Di seguito è riportata una testimonianza del prof. Realino Mazzotta riguardante i ritrovamenti di tombe messapiche a Veglie. |
Da una chiacchierata avuta con l’amico Dott. Nicola Gennachi, colgo l’occasione per rendere pubblico e riferire la mia testimonianza diretta circa il ritrovamento, avvenuto dieci anni or sono, di un’altra tomba, probabilmente di origine messapica, ubicata a pochi metri da quella scoperta cinquant’anni fa nella nostra cittadina. Varie e frammentarie sono le notizie riguardanti le origini di Veglie. Per parlare di origini, ossia di periodi storici molto antichi si possono solo effettuare delle ipotesi. Le ipotesi devono, comunque, essere avvalorate da indizi o testimonianze certe o documentate. E' già risaputo che nel 1957 a Veglie fu portata alla luce da Ermete Morleo, nonno materno di mia moglie, una tomba messapica con, all’interno, le suppellettili risalenti a circa 2400 anni fa (IV sec. a.C.) ed attualmente conservate ed esposte nel Museo Provinciale di Lecce “Sigismondo Castromediano”. La scoperta avvenuta durante i lavori di scavo eseguiti nel podere di mio suocero Franco Patera, pur costituendo la testimonianza antica tra le più importanti della nostra cittadina, non documenta, ufficialmente, le origini messapiche di Veglie. Ho cercato di informarmi chiedendo a mia suocera Lina Morleo notizie riguardo quella scoperta. Mi ha risposto ricordandosi che il nonno, dopo il ritrovamento, portò a casa quei preziosi reperti e che fu proprio lei incaricata ad occuparsi della pulizia del cratere apulo, del piatto in terracotta, dello skiphos, dello strigile in bronzo e della piccola oinochoe a vernice nera. Mi raccontò della gioia in famiglia per quella scoperta. Il nonno Ermete proveniva da una famiglia molto stimata di muratori, scalpellini e scultori originari di Erchie (Ta) e nutriva un grande amore per l’arte, in tutte le sue espressioni. L’informazione più importante di mia suocera Lina, molto interessante, era la conferma che la tomba non era l’unica del luogo. Morleo Ermete, durante la continuazione dei lavori per la costruzione della casa, individuò un’altra presunta tomba posta anch’essa alla stessa profondità di m.1,80 rispetto al livello della strada di via Novoli e ad una distanza di circa cinque metri dall’ubicazione dell’altra tomba. Il nonno decise di non aprirla poggiando sulla lastra orizzontale i pezzi di tufo che costituivano la continuazione del basamento dell’abitazione. Una mattina del 1995 durante i lavori di ampliamento e consolidamento della medesima casa di mio suocero Franco, mentre mi trovavo a Lecce, ricevetti una telefonata da parte di mia moglie che mi riferiva un probabile ritrovamento, in casa dei propri genitori, di un’altra tomba, esortandomi a ritornare quanto prima. La ditta Giovannino Saponaro, incaricata per la realizzazione dei lavori in muratura, durante lo scavo per l’edificazione di un palo in cemento armato, alla distanza di circa cinque metri dalla collocazione della tomba del ’57, aveva rinvenuto delle lastre con le stesse caratteristiche morfologiche e alla medesima profondità del precedente ritrovamento (m.3.00 dal livello della casa e m.1.80 dal livello della strada esterna). Quando arrivai, in tarda mattinata, era troppo tardi: i muratori avevano già aperto la tomba. Chiesi a mia suocera se avessero scoperto qualche suppellettile o altro. La risposta fu negativa. I muratori avevano agito indisturbati anche perché mio suocero era assente e mia moglie era arrivata quando ormai tutto era stato compiuto. Pensai che non era possibile che in una tomba messapica oltre ai resti del defunto non ci fosse qualche altro segno di quell’atavica civiltà! Presi velocemente la scala in legno e scesi nel cunicolo lardo 70 cm. La tomba era stata letteralmente profanata. Vidi un cranio, di piccole dimensioni, rotto in più parti ed altre ossa sparse, tutte rimosse dall’interno delle lastre. Molto probabilmente appartenevano ad un bambino/a di circa dieci anni. Con l’aiuto di mia moglie rimettemmo le ossa nel sepolcro. Più volte chiesi a Saponaro se avesse trovato qualche suppellettile. Le risposte furono sempre negative. Dopo il rinvenimento di quella tomba intervenne la Soprintendenza alle Belle Arti che accertò esclusivamente la mancanza di ritrovamenti di vasellame o quant’altro. La scoperta della “tomba del bambino”, in ogni modo, costituisce a mio avviso un importante tassello per confermare la presenza di un agglomerato messapico a Veglie, tesi che si potrebbe ancor di più avvalorare se, in accordo con il Comune, l’Università, la Sovrintendenza, i proprietari privati, si portasse alla luce la terza tomba di cui conosciamo con certezza le coordinate. Veglie, 11/05/2005 Prof. Realino Mazzotta |