Testata Veglie News

Dal "Nuovo Quotidiano di Puglia" di domenica 3 settembre 2006 (articolo  di Luigi Lezzi)

 

A Melpignano fu vero trionfo?

La Notte della Taranta non getti il buio ai Carpitella e soci

 

La Notte della Taranta anche quest'anno ha rappresentato un Trionfo. Un Trionfo di numeri, dati tutti in tempo reale nella diretta televisiva: chilometri per i cavi elettrici, ettari per lo spazio scenico, decine e decine per i chilowatt di energia, centurie per i musicisti, centinaia di migliaia per i partecipanti. Un Trionfo di consensi da parte di tutti gli amministratori pubblici che verificano l'immediato ritorno delle energie investite dagli Enti che essi rappresentano.

Un Trionfo anche secondo gli artisti grandi e piccoli che vi hanno preso parte. Lo stesso Lucio Dalla, che conosciamo da sempre per la sua spiccata tendenza ad andare controcorrente, è apparso questa volta inspiegabilmente troppo riverente e troppo umile nei riguardi della cornice che lo ospitava e nei riguardi del pubblico. Forse che oggi il palco di Melpignano può intimorire più di quello dell'Ariston di Sanremo? Consensi senza eccezioni anche da parte di Carmen Consoli, di Peppe Servillo e di Lucilia Galeazzi.

Un Trionfo anche secondo i redattori dei servizi giornalistici e televisivi locali e nazionali.

E' un Trionfo anche secondo la nostra modesta opinione, che si è formata applaudendo da decenni le intuizioni e le scommesse degli amministratori di Melpignano, fin dalle prime edizioni di "Ecoconcertologia".

Ma siccome la celebrazione di un trionfo non è completa se qualcuno non si accolla la responsabilità di dissentire, ci sforzeremo qui di praticare noi quello jus munnurandi che è anch'esso una sacrosanta istituzione della Repubblica. Ci sforzeremo quindi di lanciare qualche bestemmia che paia irriverente nei riguardi dei Condottieri di questa campagna e del Senato stesso che, accollandosene felicemente gli oneri, si prepara ad appoggiarne anche ogni futura impresa. Lo faremo nella convinzione che il nostro murmurare non farà che compiacere i Cesari e i Patres Senatores.

Cominceremo a soffiare nelle orecchie di coloro che, dalle colonne della stampa e dai palchi, hanno parlato di stretta analogia fra la musica dei Buena Vista Social Club e quella dei vecchi cantori salentini.

Nè i vecchi nè i nuovi cantori salentini hanno nulla a che vedere con l'esercito di musicisti che danno voce alla musica cubana. Gli interpreti della tradizione cubana, anche i più sfacciati contrabbandieri di salsa, hanno tutti una coscienza e un rispetto delle radici musicali dell'isola; hanno tutti una preparazione tecnica conseguente alla lucida visione della cultura improntata ai principi della rivoluzione. I suonatori di tres, di timbales, di congas o di bata ci sembrano strimpellare allegramente i loro strumenti come fanno i suonatori di pizzica nel Salento, ma, a differenza di questi, passano tutti per i rigori della preparazione tecnica, che impartisce loro tanto i principi del solfeggio e dell'arrangiamento, quanto quelli del rispetto e della coerenza con la tradizione. Attraverso un tirocinio scolastico ogni musicista si appropria dei diversi tumbaos e sa che in questo ricco meccanismo di incastri ritmici, melodici e armonici consiste l'identità e la specificità della musica cubana.

Profonda coscienza politica, e rigorosa competenza musicale sono le categorie che contraddistinguono i grandi interpreti della musica cubana, come sono a tutti gli effetti i componenti del Buena Vista Social Club. Si può parlare di profonda coscienza e di rigorosa competenza per gli stentati esecutori salentini oggi esaltati come depositari della sapienza musicale tradizionale? Gli Uccio Aloisi & Company sanno perchè si trovano a compatir el scenario con il loro colleghi (sic!) d'oltreoceano? Naturalmente non mormoriamo contro di loro che, li capiamo, acconsentono di buon grado ad assecondare il ruolo comodo e piacevole della folk star. Mormoriamo nei riguardi di chi si finge ignorante della storia della musica e dei principi basilari dell'etnomusicologia e approfitta della disponibilità di questi personaggi per vendere fumo e per spacciarli come i Buena Vista del Salento. Intorbidendo le acque non si fa nessuna chiarezza.

Adesso passiamo a spezzare una lancia in testa al maestro concertatore e arrangiatore Ambrogio Sparagna, sempre ricordando che io jus murmurandi serve a moderare l'esaltazione dei valorosi condottieri, che devono muoversi nell'interesse della Cosa Pubblica e mai del loro.

Per tre anni il Senato ti ha dato il mandato di questa campagna nella Provincia Salentina e tu lo ripaghi con tanto  disprezzo della cultura musicale di tale territorio? Nel tuo ruolo non puoi dire di non conoscere gli sforzi di chi fin dagli anni cinquanta (Diego Carpitella, Alan Lomax) e poi ancora negli anni Settanta (Giovanna Marini, Rina Durante, il modesto sottoscritto e una schiera di altrettanto modesti umili colleghi) si è sforzato di salvare la specificità musicale del Salento, tentando di far galleggiare i modi musicali specifici di quest'area dallo tsunami della musica leggera. Cosa sulla quale tanto ha insistito il Pater Carpitella. E ora tu, con i tuoi passaggi armonici che ammiccano al festival di Sanremo, con un impianto ritmico easy-rock, con la selezione di un organico orchestrale che deve anzitutto dimostrare di essere rigorosamente all'oscuro dell'importanza del modo nella manipolazione della musica etnica, giochi a calpestare questa specificità, fai finta di ignorare le raccomandazioni di Diego Carpitella e riduci il tutto ad un'ostentazione del dialetto e dei dialetti? Siamo ritornati ai tempi del D'Ancona, quando si confondeva la musica popolare con la poesia dialettale? Il nostro sdegno non giunge a chiedere il tuo ostracismo, ma a raccomandare a te e ai tuoi mandatari la ricerca di una via che concili la bocca buona di tanto uditorio (tanto numeroso) con il rispetto di un'identità musicale salentina che non può essere ricacciata nel dimenticatoio e sacrificata sull'altare dei numeri.

E ora un'ultima manciata di polvere all'indirizzo dei gestori della Cosa Pubblica. Nessuno può misconoscere quanta visibilità ha acquisito il Salento attraverso questa campagna di cui siete, ciascuno nella sua misura, responsabili. Solo che, attraverso la premurosa cura di questa monocoltura, il territorio tutto rischia paradossalmente di impoverirsi. Non si possono piantare sempre e solo patate! Da saggi agricoltori quali tutti voi siete, non potete dimenticare le cure che si attendono anche tutte le altre piante: arti figurative, danza, teatro, letteratura non hanno, come la pizzica, un Consorzio che si impone altrettanto vigorosamente a loro tutela, ma non per questo possono crescere rigogliose solo con qualche misera goccia d'acqua, mentre tutta la falda è dedicata alla sola musica popolare. La biodiversità vale anche nella tutela delle arti nel loro complesso.

Chiudiamo sperando di aver fatto, con i nostri mormorii, solo del bene ad una manifestazione che ha mille ragioni di esistere e di continuare a crescere. Da militanti della musica e della cultura salentina, siamo naturalmente contenti che il nostro territorio abbia scelto di promuoversi attraverso la sua arte popolare e attraverso la ricchezza della sua storia. Speriamo, per il futuro, di incontrare maggiori difficoltà nell'esercitare il nostro dovere di murmuratores.

(dal "Nuovo Quotidiano di Puglia" del 3/09/2006

di Luigi Lezzi )