I
VIGILI URBANI A VEGLIE
I
Vigili Urbani a Veglie rappresentano una delle istituzioni più antiche.
Costituita ufficialmente nel periodo post-unitario, pur essendo presente
da tempi assai più antichi. Tutto questo è attestato da vecchie carte
presenti sia nell'Archivio di Stato di Lecce, sia in quel che rimane
dell'Archivio storico del comune di Veglie.
Proprietà Archivio di
Stato di Lecce
In questo articolo
ricostruiamo la creazione della divisa dei Vigili Urbani di Veglie. A tale
scopo il Sindaco di allora, essendo Capo del Corpo della Guardia Civica,
per ottemperare a quanto previsto dall'atto ministeriale n.69 del 17
maggio 1876, incarica un artigiano locale, sartore, di disegnare
l'uniforme della guardia civica da sottoporre all'approvazione del Comando
della Divisione territoriale di Bari. Il figurino, (vedi foto sopra), fu
eseguito in data 21 agosto 1877 e dopo essere stato sottoposto alla
visione della autorità competente, fu approvato in data 1 settembre 1877.
Il sottoprefetto di Brindisi poi, in data 11 settembre 1877 concede il
nullaosta al comune di Veglie per fornire le sue guardie municipali della
nuova divisa. La descrizione allegata ai figurini così recita:
TENUTA DI PARATA:
Cappello con pennacchio verde, tunica con mostreggiatura e finimenti
rossi, e doppia bottoniera di metallo bianco. Cinturino di cuoio pantalone
di panno bleu con mostreggiatura rossa. Spalline.
TENUTA DI SERVIZIO:
Berretto nero con frisatura rossa, giubba di panno frisata rossa,
pantalone frisato rosso e per la stagione estiva anche di lino bianco.
DISTINTIVI: Il
distintivo del capo guardia sarà secondo il capo: se caporale o
brigadiere di una o due fascie di argento frisate rosse sulla manica della
tunica o giubba; se appuntato o anziano funzionante da capo guardia di una
fascetta di filograna argentata sul colletto della tunica o divisa.
ARMAMENTO: Fucile,
revolver o pistola.
Senza dubbio una bella
divisa, di grande effetto, vivace e rappresentativa.
I requisiti per
poterla indossare e quindi far parte del corpo dei vigili erano quelli di
aver compiuto 18 anni di età ed essere proprietario iscritto nel ruolo
dei contribuenti, oppure essere figlio di proprietario, o esercitare una
professione o mestiere. Questo perché la professione del vigile non era
retribuita, quindi chi aspirava a simile carica doveva dimostrare di
essere autosufficiente.
Veniva concesso il permesso di portare il fucile
con la relativa baionetta ma solo durante il servizio. Era perciò
proibito portare le armi dalle ore 24 fino allo spuntare del sole, nelle
fiere, nei luoghi di pubblici spettacoli, nei luoghi di feste civili,
nelle bettole, nelle cantine.
Era facoltativo vestire con giacca bleu col
collaretto rosso, e cingere il cangiarro: il tutto a proprie spese,
ovviamente questo prima dell'approvazione ufficiale della divisa.
Obbligatorio era invece portare la coccarda rossa al cappello. Unico ed
indiscutibile segno di riconoscimento, sarà elemento di discordia, agli
inizi del 1800, tra una guardia urbana ed un gruppo di cittadini; costoro,
forse non vedendo di buon occhio il giovane in servizio, si guardarono
bene dall'invitarlo ai balli che normalmente si tenevano in periodo
carnevalesco. Anzi, irritati dall'insistenza del predetto a voler
partecipare in virtù della sua funzione di vigile, lo apostrofarono con
una frase del tipo: «Se non te ne vai scacchiamo a te e alla
coccarda». Forse sarebbe finito tutto lì se solo non avessero
aggiunto alla loro invettiva anche la coccarda. Infatti l'offesa a tale
simbolo della legalità costò cara ai vivaci giovinastri, che finirono
condannati dal giudice di Lecce. Niente di nuovo, cambiano le epoche, le
situazioni, ma tuttora, per esprimere un sentimento di stizza o rabbia
verso i tutori della legge, si sente dire: «Ah, ci nò purtavi la
coppula ti facìa bitire iou ci sontu».
Il nostro comune aveva poi un
posto di guardia, molto probabilmente in prossimità dell'attuale piazza
corredato da un letto di campo, olio, fuoco e utensili di uso
indispensabile, tutto a carico del comune.
Fino a tutto l'800 le guardie
municipali non hanno mai superato il numero di tre unità. Tra tutte
le guardie che si sono alternate ogni due anni, scorrendo le decisioni
decurionali, siamo stati colpiti da un tribolato rapporto tra la giunta,
la popolazione e tali guardie Luigi De Benedittis e Botta Domenico fu
Pasquale, provenienti dall'arma dei carabinieri, ma ormai in pensione.
Questi furono nominati guardie municipali a titolo sperimentale per un
anno dal 20 luglio 1893 al 20 luglio 1894, con lo stipendio di lire 600
annue, alloggio e vestiario a loro carico, non essendo originari e
residenti nel nostro paese. Tale periodo fu più che sufficiente per
destare un malcontento generale nella popolazione che minacciava "lo
scoppio di un pubblico disordine". Il comune però, nella sua
magnanimità, richiamate al dovere le due guardie, le riconfermò
nell'incarico per un anno ancora. Ma non poté fare a meno, l'anno
successivo, a procedere al loro licenziamento. Dall'atto della giunta n.69
del 21 luglio 1895 leggiamo:
"Considerando che
le guardie municipali Botta e De Benedittis quasi ogni sera si
ubriacavano, commettendo delle azioni indecorose, rendendosi causa di
disordini e litigando anche la notte, venendo anche a vie di fatto;
considerndo che il De Benedittis invece di vigilare i servizi pubblici, si
tratteneva nelle ore vietate a giocare con delle persone sospette e con
dei vagabondi, e quindi, ubriaco minacciava ed inveiva contro pacifici
cittadini;
considerando che lo stesso era vendicativo, scostumato ed
indisciplinato;
considerando che era di non buona morale, anzi disonesto
tanto che una volta arrestò un giovanotto di Presicce, sol perché si era
fisso in mente che quel povero diavolo avesse bussato in una porta ove il
De Benedittis vi aveva illecite relazioni e che faceva anco separare
quella donna dal marito, disturbando non solo la pace di una famiglia, ma
dando dello scandalo, come sempre avviene in un piccolo comune, mentre
onestà e morale sono qualità necessarie per gli agenti di polizia;
infine considerando che non si presentava mai al servizio, menando
vita oziosa e da fannullone passando da una bottega di vino all'altra, per
bere e mangiare senza mai pagare, tant'è che è in debito con tutti i
servizi pubblici,
si decide per il licenziamento".
Tra queste storie
trascorreva in quel periodo la vita nel comune di Veglie.
|