti via a bordo di tre auto facendo perdere le loro tracce. Le vetture sono una Mercedes, una Opel Kadett e un fuoristrada. A cercare il gruppo di fuggitivi, ieri, i carabinieri del nucleo operativo e della compagnia dì Brindisi oltre che della stazione di Mesagne. Con loro hanno partecipato alle ricerche anche gli agenti del commissariato di polizia del posto, ma dei banditi nessuna traccia. Anche l'uso degli elicotteri dei carabinieri non ha permesso di individuare i possibili nascondigli dei rapinatori. Nel corso della giornata sono state eseguite numerose perquisizioni domiciliari e sono stati interrogati alcuni pregiudicati nel tentativo di cercare qualche traccia utile all'indagine. Le ricerche dei carabinieri oltre che sul territorio mesagnese e brindisino si sono spostate anche nel Leccese. L'indagine dei carabinieri di Brindisi è coordinata dal sostituto Silvia Nastasia, della Procura di Brindisi.

di Giorgio Gargasole


Le guardie giurate che erano a bordo rivivono quegli attimi di terrore

«Un urto fortissimo, poi urla e spari. E' stato terribile sfiorare la morte»

VEGLIE - Si piange, di gioia. E con le lacrime un sorriso timido fa capolino seguendo sguardi bassi, mosso dalla consapevolezza di esser lì. Di esser vivi. Antonio Cavalloni e Giuseppe Arnesano, entrambi di Veglie, scampati per miracolo col collega di Squinzano, Vincenzo Carlucci, all'assalto armato al portavalori della Velialpol ieri mattina, hanno gli occhi di chi ha visto la morte passargli a un palmo dal naso, le braccia forti di due capifamiglia e il lieve seppur ben definito velo di incredulità che avvolge gli uomini e piega come fuscelli anche gli arbusti più forti con prove così dure e imprevedibili. Antonio, 38anni, da dieci guardia giurata, ha fatto ritorno ieri stesso a casa - come anche i colleghi -, un'abitazione in via Veneto divenuta improvvisamente troppo piccola per contenere il viavai di amici, parenti e sconosciuti che volevano abbracciarlo. Semplicemente.

Schivo, intimidito da tanto clamore tutt'intomo, si muove lento, col braccio destro bloccato a causa delle ferite riportate eppure dispensa ospitalità come fosse il giorno del suo compleanno. E in fondo un po' lo è, anzi, è come rinato. «Sono vivo per un soffio - racconta dal divano di casa - altri tre miei colleghi 5 anni fa non ce 1' hanno fatta...».

Il ricordo va veloce alla mattanza ormai nota come Strage della Grottella, diretta da quel Vito di Emido, a lungo "Primula rossa" della Scu poi consegnato alla giustizia, una ferita ancora aperta per l'intera comunità: le vite di tre vigilantes per un pugno di miliardi. «Ero io alla guida del furgone - continua Antonio - e all'improvviso, appena uscito da Sandonaci, ho visto di fronte a me un grosso camion a tre assi, voleva venirmi addosso e ho sterzato bruscamente sicché siamo stati urtati sulla fiancata e ci siamo ribaltati più volte». Bloccato il portavalori, il camion si è diretto a Sandonaci e dopo 80 metri ha svoltato a sinistra impantanandosi nella terra. Nel frattempo in meno di dieci minuti i malviventi hanno portato a segno il loro piano. «Uno di loro mi ha puntato un Kalashnicov alla tempia e «apri la cassaforte! apri la cassaforte!», diceva sia a me che a Vincenzo, seduto dietro, ma gli ripetevamo che era impossibile perché solo dalla centrale si può aprire e allora ci hanno intimato di scendere e ci hanno fatto stendere per terra, disarmandoci. Sono arrivati due complici ed hanno cominciato a tagliare la cassa con l'ausilio di una motoserra a scoppio, di quelle solitamente usate dai vigili del fuoco mentre un altro con la mazza ferrata dava un colpo dietro l'altro. Mi si è avvicinato un altro malvivente farfugliando poche parole in lingua straniera... poi quei colpi esplosi tutt'intorno...».

Una ventina, proiettili corazzati calibro 12 tutti, rinvenuti per terra. «E' stato un inferno - ricorda Giuseppe Arnesano, 26 anni compiuti appena 12 giorni fa -. Prima ho visto il camion e dietro ad esso una persona col volto coperto, ho detto ad Antonio di stare attento, poi ho capito che si trattava di una rapina e mi sono accasciato sul sedile accanto a lui finché non ci hanno fatto scendere. «A terra! a terra!», ci urlavano. Mi hanno strappato la fondina con forza, poi gli sparri e due auto, una Opel Kadett e una Mercedes, forse alla guida c'erano i complici... non so... io... sono vivo e non so se riuscirò più a salire su un portavalori». A salvare i tre, pare, «il fatto che procedessero ad una velocità non sostenuta, come consigliamo sempre noi - spiega il capitano Piero Palma della Velialpol -. Il contachilometri segnava 68 km/h quando è avvenuto l'impatto».

Intanto sulla vicenda interviene il "Savip", sindacato autonomo di vigilanza privata. «Ancora una volta - scrive il segretario nazionale Vincenzo del Vicario - i soldi delle poste prendono il "volo" a seguito di una feroce azione di fuoco contro un furgone portavalori privato. Bisogna prendere atto che le rapine ai furgoni delle poste, dopo la cessione dei servizi di scorta alle imprese private, sono aumentate esponenzialmente. E' un segnale gravissimo e che dovrebbe far riflettere quanti, oggi, intendono aumentare per legge le competenze di Istituti i vigilanza, le cui attività restano al di fuori di qualsiasi affidabile controllo».

di Fabiana Pacella


da La Gazzetta del Mezzogiorno del 2/10/04

Banditi in azione a Mesagne, come in un film. Bottino 470mila euro

Assalto al portavalori: feriti tre guardie e un automobilista

Sono tre guardie giurate di Veglie e di Squinzano: salve per miracolo

VEGLIE - Disposti a tutto,anche ad uccidere. Sette - forse otto o ancora di più - i banditi che alle 7 e mezzo di ieri sono entrati in azione lungo la provinciale che collega Mesagne con San Donaci. Un piano studiato a tavolino da chissà quanto tempo, usando tecniche e strategie di stampo militare. Nulla, infatti, è stato lasciato al caso. Di certo, per bloccare il furgone della «Veliapol» diretto agli uffici postali di Ostuni e Fasano - con quasi mezzo milione di euro in contanti - i malviventi avevano messo in preventivo anche di ammazzare senza pietà le tre guardie giurate e chiunque avesse in qualche modo ostacolato i loro piani. Antonio Cavalloni, Giuseppe Arnesano e Vincenzo Carlucci (di Veglie i primi due rispettivamente di 38 e 26 anni e di Squinzano il terzo, anche lui di 38 anni) hanno rischiato davvero grosso ma - alla fine - hanno tirato un sospiro di sollievo, pensando soprattutto alla sorte dei colleghi dello stesso istituto di vigilanza, rimasti uccisi in quella che è tristemente passata alla storia criminale pugliese come la strage della Grottella.

La strada che il furgone della «Veliapol» avrebbe dovuto percorrere era stata cosparsa di chiodi a tre punte. Ma, quella della foratura, era solo un’ipotesi secondaria perché il piano prevedeva un incidente con un camion: e così è stato. Il pesante mezzo è sbucato all’improvviso da una stradina di campagna, speronando il furgone nella parte posteriore. Il mezzo dei vigilanti si è ribaltato più volte e solo perchè era blindato non si è ridotto in un cumulo di lamiere, consentendo così alle tre guardie giurate di uscire più o meno incolumi, sia pure sotto la minaccia delle armi: fucili a pompa, kalashnikov e pistole che sono stati subito puntati all’altezza delle loro teste. Un altro bandito, con la fiamma ossidrica,ha aperto il furgone come una scatoletta di tonno, prelevando la valigetta che conteneva esattamente 470mila euro. Per evitare che in questi pochi minuti qualcuno potesse giungere in quella strada, di per sé già poco frequentata, i banditi avevano collocato una serie di cartelli simulando lavori in corso. Eppure, qualcuno è comunque arrivato a ridosso dei banditi. Antonio Pucci, 22 anni di Castellaneta, aveva fretta perché doveva accompagnare un amico a prendere l’autobus. I banditi, con un colpo di fucile, lo hanno bloccato. Un proiettile gli ha trapassato lo stomaco ed è vivo, anche lui, per miracolo.

I rapinatori erano arrivati su quella strada con tre potenti auto: una «Mercedes», una «Opel» e un fuoristrada e con le stesse sono poi fuggiti, sembra prendendo direzioni diverse. Hanno lasciato lì, ovviamente, il camion usato per provocare lo scontro con il furgone. Era stato rubato qualche giorno addietro nel Tarantino. I carabinieri sono arrivati nel giro di qualche minuto ma i banditi erano già lontani, pronti a dividersi quel mezzo milione di euro, che i pensionati di Ostuni e Fasano hanno inutilmente atteso all’ufficio postale. Questa mattina, in Prefettura, vertice con il sottosegretario agli Interni Alfredo Mantovano. Temendo una recrudescenza, si cerca di correre ai ripari. Tra le reazioni politiche anche quella dell’esponente della Lega Nord Peruzzotti, per sollecitare una legge che tuteli il ruolo delle guardie giurate.


di Vincenzo Sparviero

(dalla cronaca di Puglia e Basilicata)


I fucili puntati alla tempia per cinque minuti.

Attimi di terrore per i conducenti del mezzo blindato. Il furgone speronato da u camion, poi spari all'impazzata

VEGLIE - Poteva essere una strage. I banditi erano disposti a tutto, anche ad uccidere, pur di impossessarsi del denaro destinato agli uffici postali dei Comuni a nord di Brindisi.

Così, per un giorno, questo territorio rivive gli anni bui in cui la Sacra Corona Unita imperversava nel Brindisino come nel Leccese, con rapine spesso cruente, nelle quali a farne le spese erano anche occasionali passanti.

Ieri - lungo la provinciale che collega Mesagne con San Donaci - poteva tranquillamente scapparci il morto. I tre vigilanti che erano sul furgone portavalori se la sono cavata con qualche contusione, ma soltanto perché si trovavano su un mezzo blindato. Un giovane automobilista di Castellaneta, invece, può dirsi addirittura miracolato. Gli hanno sparato non certo per intimorirlo soltanto e un proiettile gli ha trapassato la pancia, senza ledere organi vitali.

L'«inferno» è iniziato intorno alle 8. Per Antonio Cavalloni, Giuseppe Arnesano e Vincenzo Carlucci (di Veglie i primi due e di Squinzano il terzo, rispettivamente di 38, 26 e 38 anni) doveva essere una giornata come tante altre. Avevano sul loro furgone quasi mezzo milione di euro, destinato agli uffici postali di Ostuni, Fasano e Montalbano.

Probabilmente erano seguiti da almeno una delle auto dei malviventi: quella dalla quale è certamente partito il segnale per il bandito che si trovava a bordo del camion che avrebbe dovuto provocare l'incidente per bloccare il furgone.

Tutto, purtroppo, è andato secondo le previsioni dei malviventi. Il camion, uscito all'improvviso da una strada sterrata, ha speronato il mezzo blindato nella parte posteriore, facendo perdere il controllo all'autista. Il furgone si è ribaltato più volte, prima di finire la sua corsa fuori strada.

A quel punto, sono sbucati banditi dappertutto. Sono scesi da tre vetture diverse, tra le quali un fuoristrada, sparando subito all'impazzata con fucili a pompa e kalashnikov. I vigilanti sono stati costretti ad uscire con le mani alzate. Erano malconci, ma non avevano nulla di rotto. Mentre un altro bandito armeggiava con una fiamma ossidrica per aprire un buco nel furgone blindato, le guardie giurate sono rimaste con le mani alzate e i fucili puntati alla testa. Tutto si è svolto in poco più di cinque, minuti, durante i quali un automobilista si è avvicinato fin troppo ai banditi, malgrado lungo la strada fossero stati collocati cartelli che impedivano l'accesso alle auto, indicando «lavori in corso».

Effettivamente, erano... in corso i lavori - studiati a tavolino - di un'agguerrita banda di criminali, che potrebbe essere arrivata dalla Calabria. Proprio in provincia di Cosenza, recentemente, sono avvenute rapine a portavalori con le stesse modalità. Ma, in quanto a ferocia ed organizzazione, anche le bande salentine non si fanno mancare nulla. La strage della Grottella la dice lunga sull'efferatezza della Sacra Corona.

Ieri, i banditi hanno sparato all'impazzata e uno dei fucili è stato puntato anche contro quell'automobilista, Antonio Pucci, 22 anni di Castellaneta, che chiedeva strada per accompagnare un amico alla fermata dell'autobus. Hanno fatto fuoco una sola volta, centrandolo allo stomaco. Solo per miracolo, come si diceva, il giovane non è in pericolo di vita.

Dopo aver arraffato tutto il denaro che era nel furgone, circa 470mila euro, i banditi sono saliti a bordo di una «Mercedes», una «Opel» ed un fuoristrada, abbandonando nella zona il camion con il quale avevano procurato l'incidente, che aveva targhe rubate da una «Lancia Thema» nel Tarantino.

I carabinieri sono arrivati nella zona nel giro di qualche minuto ma i banditi, forse a bordo di altre vetture ancora, erano già lontani.

È il sostituto procuratore Silvia Nastasia a coordinare le indagini: difficili perché i banditi hanno più sparato che parlato ed avevano tutti il volto coperto da passamontagna. Non avevano tute mimetiche, come spesso accade in rapine come queste. Erano vestiti normalmente, con jeans e giubbotti, ma si portavano dietro un vero e proprio arsenale.

di Vincenzo Sparviero

(dalla cronaca di Lecce)


Stesso istituto di vigilanza e Lecce ripiomba nell'incubo della «strage della Grottella»

VEGLIE - Appena rimbalzata in provincia di Lecce, la notizia dell’assalto al furgone portavalori dell’istituto privato di vigilanza «Velialpol» di Veglie, ha rimandato la mente dei leccesi alla strage della Grottella.Vale a dire all’assalto che il 6 dicembre del 1999, un commando composto da sei banditi armati di tutto punto, bombe comprese, sferrò contro due furgoni dello stesso istituto di vigilanza, rapinando quasi due miliardi di vecchie lire.

Se ieri i tre vigilantes finiti nel mirino hanno riportato solo ferite lievi, ben diverso fu il bilancio del «colpo» messo a segno cinque anni fa. Dilaniati dalle esplosioni delle bombe utilizzate per aprire i forzieri, tra le lamiere e sull’asfalto restarono i corpi martoriati di tre guardie giurate, Raffaele Arnesano, Luigi Pulli e Rodolfo Patera, tutti di Veglie, ed altre tre restarono ferite, Giuseppe Quarta, di Copertino, e Giovanni Palma e Flavio Matino, pure loro di Veglie. Pochi giorni dopo la strage, gli investigatori acciuffarono due cugini sardi trapiantati nel Salento, Pier Luigi Congiu e Gian Luigi Depau.Gli altri vennero acciuffati allorché il capo del commando, Vito di Emidio, di Brindisi, decise di pentirsi: si tratta di un altro sardo, Marcello Ladu, di Pasquale Tanisi, di Ruffano e di Antonio Tarantini, di Monteroni.Tutti condannati. I primi due con sentenza d’appello a trent’anni ciascuno, il pentito a sedici e gli altri all’ergastolo, ma per ora solo in primo grado.

All’indomani della strage, forze dell’ordine, politici e rappresentanze del mondo sociale ed economico, stabilirono che i trasporti di denaro dovevano essere contenuti, così da scoraggiare gli assalti in grande stile della malavita. Ma a vedere quello di ieri, evidentemente tanto sangue versato non è bastato.

di Toti Bellone

(dalla cronaca di Puglia e Basilicata)

Dal Nuovo Quotidiano di Puglia e da La Gazzetta del Mezzogiorno di domenica 3 ottobre 2004

dal Nuovo Quotidiano di Puglia del 3/10/04

Scatta la caccia al basista. In campo pure l'Antimafia

VEGLIE - Perquisizioni e interrogatori sono stati effettuati anche nella giornata di ieri dai carabinieri nei comuni attorno alla zona di contrada Falcolezzi, sulla strada Mesagne-San Donaci, dove venerdì mattina 7 uomini armati   e mascherati hanno compiuto l'assalto al portavalori che ha fruttato un bottino di 470 mila euro. Si tratta di zone frequentate a lungo dai contrabbandieri di sigarette che lì avevano allestito le "gubbie", ricoveri in cui nascondevano i carichi di sigarette. E può essere accaduto che i rapinatori abbiano utilizzato vecchi nascondigli per far sparire le auto utilizzate durante la rapina e allontanarsi con mezzi puliti. Le autovetture utilizzate per il colpo sono una Opel Kadett, una Mercedes e un'auto tipo fuoristrada.

Tra Mesagne, San Donaci, Cellino, Oria e Torre Santa Susanna, infatti, per molti anni i contrabbandieri hanno imperversato forti di un'approfondita conoscenza del territorio. La stessa conoscenza del territorio che hanno mostrato gli autori della rapina al portavalori. Quindi le indagini si sviluppano anche nelle province di Taranto e Lecce, ma resta il convincimento che qualche basista abbia avuto un ruolo fondamentale nella preparazione del colpo, proprio al fine di offrire assistenza logistica alla banda. Tra l'altro è vero che la Scu è stata debellata ma esistono ancora rapporti con il territorio e quello della rapina "appartiene" storicamente alla Scu.

Una banda che ha agito con grande professionalità e i cui componenti avevano preparato in ogni particolare il colpo, mettendo in conto di dover sparare e quindi uccidere qualcuno. E' noto, infatti, che quella strada è molto frequentata a quell'ora, soprattutto in questo periodo, da parte di agricoltori impegnati nella vendemmia. E a poche centinaia di metri dal luogo della rapina stavano già lavorando, alle 7 del mattino, 2 gruppi di braccianti intenti a vendemmiare. I carabinieri hanno ascoltato anche loro, ma senza ottenere informazioni utili alle indagini: tutti hanno raccontato di aver sentito gli spari ma di non aver capito cosa stesse accadendo.

Era accaduto che un gruppo di rapinatori aveva buttato fuori strada un portavalori facendolo scontrare con un camion rubato in provincia di Taranto e con l'aiuto di una motosega aveva squarciato il fianco sinistro del furgone dell'istituto Velialpol trasportava soldi destinati agli uffici postali della zona nord della provincia di Brindisi.

I tre vigilantes che erano a bordo erano stati tenuti sotto il tiro delle armi da almeno 4 uomini. «Aprite la cassaforte o vi uccidiamo», avevano gridato  i rapinatori ai tre vigilantes: GiuseppeArnesano e Antonio Cavalloni di Veglie e Vincenzo Carlucci. I  tre per fortuna non hanno riportato ferite gravi al di là delle escoriazioni subite durante il ribaltamento del portavalori.

I banditi (altri complici si sono sistemati sui due lati della strada al fine di bloccare il traffico) che erano armati di fucili a pompa e kaishnikov, hanno esploso numerosi colpi sia contro. il furgone che contro un automobilista, Antonio Pucci, che viaggiava da Mesagne verso San Donaci a bordo di un fuoristrada di colore bianco. Il giovane si era fermato ed era uscito dall'auto per veder cosa stesse accadendo. Un bandito gli ha esploso contro un colpo di fucile che lo ha colpito all'addome, perforandolo, per fortuna senza gravissime conseguenze.

La determinazione con cui hanno agito e la freddezza con cui hanno sparato all'ignaro automobilista dà l'idea di una banda feroce, che non si ferma dinanzi a nulla. L'ex boss brindisino Vito Di Emidio, (noto come Bullone) che dopo il pentimento raccontò la strage di Grottella, nel Salento, dove morirono tre vigilantes, ha permesso di arrestare tutti i complici di quel colpo. Ma raccontò anche che esisteva una base ampia di banditi alla quale attingere per effettuare colpi del genere. E non tutti sono in carcere. Dunque non è da escludere che un nuovo gruppo di rapinatori si sia organizzato attorno a qualche "vecchio maestro" delle rapine ai portavalori. Lo  stesso Di Emidio potrebbe essere riascoltato dai magistrati (il pm che coordina le indagini è Silvia Nastasia, della procura di Brindisi, ma anche il pm antimafia Cataldo Motta segue gli sviluppi del caso) al fine di ottenere informazioni.

La rapina può far pensare ad una riorganizzazione della Sacra corona? Il sottosegretario Alfredo Mantovano ieri nella conferenza stampa in prefettura a Brindisi ha sottolineato che «non ci sono elementi per parlare di ristrutturazione della Scu, al momento si può dire che si tratta di banditi spietati che hanno dimostrato di possedere dispositivi i quali possono essere utilizzati in altre occasioni». Richiesto di ulteriori spiegazioni a proposito dei "dispositivi" ha detto di non poter offrire informazioni a causa del segreto istruttorio. Certo non si tratta di banditi che si muovono solo su basi locali ma spaziano anche fuori dalla provincia di Brindisi. E proprio per questo motivo al vertice di ieri sono stati chiamati a partecipare i rappresentanti delle forze dell'ordine e i prefetti di tutta la Puglia.

di O.M.


da La Gazzetta del Mezzogiorno del 3/10/04

Una coltre impenetrabile ammanta le indagini. Sono tornati a casa, intanto, i tre vigilantes di Veglie e Squinzano rimasti lievemente feriti. Una pista leccese per l'assalto-trappola

Si sospetta che «Bullone», ora pentito, e la strage della Grottella abbiano fatto «scuola»

VEGLIE - C'è una pista leccese nelle indagini per l'assalto al portavalori della Velialpol. Sulla scena della rapina compiuta l'altra mattina sulla Mesagne-San Donaci ci sarebbero stati anche elementi della criminalità leccese. Conferma nessuna. Sospetti tanti. Gli investigatori non si pronunciano. Ed è impenetrabile la cortina di riservatezza alzata sulle indagini.

Ma una cosa è certa: anche gli investigatori leccesi sono in moto. E, subito dopo l'assalto armato, a Brindisi si sono recati anche alcuni carabinieri del Reparto operativo del comando provinciale di Lecce. Uno scambio di informazioni con i colleghi. Certo. Ma non solo.

Il colpo dell'altra mattina ha riportato alla mente la strage di Copertino, l'assalto ai due furgoni portavalori della Velialpol in cui persero la vita tre guardie giurate ed altrettante rimasero ferite. Quel 6 dicembre di cinque anni fa il commando agì agli ordini di Vito Di Emidio. Ora «Bullone» è in carcere e collabora con la giustizia. Ma alcuni elementi del suo gruppo sono ancora liberi. I loro nomi non sono stati mai fatti o, comunque, non sono mai giunti alla ribalta delle cronache. «Bullone», poi, ha trascorso gran parte della sua latitanza nell'hinterland Magliese. Non a caso, i suoi fedelissimi erano il sardo Marcello Ladu, residente a Nociglia, e Pasquale Tanisi, di Supersano, entrambi condannati all'ergastolo per la strage della Grottella.

Ecco perché si cerca anche nel Leccese. Si cercano professionisti, gente esperta e capace di compiere una vera e propria azione di guerriglia urbana. Dinamica ed impronta sono analoghe all'assalto del '99 e a quelli compiuti più di recente nel Barese e nel Foggiano. Non può essere una stessa banda, ma potrebbe esserci un collegamento fra le diverse componenti criminali. Ipotesi ed ancora ipotesi.

Di certo c'è che l'altra mattina è entrato in azione un gruppo capace di pianificare in maniera scientifica un assalto.

Il blindato è stato preso d'assalto da otto malviventi, con il volto coperto, giunti a bordo di tre auto (una Mercedes, una Opel Kadett e un fuoristrada). I rapinatori per fermarlo hanno gettato sull'asfalto chiodi a tre punte e con un camion, uscito all'improvviso da una strada sterrata, hanno speronato il blindato. Il portavalori, poi, si è ribaltato. Le tre guardie giurate Antonio Cavalloni, 38 anni, Giuseppe Arnesano, di 26, entrambi di Veglie e Vincenzo Carlucci, 38 anni, di Squinzano, sono state tirate fuori dal blindato, ed hanno sentito sibilare le decine di colpi esplosi dalle armi dei rapinatori.

«Quanto è accaduto - spiega Giovanni Palma, comandante della Velialpol - è ancora nei loro occhi. Sono stati momenti terribili. Sono stato a trovarli ed ho ribadito loro i rischi del nostro lavoro. Per chi, poi, viaggia a bordo di un portavalori, il pericolo può essere sempre in agguato».

I tre vigilantes dall'altra sera sono tornati a casa, dopo le prime cure ricevute all'ospedale Perrino di Brindisi. Le loro ferite non sono gravi: solo escoriazioni e contusioni riportate durante il ribaltamento del mezzo blindato. E' ancora ricoverato, invece, Antonio Pucci, 22 anni, di Castellaneta, l'automobilista che il commando ha ferito nel tentativo di fermare le auto che transitavano nella zona. Il proiettile lo ha raggiunto allo stomaco e ne è fuoriuscito.
Gli investigatori brindisini - a quanto se ne sa - stanno verificando perché il denaro non fosse custodito nelle valigette che, in caso di apertura forzata, distruggono le banconote. Dopo la strage della Grottella è stata emanata una direttiva ministeriale che impone questo sistema. Saranno le indagini svolte da carabinieri e poliziotti, sotto la direzione del sostituto procuratore Silvia Nastasia a stabilire perché questo sistema di sicurezza, ritenuto un deterrente per i malviventi, non sia stato adottato.

Dal Nuovo Quotidiano di Puglia di lunedì 4 ottobre 2004

Uno straniero nel commando che ha assaltato il portavalori

VEGLIE - Gli investigatori sono sempre più convinti che la rapina al furgone portavalori che venerdì mattina ha fruttato 470 mila euro è stata compiuta da un gruppo composto da personaggi locali che hanno agito in sinergia con malavitosi provenienti da altre province. Di più: nel commando vi era probabilmente un extracomunitario sulla cui nazionalità di origine è difficile avere certezze.

I vigilantes della Velialpol, infatti, hanno raccontato agli investigatori dei carabinieri di Brindisi (coordinati dal pm Silvia Nastasia) che mentre 2 banditi cercavano di squarciare il furgone portavalori con un martello e con una motosega, uno dei 2 complici che armati di kalashnikov li tenevano sotto il tiro delle armi ha pronunciato alcune parole incomprensibili ma con un chiaro accento straniero. «Non inglese, francese o tedesco», ha spiegato uno dei vigilantes, «non so come definire quella inflessione, ma era simile a quella degli extracomunitari: marocchini o polacchi tanto per fare degli esempi». Per quanto riguarda il tono e la cadenza utilizzati dai banditi, che minacciandoli di morte chiedevano di aprire il furgone, i vigilantes hanno spiegato che non mostravano inflessioni dialettali particolari.

I carabinieri per tutta la giornata di ieri hanno continuato a effettuare perquisizioni e interrogatori. In particolare i controlli vengono effettuati nella zona di contrada "Falcolezzi", sulla strada Mesagne-San Donaci. Lì sono stati controllati tutti i casolari abbandonati, anche al fine di verificare se possono essere state . nascoste le autovetture (una Mercedes, una Opel Kadett e un'auto fuoristrada) utilizzate dai rapinatori per la fuga, e soprattutto sono stati sentiti i proprietari delle masserie e delle abitazioni rurali. Un elemento anche marginale, il ricordo di un uomo intravisto in zona nei giorni precedenti può diventare utile e determinante per le indagini. Intanto le autovetture non sono state ritrovate.

E' chiaro che i banditi hanno agito con l'ausilio di qualche basista che conosceva il territorio e sapeva come districarsi in zona. E' inimmaginabile che un colpo del genere, che comporta una minuziosa preparazione logistica, possa essere effettuato in una zona che è stata per lungo tempo sotto il controllo della Sacra corona e dove la quarta mafia, pur debellata, continua ad avere interessi. A tal proposito da più parti è stata avanzata l'ipotesi che a compiere la rapina sia stato un gruppo interprovinciale (con la presenza di qualche straniero) ma che ha potuto utilizzare la tecnica sperimentata dagli amici del brindisino Vito Di Emidio.

Di Emidio nel dicembre del 1999, esattamente all'alba del 6 dicembre, compì una sanguinaria rapina a Grottella, vicino a Copertino. L'agguato al portavalori fu effettuato con le stesse modalità di quello di venerdì scorso. Con la differenza che tre vigilantes furono uccisi. Di Emidio, poi divenuto collaboratore di giustizia, spiegò ai magistrati che i suoi complici di Grottella erano in carcere, ma che altri uomini erano preparati per partecipare ad agguati del genere. E determinati. Come lo sono stati quelli di venerdì, quando per intimorire un passante non hanno esitato a sparagli addosso. Antonio Pucci, 22 anni, di Castellaneta, è stato colpito all'addome da un proiettile. Se la caverà in 20 giorni. Ma poteva rimetterci la vita.

Dal Nuovo Quotidiano di Puglia di mercoledì 6 ottobre 2004

Assalto e rapina al furgone portavalori della Velialpol: dopo gli interrogatori, svolta nelle indagini

Parlano 30 testimoni, nuova pista

VEGLIE - Hanno visto gli uomini del commando mentre assalivano il furgone portavalori, hanno sentito gli spari. Hanno assistito a quel massacro sfiorato, hanno telefonato ai numero di emergenza per chiedere aiuto. Hanno visto i rapinatori portarsi via i soldi del bottino e ruggire con le loro auto. Ognuno dei circa trenta testimoni ha raccontato quelle scene da brivido agli uomini della Squadra mobile e del Nucleo operativodei carabinieri. Scene ricostruite da visuali ed angolazioni diverse. Perché lì intorno c'erano non solo automobilisti di passaggio, ma anche contadini e braccianti agricoli impegnati a lavorare e nei campi. Un lavoro bruscamente interrotto da quell'assalto inaspettato.

Sono state utilissime agli investigatori della squadra mobile e ai carabinieri le trenta testimonianze raccolte. Utili a ricostruire la dinamica dell'assalto al furgone portavalori, ma anche capire quale è stata la direzione finale delle autovetture con le quali i banditi sono ripartiti dopo il colpo lasciando sull'asfalto i feriti, i vigilanti della Velialpol e un automobilista di passaggio la cui vettura era stata scambiata per un'auto della polizia.

Ma soprattutto i testimoni hanno fornito elementi concreti sulla fisionomia dei singoli componenti del commando. Qualcuno ha sentito le loro voci, il loro accento. Descritte agli investigatori anche alcune particolarità relative persino al modo di muoversi dei singoli rapinatori.

Si considera ormai certa la presenza di un mesagnese nel gruppo di fuoco. Si fanno riscontri tra le diverse testimonianze in modo da verificare quelle più coincidenti.

La procura della Direzione distrettuale antimafia di Lecce ha già dichiarato che non necessariamente il colpo è stato effettuato da elementi della criminalità organizzata, da un'associazione mafiosa. E quindi l'inchiesta è passata del tutto nelle mani della Procura della Repubblica del Tribunale di Brindisi. In ogni caso si continua a parlare della possibilità che ad organizzare il colpo sia stata l'ultima generazione delI la Sacra corona unita. Gente esperta che ha agito però non con il sangue freddo necessario e sparando persino agli automobilisti in transito.

«Abbiamo voluto evitare indagini parallele», ha spiegato il procuratore aggiunto Cosimo Bottazzi. «Per questo motivo ho riunito in Procura i responsabili di carabinieri e polizia che stanno agendo in simbiosi. Ora siamo nella fase dell'accertamento dei fatti, della ricostruzione esatta di quanto è accaduto. E non è poco». E la procura sta anche vagliando similitudini con altri colpi precedenti, compresa quella avvenuta nel Nord Barese circa due anni fa.

Due giorni fa carabinieri, polizia e finanza hanno messo in campo settanta uomini, pattuglie e persino due elicotteri per mantenere un controllo preventivo sul territorio provinciale. Tali operazioni saranno ripetute sino a Natale.

di Tea Sisto

Dal Nuovo Quotidiano di Puglia di giovedì 7 ottobre 2004

Le forze dell'ordine in campo dopo l'assalto al furgone della Velialpol

Il Salento passato al setaccio.
Rotundo: «Tornino gli elicotteri»

Nuova raffica di controlli, su tutto il territorio provinciale, seguito dell'assalto della scorsa settimana, sulla San Donaci-Mesagne, ad un furgone portavalori della Velialpol, quattro feriti (tre vigilantes più un automobilista di passaggio) per un bottino che ha frutteto ai malviventi 500mila euro. Polizia, Guardia di finanza, carabinieri, polizia provinciale e Corpo forestale nelle ultime ore hanno passato al setaccio l'intero Salento sotto il coordinamento della Questura. Impegnati 45 equipaggi, per un totale di 100 uomini.

Tre gli arresti nel corso dell'operazione: Adil Nadir, 18 anni, di Casablanca, raggiunto da ordine di carcerazione emesso dalla procura della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni di Reggio Calabria; Giuseppe Manni, 37 anni, in esecuzione dell'ordine di accompagnamento in carcere dal magistrato di sorveglianza di Taranto; Vito Conversano, di San Donaci, per inosservanza degli obblighi di soggiorno nel proprio comune, impostigli dal Tribunale di Brindisi. In totale, sono state identificate 490 persone, controllati 400 veicoli, effettuate 25 perquisizioni personali, elevate 53 contravvenzioni al codice della strada. Tre persone, infine, denunciate per uso non terapeutico di sostanze stupefacenti.

Sugli assalti ai blindati portavalori, intanto, ieri è stata presentata un'interrogazione parlamentare dal deputato diessino Antonio Rotundo: «La poco lungimirante politica del Governo fatta di tagli indiscriminati alla spesa ha ridotto gravemente le risorse per la sicurezza con conseguenze pesantemente negative sul lavoro degli operatori e delle forze di polizia, come in provincia di Lecce dove si continuano ad ottenere risultati molto lusinghieri nella lotta alla criminalità organizzata e non, grazie alla loro professionalità, spirito di abnegazione e sacrificio nonostante siano costretti ad operare in condizioni, con strumenti e mezzi spesso inadeguati se non addirittura inidonei ed insicuri; a confronto di quanto affermato sottolineo il dato relativo alla situazione degli auto-motoveicoli della Sezione Volanti, dove a fronte di 31 auto-motoveicoli in carico sono effettivamente in uso 12, dei quali circa la metà fermi in attesa di riparazione per lungo tempo a causa della mancanza di fondi».

La richiesta del parlamentare è di sapere «se il Governo non ritenga di poter ripristinare il servizio di sorveglianza e di controllo dall'alto del territorio pugliese e salentino con l'utilizzo degli elicotteri, così come deciso dopo la strage della Grottella; se il Ministro dell'interno non ritenga di dovere rimpinguare in modo adeguato le risorse finanziarie in favore della Questura di Lecce».

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