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Viene riportata una breve storia dei Vigili Urbani a Veglie. L'articolo, scritto da M. M.,  è tratto dal "Gazzettino di Veglie" dell'agosto 1989.

Se sei in possesso degli altri numeri del "Gazzettino di Veglie" pubblicati in quegli anni, puoi comunicarcelo al nostro sito.  

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I VIGILI URBANI A VEGLIE

I Vigili Urbani a Veglie rappresentano una delle istituzioni più antiche. Costituita ufficialmente nel periodo post-unitario, pur essendo presente da tempi assai più antichi. Tutto questo è attestato da vecchie carte presenti sia nell'Archivio di Stato di Lecce, sia in quel che rimane dell'Archivio storico del comune di Veglie.

Clicca per ingrandire la foto Proprietà Archivio di Stato di Lecce

In questo articolo ricostruiamo la creazione della divisa dei Vigili Urbani di Veglie. A tale scopo il Sindaco di allora, essendo Capo del Corpo della Guardia Civica, per ottemperare a quanto previsto dall'atto ministeriale n.69 del 17 maggio 1876, incarica un artigiano locale, sartore, di disegnare l'uniforme della guardia civica da sottoporre all'approvazione del Comando della Divisione territoriale di Bari. Il figurino, (vedi foto sopra), fu eseguito in data 21 agosto 1877 e dopo essere stato sottoposto alla visione della autorità competente, fu approvato in data 1 settembre 1877. Il sottoprefetto di Brindisi poi, in data 11 settembre 1877 concede il nullaosta al comune di Veglie per fornire le sue guardie municipali della nuova divisa. La descrizione allegata ai figurini così recita:

TENUTA DI PARATA: Cappello con pennacchio verde, tunica con mostreggiatura e finimenti rossi, e doppia bottoniera di metallo bianco. Cinturino di cuoio pantalone di panno bleu con mostreggiatura rossa. Spalline.

TENUTA DI SERVIZIO: Berretto nero con frisatura rossa, giubba di panno frisata rossa, pantalone frisato rosso e per la stagione estiva anche di lino bianco.

DISTINTIVI: Il distintivo del capo guardia sarà secondo il capo: se caporale o brigadiere di una o due fascie di argento frisate rosse sulla manica della tunica o giubba; se appuntato o anziano funzionante da capo guardia di una fascetta di filograna argentata sul colletto della tunica o divisa.

ARMAMENTO: Fucile, revolver o pistola.

 

Senza dubbio una bella divisa, di grande effetto, vivace e rappresentativa.

 I requisiti per poterla indossare e quindi far parte del corpo dei vigili erano quelli di aver compiuto 18 anni di età ed essere proprietario iscritto nel ruolo dei contribuenti, oppure essere figlio di proprietario, o esercitare una professione o mestiere. Questo perché la professione del vigile non era retribuita, quindi chi aspirava a simile carica doveva dimostrare di essere autosufficiente.

 Veniva concesso il permesso di portare il fucile con la relativa baionetta ma solo durante il servizio. Era perciò proibito portare le armi dalle ore 24 fino allo spuntare del sole, nelle fiere, nei luoghi di pubblici spettacoli, nei luoghi di feste civili, nelle bettole, nelle cantine.

 Era facoltativo vestire con giacca bleu col collaretto rosso, e cingere il cangiarro: il tutto a proprie spese, ovviamente questo prima dell'approvazione ufficiale della divisa.

 Obbligatorio era invece portare la coccarda rossa al cappello. Unico ed indiscutibile segno di riconoscimento, sarà elemento di discordia, agli inizi del 1800, tra una guardia urbana ed un gruppo di cittadini; costoro, forse non vedendo di buon occhio il giovane in servizio, si guardarono bene dall'invitarlo ai balli che normalmente si tenevano in periodo carnevalesco. Anzi, irritati dall'insistenza del predetto a voler partecipare in virtù della sua funzione di vigile, lo apostrofarono con una frase del tipo: «Se non te ne vai scacchiamo a te e alla coccarda». Forse sarebbe finito tutto lì se solo non avessero aggiunto alla loro invettiva anche la coccarda. Infatti l'offesa a tale simbolo della legalità costò cara ai vivaci giovinastri, che finirono condannati dal giudice di Lecce. Niente di nuovo, cambiano le epoche, le situazioni, ma tuttora, per esprimere un sentimento di stizza o rabbia verso i tutori della legge, si sente dire: «Ah, ci nò purtavi la coppula ti facìa bitire iou ci sontu».

 Il nostro comune aveva poi un posto di guardia, molto probabilmente in prossimità dell'attuale piazza corredato da un letto di campo, olio, fuoco e utensili di uso indispensabile, tutto a carico del comune.

 Fino a tutto l'800 le guardie municipali non hanno mai superato il numero di tre unità.  Tra tutte le guardie che si sono alternate ogni due anni, scorrendo le decisioni decurionali, siamo stati colpiti da un tribolato rapporto tra la giunta, la popolazione e tali guardie Luigi De Benedittis e Botta Domenico fu Pasquale, provenienti dall'arma dei carabinieri, ma ormai in pensione. Questi furono nominati guardie municipali a titolo sperimentale per un anno dal 20 luglio 1893 al 20 luglio 1894, con lo stipendio di lire 600 annue, alloggio e vestiario a loro carico, non essendo originari e residenti nel nostro paese. Tale periodo fu più che sufficiente per destare un malcontento generale nella popolazione che minacciava "lo scoppio di un pubblico disordine". Il comune però, nella sua magnanimità, richiamate al dovere le due guardie, le riconfermò nell'incarico per un anno ancora. Ma non poté  fare a meno, l'anno successivo, a procedere al loro licenziamento. Dall'atto della giunta n.69 del 21 luglio 1895 leggiamo:

"Considerando che le guardie municipali Botta e De Benedittis quasi ogni sera si ubriacavano, commettendo delle azioni indecorose, rendendosi causa di disordini e litigando anche la notte, venendo anche a vie di fatto;

 considerndo che il De Benedittis invece di vigilare i servizi pubblici, si tratteneva nelle ore vietate a giocare con delle persone sospette e con dei vagabondi, e quindi, ubriaco minacciava ed inveiva contro pacifici cittadini;

 considerando che lo stesso era vendicativo, scostumato ed indisciplinato;

 considerando che era di non buona morale, anzi disonesto tanto che una volta arrestò un giovanotto di Presicce, sol perché si era fisso in mente che quel povero diavolo avesse bussato in una porta ove il De Benedittis vi aveva illecite relazioni e che faceva anco separare quella donna dal marito, disturbando non solo la pace di una famiglia, ma dando dello scandalo, come sempre avviene in un piccolo comune, mentre onestà e morale sono qualità necessarie per gli agenti di polizia;

 infine considerando che non si presentava  mai al servizio, menando vita oziosa e da fannullone passando da una bottega di vino all'altra, per bere e mangiare senza mai pagare, tant'è che è in debito con tutti i servizi pubblici,

 si decide per il licenziamento".

Tra queste storie trascorreva in quel periodo la vita nel comune di Veglie.