a cura del Comitato per il completamento della circonvallazione
Edizioni  MANNI

 

Articolo di Tonio Tondo su "La Gazzetta del Mezzogiorno"

"Il Ponte della Legalità"

Diario e segreti di una sfida vinta

a cura del Comitato per il completamento della circonvallazione

 

dalle alette di copertina:

 

Per chi percorre il tratto della circonvallazione che dalla provinciale per Salice va verso il mare, il viadotto è visibile appena dalla stradina laterale che collega i due tronconi dell'arteria interrotti dalla cava. Il viadotto, che appare come un lungo letto sostenuto da due enormi pile, è ancora incompleto. Gli manca una spalla su cui sarà poggiata metà dell'ultima luce.

È mezzogiorno del 6 aprile 2007, venerdì santo. Timidamente mi accosto all'ingresso ovest del cantiere per il viadotto. Il custode, uno straniero, biascica alcune parole che non capisco. Penso che mi voglia dire che è proibito l'ingresso agli estranei e mi giro per tornare indietro. Con la coda dell'occhio, invece, mi accorgo che lentamente slega il filo di ferro che chiude il cancello e lo apre. Mi infilo e mi avvio all'imbocco del viadotto. Un signore sorveglia tre operai che trasportano ferro per l'impalcatura all'altro capo del ponte. Mi presento, si presenta. È il titolare della Fincosit. Non ci conosciamo. Inizio a parlare fitto e altrettanto fa lui. Un vento gelido soffia sul ponte. Nessuno dei due sembra avvertirlo. Le parole che ci scambiamo non sono parole tra due persone che si sono conosciute da pochi minuti. Sono molto di più.

Come due sentieri, che partono da punti molto distanti, dopo un lungo percorso possono unirsi e incrociarsi, così i percorsi diversi dei due, quello del responsabile di una ditta appaltatrice e quello di un rappresentante del Comitato di cittadini per il completamento della circonvallazione, si incrociano in un punto, su quel viadotto, opera di tutti e che serve a tutti, anche a chi l'ha osteggiata.

Lo spettacolo sotto il viadotto è impressionante e inquietante. A destra il ventre della terra che continua ad essere squarciato dalle ruspe e dalle pale. A sinistra la forma dei gironi dell'Inferno immaginato da Dante. I due camminano insieme a 27 metri di altezza. Chi ha sostenuto l'opera perché non c'era alternativa al suo completamento, e per questo è stato anche insultato, cammina insieme a chi, per averla realizzata materialmente, pure ha subito aggressioni. I loro passi sono 27 metri distanti da chi ha fatto di tutto per non farli incontrare in quel punto. Ed è una distanza sufficiente a indicare due modi diversi (quello di chi ha voluto il viadotto e quello di chi l'ha osteggiato) di concepire l'interesse pubblico, la politica, l'ambiente, i rapporti umani, il legame con il denaro e con le cose. Ma per non andare lontano con il pensiero, lo sguardo torna a ciò che è vicino e mi accorgo che nel cemento del viadotto sono segnate delle date. Un altro diario è scritto sulla pietra. Riporta le ultime pagine di una storia che dura da 13 anni. Le prime pagine, quelle più importanti di un diario più corposo, sono un po' ovunque. Nella memoria dei protagonisti, già sbiadite. Negli archivi di molti Enti locali, già ingiallite. Nei tanti interrogativi che un'opera così imponente suscita. Nelle risposte documentate o in quelle di parte vendute come verità. Il diario di arroganze private e di latitanze pubbliche sconfitte è un attestato per vincere il tempo che passa e la memoria corta.

Ma è anche una testimonianza che essere liberi, nella pubblica amministrazione e in politica, si può.

Antonio Greco


alcuni stralci dall'introduzione di Antonio Greco:

 

[***]

Questo libro è uno strumento per rispondere ai legittimi interrogativi su un'opera atipica per il Salento pianeggiante. È anche uno strumento per smascherare bugie e falsità, per rinfrescare la memoria troppo corta, per informare con documenti chi, per ragioni anagrafiche, non può aver vissuto la vicenda. Chi ha tentato e tenta ancora di collocare nel torto chi ha avuto ragione, sarà smentito dagli atti e dai fatti documentati.

Raccontiamo una storia a lieto fine. Non sempre vincono i furbi e gli arroganti. Meglio non pensare a cosa sarebbe accaduto se l'esito della vicenda fosse stato diverso.

[***]

Alla introduzione seguono tre parti.

La prima parte risponde, anche con documentazione fotografica, ai tre interrogativi che sorgeranno spontanei nella testa di chi attraverserà il ponte.

La seconda parte contiene dieci capitoli di diario che, a partire dal 1994 e fino al 2007, seguono gli eventi in ordine temporale. Ogni capitolo contiene una sintesi iniziale dei fatti, il Diario pubblico e una intervista con il sottoscritto. Le dieci parti del Diario pubblico sono state affidate a cittadini di Veglie, che in una lunga sera d'estate, insieme hanno discusso, chiesto, approfondito, dialogato. Il dialogo-intervista del testo conclusivo della prima parte nasce, invece, da una discussione corale del Comitato. Abbiamo cercato di evitare il linguaggio della documentazione burocratica, senza esserci, per la materia, sempre riusciti. E tutto è rigorosamente documentato con rinvii in appendice e note.

La terza parte del volume è dedicata alla documentazione. Contiene gli elenchi dei:

- Documenti amministrativi essenziali della vicenda.

- Ricorsi e delle sentenze del TAR Puglia -Lecce e del Consiglio di Stato.

- Documenti dei Protagonisti.

- Articoli della Stampa locale.

Non è stato possibile consultare l'Archivio dell'Ufficio Minerario Regionale e il fasci-
colo aperto sul caso dalla Prefettura di Lecce.

[***]

Il testo non è un giallo o un romanzo. Né ha pretese letterarie. Certamente è stato scritto per essere letto. Ma al lettore che si pone anche uno solo dei tanti interrogativi che il viadotto suscita vengono date più possibilità: fermarsi alla documentazione fotografica, farsi un'idea dell'intera vicenda con la lettura delle sintesi iniziali di ogni capitolo, approfondire qualche aspetto con il diario e i suoi documenti, leggere nel dialogo - intervista le domande e le risposte più intriganti del caso. Insomma è un libro ma si può leggere anche come un giornale.