Dal
Nuovo Quotidiano di Puglia e da La Gazzetta del Mezzogiorno di
martedì 10 ottobre 2006 |
dal Nuovo Quotidiano di Puglia 10/10/06
In carcere il titolare di un
esercizio di ristorazione: pagava i dipendenti con la droga anziché coni
soldi. Poi la denuncia dei familiari
Cocaina e pizze:
cinque arresti
VEGLIE -
Cocaina invece di soldi ai suoi dipendenti. A padri di famiglia ed anche
a giovani ragazze. Le moglie e le madri si sono rivolte ai carabinieri:
le prime per il timore di finire sul lastrico perché denaro a casa gli
uomini non ne avrebbero portato, ma solo dosi da "sniffare . Le altre si
sarebbero allarmate dopo aver constatato le cattive condizioni di salute
delle figlie.
"G.. rovina le persone", è una
delle frasi captate dalle registrazioni che hanno fatto finire nei guai
G. S., 38 anni, di Veglie. Sarebbe lui quel G. della pizzeria che invece
della paga settimanale ai dipendenti avrebbe offerto dosi di cocaina.
La pizzeria sarebbe diventata
punto di riferimento dei consumatori di cocaina, come anche una sala
giochi. Il titolare è stato arrestato ieri mattina dai carabinieri
del Nucleo operativo radiomobile della Compagnia di Campi Salentina nel
corso del blitz denominato "Big family", ossia "grande famiglia". Altre
quattro persone (di Veglie, Carmiano, Arnesano e Monteroni) sono state
ritenute facenti parte di questa congregazione e per questo sono state
arrestate.
La lista si sarebbe allungata se
l'indulto non avesse risparmiato il carcere a due altri ragazzi di
Sternatia: per loro è stato preso in considerazione l'articolo del
codice di procedura penale che indica che non può essere applicata
nessuna misura di limitazione della libertà della persona se sussiste
una causa di estinzione della pena. Come l'indulto, che prevede uno
sconto di tre anni di reclusione per reati commessi prima del 2 maggio
di quest'anno. I due giovani di Sternatìa restano indagati a piede
libero insieme ad altri due di Veglie.
A tutti le ordinanze di custodia
cautelare emesse dai giudici delle indagini preliminari Antonio Del Coco
ed Ercole Aprile contestano il concorso nello spaccio di sostanze
stupefacenti: la cocaina dai 30 ai 50 euro, l'ecstasy dai dieci ai 15
euro, la marijuana a 350 euro al chilo. G.S. risponde anche di
estorsione perché avrebbe minacciato un giovane per farsi restituire un
quantitativo di cocaina preso dal nascondiglio ricavato nel bagno della
pizzeria.
Difesi dagli avvocati Alessandra
Viterbo, Luigi Rella e Massimo Bellini, gli indagati saranno sottoposti
dopodomani agli interrogatori di garanzia.
di E.M.
da La Gazzetta del Mezzogiorno 10/10/06
I carabinieri sgominano
un’organizzazione dedita allo spaccio con ramificazioni fino a Sternatia
La pizzeria
«sfornava» cocaina: due arresti
Decisiva la denuncia
di una madre-coraggio: la figlia veniva pagata con la droga per il
lavoro nel locale
VEGLIE -
Cocaina in pizzeria. Di quella buona, pure. Droga di qualità per una
clientela esclusiva. G.S., 38 anni, di Veglie, la riservava agli
avventori del suo locale. Ma ieri mattina i carabinieri hanno fatto
calare il sipario sull’attività illecita. E all’alba i militari del
Nucleo operativo e radiomobile - Aliquota operativa - della Compagnia di
Campi, diretti dal tenente Sante Picchi, hanno arrestato G. S., ritenuto
a capo di u n’organizzazione capace di rifornirsi di cocaina e di
piazzarla a Veglie ma anche nei comuni limitrofi. La rete di spaccio
sarebbe stata assicurata dalla stretta collaborazione di F. M., 45 anni,
pure lui di Veglie, destinatario di un’ordinanza di custodia cautelare
ai domiciliari. M. - a quanto risulta dalle indagini - avrebbe
incontrato i suoi clienti in un circolo attiguo alla pizzeria. Il
sostituto procuratore Antonio De Donno aveva chiesto l’arresto anche per
altri due indagati: A.F., 23 anni, e P.P. di 31, entrambi di Veglie.
Il giudice per le indagini
preliminari Ercole Aprile, però, non lo ha disposto. Anche nei loro
confronti viene ipotizzato il reato di detenzione e spaccio di
stupefacenti. Ma poiché sono incensurati e visto che il reato sarebbe
stato commesso il 16 aprile scorso, per loro scatterebbe l’indulto che
li metterebbe al riparo da una pena detentiva.
Le indagini hanno preso il via
nella primavera del 2005. Intercettazioni telefoniche e ambientali,
pedinamenti e riprese filmate hanno incastrato G.S. e i suoi presunti
collaboratori. Ma a rendere davvero scomoda la posizione del titolare
della pizzeria è stata la denuncia presentata da una madre-coraggio. È
la mamma di una ragazza che lavorava nel locale, divenuta schiava della
cocaina. A procurarle la droga sarebbe stato G.S. Le avrebbe ceduto le
dosi di cocaina trattenendone il costo dalla paga settimanale. Quando le
condizioni di salute della giovane si sono fatte precarie la mamma,
preoccupata che anche l’altra figlia quattordicenne potesse essere
coinvolta nel giro, è scesa in campo per porre fine alla schiavitù della
figlia. Così ha deciso di avviare delle indagini in proprio. Da una
conversazione con la figlia, registrata con un apparecchio domestico, è
riuscita ad apprendere notizie importanti sull’attività di G. S. e su
quanto accadeva all’interno della pizzeria: «G... rovina le persone..
tiene la partita buona. 30 euro, 100 euro ... cocaina perché la
tagliano.. persone più grosse tipo... S.. perché la vende a tutti quanti
... come fa a pagarla.. durante la settimana prende 30 euro. Comunque
tutte queste persone volevano sparate a cominciare da G... e tutti i
grossi che rovinano i ragazzi... (G...) non si droga mica fessa è! Fa
drogare gli altri».
La registrazione (ritenuta
pienamente utilizzabile dal giudice) si è aggiunta alle dichiarazioni
raccolte dai carabinieri nel corso delle indagini di tre giovani,
abituali clienti di S. Fra di loro c’è anche un ex dipendente della
pizzeria che nel febbraio del 2005 avrebbe portato via una partita di
cocaina nascosta all’interno della toilette del locale. Per riaverla
indietro G. S. avrebbe minacciato l’ex dipendente, pretendendo il
controvalore della cocaina. Non avrebbe esitato, poi, a prenderlo a
schiaffi dicendogli che se non avesse saldato il debito l’avrebbe pagata
cara. Da qui l’accusa di estorsione che pende sul capo di S.
Non è stato facile per gli
investigatori ottenere la collaborazione dei familiari dei consumatori
di cocaina. E più che l’acume investigativo è stata la carica umana che
i carabinieri hanno «sfoderato» per ottenere la piena fiducia delle
famiglie. E, alla fine, genitori, cognati e mogli hanno trovato la forza
e il coraggio di ribellarsi. Fra le denunce c’è quella di una donna che
non riusciva più a far fronte alle esigenze economiche della famiglia
perché il marito, dipendente di S., veniva ripagato con dosi di eroina.
L’operazione è stata denominata
«Big family». Proprio come in una grande famiglia tutti i personaggi
dell’indagine erano uniti dall’attività di consumo e vendita di cocaina
coordinata da G. S.. Il vincolo, però, si è rotto quando - come si
diceva - i congiunti dei consumatori di cocaina si sono ribellati.
VEGLIE - Non solo cocaina.
Sul mercato sarebbero state immesse anche marijuana e pasticche di
ecstasy. E’ quanto è emerso da una costola dell’indagine sull’attività
di G. S..
E il lavoro degli investigatori ha
portato ad altri tre arresti. Le ordinanze restrittive sono state
notificate a V. S., 66 anni, di Carmiano, commerciante ambulante di
abbigliamento, già noto alle forze dell’ordine, a R.L., di 30, di
Arnesano, e a T.D., di 30, operaio di Monteroni. Altri due indagati
hanno evitato l’arresto perché, potendo usufruire dell’abbuono del
condono, avrebbero evitato la pena detentiva. Gli indagati sono S.J di
22 anni e G.G. di 24, entrambi di Sternatia.
Il 66enne - secondo gli inquirenti
- sarebbe uno dei più stretti collaboratori del titolare della pizzeria.
Da lui, infatti, si sarebbe procurata la cocaina poi destinata allo
spaccio nella zona di Carmiano, Monteroni, Arnesano e dintorni grazie
alla complicità di R. L. e T. D..
Spicca dalle investigazioni il
ruolo avuto dalla
donna R.L.. Insieme con V. S. si sarebbe prodigata per agevolare il
possibile ingresso in Italia di un latitante albanese che avrebbe dovuto
portarsi dietro anche un carico di stupefacente. I due, in particolare,
avrebbero predisposto e falsificato i documenti che l’albanese avrebbe
dovuto esibire alla frontiera per eludere i controlli. Il terzetto,
però, si sarebbe specializzato soprattutto nello spaccio di
stupefacenti. E per non correre rischi, durante le conversazioni al
telefono, avrebbero utilizzato anche un linguaggio in codice. Così la
marijuana veniva indicata come «vernice verde», mentre la cocaina veniva
chiamata «vernice sbiancante» oppure «tinta bianca». Anche il 66enne
aveva un nome in codice: lo chiamavano infatti «Il vecchietto». Mentre
il latitante albanese veniva indicato come «Lupo di mare».
Dalle indagini è emerso anche il
listino della droga: la marijuana veniva ceduta a circa 350 euro al
chilo; la cocaina dai 30 ai 50 euro la dose; l’ecstasy da dieci a
quindici euro a pasticca.
Gli interrogatori dei cinque
arrestati, difesi dagli avvocati Alessandra Viterbo, Luigi Rella e
Massimo Bellini cominceranno giovedì.
«Profonda soddisfazione per
l’operazione antidroga» è stata espressa dal consigliere regionale
dell’Udeur Antonio Buccoliero, vicepresidente della Commissione Affari
Istituzionali.
«I carabinieri della Compagnia di
Campi Salentina e della stazione Carmiano, attraverso un incessante
lavoro di indagine, hanno smantellato un’organizzazione dedita allo
spaccio di sostanze stupefacenti. Questo successo dimostra come l’Arma
dei carabinieri sia sempre in prima linea nel difendere i cittadini e
nel promuovere quei valori di legalità, giustizia e sicurezza, che sono
alla base della crescita civile ed economica dell’intero territorio.
Sgominare una banda dedita allo spaccio di sostanze stupefacenti –
conclude Buccoliero - non significa solo ridare sicurezza ad un intero
territorio, ma garantirne anche la crescita e il futuro». |