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Da La Gazzetta del Mezzogiorno di domenica 31 agosto  2008

FONTI   RINNOVABILI - Centrale a biomasse Heliantos a Lecce

Mario Marena, responsabile del settore energie rinnovabili di Italgest, denuncia una campagna ingiustificata di accuse

«Biomasse, aggressioni spropositate contro un'energia sicura e pulita»

«Prendersela con le biomasse è come dichiarare guerra alle patatine fritte».

Parola dell'ingegnere Mario Marena, una vita passata a studiare le relazioni tra produzione di energia e sostenibilità ambientale: per tanti anni da responsabile del progetto Ambiente di Enel e da direttore generale di Elettroambiente, oggi come responsabile del Polo integrato delle energie rinnovabili di Italgest.

Il dibattito sulle biomasse, alimentato a Lecce dal progetto di centrale (Heliantos) da costruire alle porte della città e culminato con l'istruttoria pubblica del Comune, proprio non convince Marena. «Ho letto alcuni interventi sulla stampa locale che mi hanno turbato. Certe affermazioni - rileva il tecnico - rendono un pessimo servizio al Salento, dipinto come la terra dei veleni. Descrivere questa provincia come attanagliata da industrie malsane e fumi velenosi è delirante».

Ingegner Marena, la cittadinanza però è preoccupata dalla centrale a biomasse. Lei esclude ricadute negative sul territorio?

«Sì e per diverse ragioni. Intanto perché una miriade di scienziati e di governi hanno riconosciuto, attraverso il Protocollo di Kyoto, l'esigenza della rinnovabilità e del ciclo verde. Poi perché stiamo affrontando l'istruttoria pubblica del Comune di Lecce con molta serenità, disponibilità e dovizia di informazioni. Anche con il supporto di materiali forniti dall'Enea e dalla Commissione tossicologica di Milano. A Monopoli da qualche anno, e senza alcuna protesta, è in funzione un impianto a biomasse di una casa olearia che usa olio vegetale grezzo, come faremo noi: è un gioiello, sembra un laboratorio analisi per come è lindo, senza cattivi odori. Noi creeremo qualcosa di simile, se non di livello superiore. Sono estremamente tranquillo e dico che c'è una scala di pericolosità: o vogliamo mettere sullo stesso piano carbone e biomasse rinnovabili?».

Che cosa la sconcerta del dibattito di questi mesi?

«Lo spropositato attacco alle biomasse. Mi meraviglia in particolare l'intervento del dottor Serravezza. Mi sembra che ogni volta si cambi tiro. Prima si accusano le coltivazioni di girasole, bollate come incompatibili con il territorio. Quando il presidente della Coldiretti afferma che già oggi per normale rotazione agraria sono messi a coltura 13mila ettari di terreno a girasoli, si passa all'inquinamento, poi ancora all'importazione degli oli, come se carbone ed altri combustibili fossili fossero prodotti sottocasa. Mi sembra una campagna sistematica e preordinata, sicuramente confusa e poco dettagliata».

Perché confusa?

«Faccio alcuni esempi. Come può collegarsi l'alta incidenza dei tumori sulla popolazione salentina alle centrali a biomasse, se queste non esistono ancora? Piuttosto centriamo il tiro, studiarne a fondo le cause di questa incidenza: potrebbe essere il carbone, quindi mi chiedo perché si vuole frenare la produzione energetica da fonti alternative. Tra l'altro spesso le cause dei tumori vanno ricercate negli alimenti, anche se ovviamente bisogna fare attenzione alla qualità dell'aria. Serravezza tira in ballo anche la diossina: che c'entra con le biomasse? Noi non bruciamo olii fossili o carbone, ma olii vegetali ai quali manca il cloro, componente fondamentale della diossina».

Quale sarà l'impatto ambientale di Heliantos?

«Bruceremo oli vegetali grezzi con emissioni che non destano allarme e sempre sottoposte a monitoraggio. I nostri motori statici li bruciano ad altissima temperatura senza variazioni di carico. E poi non è possibile fare confusione tra biomasse e biodiesel. Heliantos utilizzerà oli vegetali, proprio come quelli usati per friggere le palatine, che non contengono sostanze cancerogene come il benzene. Tra l'altro bruciati a migliaia di gradi e con l'uso dei filtri più avanzati. È lo stesso olio bruciato nelle nostre cucine per friggere le palatine. Ecco, nel Salento c'è chi vuole combattere una battaglia contro le palatine fritte».

In una terra che già paga lo scotto della eccessiva produzione energetica, gli ambientalisti chiedono mini-impianti.

«Cioè la proliferazione di tanti piccoli camini incontrollati e incontrollabili.. Heliantos invece sarebbe continuamente monitorata, attraverso l'invio dei dati in tempo reale alla Asl, dati tra l'altro consultabili da chiunque. Le biomasse non sono la panacea di tutti i mali, ma puntando ad un mix di eolico, biomasse e fotovoltaico è possibile ridurre il peso delle energie da fonti fossili. Senza dimenticare che Heliantos è un impianto da 25 megawatt. Qualcuno però lo paragona a Cerano, dove si producono 2.500 megawatt».

C'è chi imputa alle biomasse parte dell'aumento del costo delle derrate alimentari, a causa della sottrazione di terreno alla produzione agricola.

«Nel nostro caso è un'accusa doppiamente falsa. Intanto perché intendiamo utilizzare terreni dove attualmente non ci sono produzioni agricole: nessuno vuole disboscare il territorio salentino. Stiamo pensando anche all'utilizzo a scopo energetico, oltre che dei girasoli, di tabacco, che qui è stato coltivato per oltre un secolo, e di olio di iatrofa, che è una pianta inadatta all'alimentazione».

Il territorio leccese avvertirà le emissioni? In sostanza, quale sarà l'impatto ambientale nell'area urbana?

«La ricaduta delle emissioni dal nostro camino riguarda un raggio di 200 massimo 300 metri di picco, in condizioni di vento calmo. Non ci saranno ricadute sulle aree degli abitati circostanti, se non al livello di impercettibilità».

Stefano Lopetrone

 

 

Da La Gazzetta del Mezzogiorno di domenica 31 agosto  2008

FONTI   RINNOVABILI - Inceneritore di Maglie Copersalento

Dopo le disposizioni della Provincia si riparte con l'incenerimento di legno cippato e, da metà ottobre, con la sansa esausta

Tornano i fumi della Copersalento di Maglie

La produzione di energia elettrica si riavvia ma stavolta senza le emissioni inquinanti

MAGLIE - La Copersalento ha ripreso la produzione di energia elettrica, alimenta l'inceneritore con legno cippato (ridotto a trucioli) e da metà ottobre potrà utilizzare anche sansa esausta, nessun'altro combustibile è ammesso. Solo a queste condizioni la Provincia ha consentito il riavvio dell'impianto in regime di sospensione temporanea del provvedimento di blocco. Patti e condizioni che prevedono pure che l'attività ricominci intendendo questa fase come propedeutica e necessaria per la messa a punto delle turbine, condizione che consentirà all'Arpa di effettuare le analisi delle emissioni in atmosfera. Per Sabrina Balena e Raffaele Cesari, rispettivamente capogruppo consiliare e segretario cittadino del Pd, tutto ciò è il risultato dell'assidua azione di vigilanza condotta dalla Provincia; ma se il divieto di coincenerimento di rifiuti mette al riparo dall'emissione in atmosfera di inquinanti pericolosi per la salute umana (si ricorderà che fu il rilevamento di diossine in percentuali del 420 per cento oltre il consentito a determinare li sospensione dell'attività) ciò non basta. «Va bene il controllo dei fumi, ma è anche indispensabile la verifica degli impianti per accertare che siano adeguati agli standard previsti dalla legge, solo così potrà essere certificata la loro idoneità all'esercizio». Per il momento la Provincia ha consentito che la Copersalento utilizzi legname vergine. Si tratta di scarti industriali e perciò, sempre su commissione della Provincia, l'Arpa sta eseguendo campionamenti per accertare che nella massa di combustibile non vi sia anche legno trattato con collanti o vernici che, combusti, potrebbero generare molecole pericolose.

Nel piano di gestione semestrale che la Copersalento ha presentato ali Provincia per poter ottenere l'autorizzazione temporanea all'esercizio, è pure previsto che con l'avvio della campagna olearia sia bruciato nocciolino proveniente dai frantoi. Per questa tipologia di combustibile la Provincia chiede garanzie sullo stoccaggio, ciò per impedire la dispersione al vento di polveri e l'inquinamento dei terreni con il dilavamento causato dalla pioggia. Inoltre, «il nulla osta alla produzione - dice il presidente della commissione ambiente della Provincia Nicolino Sticchi - sarà subordinato alla disponibilità dell'azienda ad attrezzare il camino in modo che possano esservi installate le apparecchiature dell'Arpa che dovranno monitorare i fumi in continuo per la rilevazione di eventuali inquinanti, diossine comprese».

Per gli esponenti del Pd magliese si comincia a fare chiarezza sulle ricadute che l'attività della Copersalento ha sul territorio e sulla popolazione, è però ora necessario continuare sulla strada intrapresa: «L'azione di controllo effettuata dalla Provincia - aggiungono Balena e Cesari - è stata puntuale ed i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Ma proprio la ripresa dell'attività consente oggi l'accertamento sull'adeguatezza della tecnologia impiegata. Si tratta di verifiche cui la Copersalento è fino ad oggi sfuggita perché ha sempre dichiarato che gli impianti erano in manutenzione; ma questo è un appuntamento non più procrastinabile ed indispensabile, senza quella verifica è impensabile che possa essere rilasciato un ok definitivo alla prosecuzione dell'attività».

Camillo De Donno

 

 

Dal Nuovo Quotidiano di Puglia di martedì 2 settembre  2008

FONTI   RINNOVABILI - Inceneritore di Maglie Copersalento

 

La Copersalento riaccende le caldaie: brucerà sansa

 

MAGLIE - La Copersalento riprenderà a breve la sua fase operativa dopo la lunga sosta estiva causata dai risultati allarmanti delle rilevazioni messe in campo, in primavera, dall'Arpa e dalla Provincia di Lecce nell'ambito di un'attività di controllo che ha riguardato tutti gli impianti salentini che nel loro ciclo di produzione utilizzano cdr e che nel caso specifico avevano evidenziato un carico di diossina, rispetto al limite, superiore al 400 per cento.

Conclusioni immediatamente contestate dalla Copersalento che aveva rigettato il metodo delle rilevazioni, non ottenute secondo quanto previsto dalla legislazione. La necessità di procedere ad ulteriori analisi si è quindi scontrata, per tutta l'estate, con la complessità di una macchina operativa che richiede settimane prima di andare a regime. Adesso la svolta, con la presentazione da parte dell'azienda, del Piano operativo semestrale alla Provincia, che non prevede l'utilizzo del combustibile da rifiuto nelle operazioni di incenerimento, ma solo del nocciolino di sansa.

Una scelta indicativa, secondo Raffaele Cesari, segretario del Pd Magliese e di Sabrina Balena, capogruppo consiliare del Pd della pericolosità del materiale trattato sinora: «Copersalento, pur di non sottoporsi ai programmati controlli di verifica  dopo averli più volte fatti slittare adducendo guasti agli impianti, ha presentalo un piano di gestione che esclude del tutto il cdr dal suo ciclo produttivo. Poteva esserci migliore conferma circa l'attendibilità di quella prima rilevazione Arpa che aveva accertato una presenza di diossina in atmosfera di ben 420 volte superiore ai limiti di legge consentiti? E può ancora dubitarsi del fatto che il materiale combusto per anni da Copersalento fosse gravemente pregiudizievole per la salute dei cittadini magliesi e dell'intero territorio limitrofo? Bene ha fatto il Pd magliese ad evidenziare da subito la grave situazione di allarme ambientale che quei primi rilievi avevano fatto emergere, mentre le forze politiche che hanno la responsabilità del governo cittadino e dovrebbero tutelare la salute dei cittadini gridavano al procurato allarme e tentavano, in ogni modo, di minimizzare l'accaduto».

Intanto la Provincia come preannunciato dal consigliere Nicolino Sticchi opererà per giungere alla rilevazione in continuo delle emissioni al camino dell'azienda. «L'obiettivo - concludono i responsabili del Pd magliese - è il reinvestimento sul territorio di una parte degli utili da parte dell'azienda e, una volta per tutte, il definitivo adeguamento e messa a norma di un impianto oramai obsoleto, al fine di tutelare la salute dei cittadini e dei lavoratori occupati».
 

Maurizio Tarantino

 

 

Dal Nuovo Quotidiano di Puglia di martedì 2 settembre  2008

FONTI   RINNOVABILI - Centrali a biomasse, intervento di Luigi De Bellis, Università del Salento

 

Le centrali a biomasse sono sicure

 

Recenti articoli apparsi sulla stampa locale suggeriscono che le centrali a biomassa saranno responsabili di un aumento di incidenza della mortalità da tumori; ben vengano infatti concerti a tutela dell'ambiente e della salute ma non cambiamo la realtà facendo credere che centrali a biomassa possano produrre diossina, ossidi di azoto e zolfo come impianti che bruciano fonti fossili (carbone, petrolio e derivati).

Nell'ambito dello scenario energetico internazionale, l'utilizzo delle biomasse è un tema di fondamentale importanza sia per la necessità di rispettare gli obiettivi di emissione di C02 previsti dal Protocollo di Kyoto, sia per il soddisfacimento del crescente fabbisogno energetico senza un ulteriore uso di combustibili fossili altamente inquinanti. Il punto "centrale" è che le Centrali a biomasse hanno lo scopo di ridurre l'utilizzo di fonti fossili (altamente inquinanti) o di impedire un aumento dell'utilizzo delle fonti fossili all'aumentare delle richieste energetiche; questo è automatico in quanto la rete elettrica è obbligata ad acquisire tutta l'energia elettrica prodotta da Centrali a biomasse (energia verde), ovvero a consumi elettrici costanti diventa necessaria una riduzione di potenza delle centrali che utilizzano fonti fossili. In aggiunta è opportuno ricordare che le centrali a biomasse utilizzano fonti rinnovabili (la materia organica o l'olio vegetale vengono prodotti ogni anno) e sono a basso (di gran lunga minore) impatto ambientale rispetto a centrali a combustione di fonti fossili (carbone e petrolio) non contenendo, es. l'olio vegetale, metalli pesanti, ne zolfo, ne azoto e neppure possono essere fonte di diossina. Inoltre le centrali a biomasse non sono minimamente messe in discussione da Organizzazioni Internazionali o dalla comunità scientifica internazionale in quanto all'inquinamento che potrebbero provocare o al possibile rischio di tumori (in molti altri paesi anche i verdi sono favorevoli alle centrali a biomasse) ma destano alcune perplessità a causa dell'aumento di prezzo delle materie prime (poi utilizzate nelle centrali a biomasse) che hanno anche un uso alimentare.

Ne consegue che lo sviluppo di Centrali a biomasse non aggraveranno il disastro ambientale ma forniranno invece un contributo, insieme allo sviluppo dell'energia eolica e dell'energia solare (anch'esse non prive di problemi) alla riduzione dell'inquinamento attraverso un minor utilizzo della combustione di carbone e petrolio.

Per correttezza occorre sottolineare l'enorme eterogeneità di ciò che definiamo con il termine "biomasse", dall'olio vegetale ai residui di potature, dai reflui zootecnici alla parte organica "biodegradabile" dei rifiuti industriali ed urbani, tutto il prodotto diretto o indiretto dell'attività di organismi fotosintetici (essenzialmente vegetali); l'utilizzo delle biomasse citate per la produzione di energia, cosa ben poco sfruttata in Italia, è in grado di generare: un contributo al rispetto della riduzione della produzione di C02; il non utilizzo di fonti fossili per la produzione di maggiori quantità di energia o per la sostituzione di fonti fossili; una minore produzione di inquinanti dalla combustione; lo sviluppo di nuove filiere economiche per il mondo agricolo; 1'utilizzo sottoprodotti e/o scarti di lavorazione; la diffusione di impiantì di piccola media taglia (filiera corta); la valorizzazione dei rifiuti.

Al contempo, è opportuno che i politici e gli Enti preposti svolgano correttamente i loro compiti di indirizzo e controllo realizzando: una programmazione della distribuzione e dimensionamento centrali a biomassa sul territorio; evitino la possibile concentrazione di fonti inquinanti; prevengano lo sfruttamento eccessivo di fonti locali; vigilino sulle attività delle centrali con un controllo imparziale delle emissioni.

In conclusione non sono certo le centrali a biomasse a costituire un rischio per la salute, lo sono invece alcuni impianti già in funzione, mentre lo sviluppo delle centrali a biomasse non costituiscono altro che una opportunità di salvaguardia ambientale ed una enorme risorsa economica.

 

Luigi De Bellis

Università del Salento,

Dipartimento di Scienze e tecnologie Biologiche ed Ambientali


 

 

 

Da La Gazzetta del Mezzogiorno di mercoledì 3  settembre  2008

FONTI   RINNOVABILI - Centrali a biomasse, intervento della Lega per la Lotta contro i Tumori

 

«Biomasse, impianti messi sotto accusa anche da Onu e Fao»

La Lega per la lotta contro i tumori replica duramente alle accuse provenienti d Italgest

 

 Centrali a biomasse, è ormai scontro. E a scendere in campo sono il presidente della sezione leccese della Lega italiana per la lotta ai tumori, Giuseppe Serravezza, e il Forum ambiente e salute di Lecce.

Ma andiamo per ordine. Il presidente della Lilt, nel replicare alle dichiarazioni di Mario Marena, responsabile del polo integrato delle energie rinnovabili di Italgest, spiega che «non c'è nessuna confusione nella campagna comunicativa della Lega italiana per la lotta contro i tumori».

Sul Salento dipinto come la terra dei veleni, Serravezza precisa che «il concerto organizzato dalla Lilt nell'area ex Foro Boario di Lecce ha come titolo "Dal Salento un inno alla vita, contro tutti i veleni di Puglia e d'Italia". L'iniziativa coinvolge le tre province salentine, ognuna con le proprie emergenze di carattere ambientale e sanitario, A Lecce, la questione biomasse, con gli oltre dieci impianti progettati in provincia in un contesto territoriale già fortemente compromesso, è divenuta ormai un problema di forte allarme sociale». Sull'argomento la Lilt ha prodotto una serie di documenti ed ospitato sulla propria rivista articoli scientifici di illustri esperti nazionali: «Invito l'ingegner Marena ad andare a rileggerseli per rilevarne l'estremo rigore scientifico, prima di tentare la maldestra operazione di delegittimarci, insinuando scarsa conoscenza tecnica e confusione. Ricordo che gli impianti a biomasse che Italgest intende realizzare sono stati messi sotto accusa da organizzazioni quali l'Onu, la Fao, l'Ocse e l'Agenzia europea per l'ambiente; proprio quest'ultima ha definito il Salento "area di catastrofe ambientale" e ora minaccia pesanti multe allo Stato. Pertanto gli impianti a biomasse finirebbero per aggravare una situazione sanitaria e ambientale già tanto compromessa».

Marena ha bollato il dibattito degli ultimi mesi come una «guerra alle patatine fritte», affermando che si bruceranno a migliaia di gradi olii vegetali. Serravezza risponde: «I tecnici dicono che l'olio frigge, o meglio brucia, emettendo fumi che non sono proprio area fresca. Perché se è vero che mancando nell'olio il cloro e lo zolfo non dovremmo avere emissione di diossina e ossidi di zolfo, è pur vero che dai camini delle centrali usciranno fumi ricchi di anidride carbonica, ossidi di azoto, Ipa, Pm10, nonché acroleina e formaldeide: tutte di pericolosità ben note».

Rispedita al mittente anche l'accusa di una campagna comunicativa «sistematica e preordinata». «Ci vuole una bella faccia tosta - dice - di fronte allo strapotere economico-mediatico di cui l'Italgest ogni giorno fa sfoggio con i salentini, attraverso mille forme».

E a intervenire - come detto - è anche il Forum ambiente e salute di Lecce, che critica le prese di posizione di Marena e del professor De Bellis, dell'Università
del Salento
. «Le biomasse, quale fonte combustibile - viene sottolineato - vengono difese senza distinzione da Marena, tra quelle di prima generazione (olii combustibili e piante prodotte per la combustione) e quelle di seconda generazione (ritagli di piante alimentari perenni, cascami di agricoltura). Ma entrambi gli esperti tacciono sul fatto che le biomasse di prima generazione sono ormai messe sotto accusa da vari organismi internazionali, ad iniziare dall'Ue».

«Le centrali Heliantos e 2 di Italgest - conclude il Forum - previste per Lecce e Casarano, nei loro progetti prevedono ben 20mila ettari ciascuna di produzione di girasoli nel Salento. Una monocoltura che prosciugherebbe più di quel che resta della esausta falda acquifera, E si dimentica che il Salento ambientalista dice no non alla centrale Italgest, ma all'abnorme progettazione di centrali a biomasse di prima generazione previste in provincia (nove) e in Puglia (circa quaranta)».
 

 

 

Da La Gazzetta del Mezzogiorno di giovedì 4  settembre  2008

FONTI   RINNOVABILI - Centrali a biomasse

 

Centrali a biomasse, La replica di Italgest

«Sviluppo sostenibile con gli oli vegetali»

 

 «Gli olii vegetali sono una occasione di sviluppo sostenibile». Altra puntata del dibattito sulle biomasse. Alla replica del presidente della Lilt di Lecce, Giuseppe Serravezza, fa seguito la controreplica del responsabile del Polo integrato per le energie rinnovabili della Italgest, Mario Marena. Una risposta articolata in quattro punti.

Primo: la mortalità per cancro. «In Italia, su 500mila decessi annui, le morti per cancro sono 160mila e nel Salento la percentuale è anche più bassa. Analizziamo le tipologie di tumori e combattiamone le cause all'origine». Marena tira in ballo Umberto Veronesi: «La salute dipende più da ciò che mangiamo che da ciò che respiriamo, soprattutto in campo oncologico. Gli impianti che bruciano olio vegetale grezzo non contengono sostanze che, introdotte nel ciclo alimentare, possono essere individuate quali cause dei tumori».

Secondo punto: gli impianti messi sotto accusa da Onu e Fao, tra i quali secondo Serravezza rientrerebbero le centrali progettate da Italgest. Per Marena si generalizza: «Le organizzazioni internazionali si battono contro la speculazione sulle biomasse, ma non sono contrarie alle biomasse. Finalmente anche Serravezza ha riconosciuto che dai nostri impianti non fuoriescono diossina e composti dello zolfo, ma solo anidride carbonica. La novità è proprio qui: le nostre emissioni pareggiano la Co2 assorbita dalle piante attraverso la fotosintesi».

Terzo capitolo: il tipo di olio. «Useremo solo olio grezzo, mentre Serravezza continua a parlare di biodiesel, forse perché solo così, mistificando la verità, si potrà ancora parlare di Ipa (Idrocarburi policiclici aromatici)? Nel nostro olio non ci sono sostanze aromatiche, metalli pesanti e molecole tossiche. Acroleina e formaldeide? Alle temperature di combustione dei nostri motori non è fisicamente possibile la loro formazione».

Ultimo punto: il numero di impianti. «Ribadisco che è opportuno autorizzare gli impianti che hanno un reale collegamento con il territorio, tramite accordi di programma con enti e associazioni di coltivatori».

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