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Dal Nuovo Quotidiano di Puglia di sabato 21 agosto 2004

Il racconto dei soldati pugliesi che, lontani da casa, ritrovano il valore delle cose essenziali e della famiglia

Nassiriya, in missione si può scoprire la fede

Domani la Cresima per 56 lagunari

VEGLIE - Il valore di una bottiglia d'acqua può cambiare la vita di un soldato. Come accadrà domenica prossima a Nassiriya, all'interno di Lepanto, la base dei lagunari del reggimento "Serenissima": 56 ragazzi, in Iraq da quasi quattro mesi, riceveranno il sacramento della cresima. Ad officiare la cerimonia sarà mons. Angelo Bagnasco, ordinario militare per l'Italia, affiancato da don Riccardo Ortolan, il cappellano che sta vivendo la vita del campo allestito dagli uomini del col. Emilio Motolese, comandante del reggimento, a poca distanza da Nassiriya.

La scelta di questi giovani soldati sta tutte nelle parole del caporale Giuseppe Crifò di Barcellona (Messina). «Lontano dalla vita "normale" qui hai tempo di riflettere su quello che fai e sul senso del tuo vivere - racconta il soldato, 22 anni, alla sua prima missione - pensi al modo di consumare e sprecare le cose in Italia, mentre qui in Iraq la gente farebbe qualsiasi cosa per una semplice bottiglia d'acqua».

Inutile nascondere che la scelta di avvicinarsi al sacramento della cresima proprio qui e proprio ora è legata anche alla consapevolezza che ogni giorno a Nassiriya racchiude i pericoli di un Paese lacerato dai conflitti armati. Tutte le volte che un lagunare esce in pattuglia, piega con cura i propri indumenti e lascia perfettamente a posto il proprio bagaglio, perché il destino di quel giorno può dipendere da una raffica di arma automatica o dal lancio di un rpg. Nonostante la giovane età, per il caporalmaggiore Bruno Greco, di Bari, «il primo valore rinsaldato nelle lunghe notti buie di Lepanto, quando neppure una luce si accende ad illuminare il silenzio del deserto, è quello della famiglia». «Anche se ho solo 23 anni - dice - ho una moglie e un bambino ed è a loro che ho pensato da quando sono qui, a quanto sono importanti per la mia vita».

L'Iraq sembra aver scrostato da questi ragazzi la patina di quotidianità che accompagna i loro coetanei italiani, cancellando il senso dei riti di gruppo come le uscite in discoteca, lo shopping griffato, le bevute tra amici. «E' una scelta molto impegnativa che i miei lagunari hanno voluto fare con consapevolezza in questo particolare momento - sottolinea il col. Motolese, 45 anni, di Conversano (Bari), già in passato impegnato in missioni militari all'estero - forse perché l'Iraq ha consentito di scandagliare meglio il loro animo e di capire, soprattutto, quante cose superflue, a volte stupide e banali, riempiono la vita "normale"».


Un caloroso saluto ai ragazzi Vegliesi che dall'Iraq mantengono i legami con Veglie grazie anche ai siti web del nostro Paese.

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