Dal sito della Gazzetta del Mezzogiorno di
lunedì 13 ottobre 2008 |
Borse giù, in
Puglia «tremano» 23 Comuni
LECCE - La parola d’ordine è
«niente allarmismi» ma è inutile nasconderlo: il malato non gode proprio
ottima salute. La crisi finanziaria mondiale provocata soprattutto dai
cosiddetti «prodotti derivati», orgoglio della «finanza creativa» non fa
vivere momenti tranquilli a molti amministratori locali che negli swap
avevano intravisto una bella scommessa da vincere e che invece costa
cara. Con imprevedibili ripercussioni nel futuro più o meno immediato. E
se molti comuni assicurano che non corrono rischi perchè i contratti
sono in scadenza o sono stati già bloccati, i dati numerici lasciano
perplessi.
Infatti, 23 comuni salentini hanno
sottoscritto con le banche swap per complessivi 198 milioni 169 mila
euro. Alcuni sono estinti, altri in essere.
Ecco i centri coinvolti: Lecce
(105 milioni di euro), Casarano (dieci), Veglie (8 milioni 262 mila
euro), Sannicola (3,645), Ugento (5,520), Maglie (5,743), Lequile
(1,761), Guagnano (1,619), Copertino (9,162), Gallipoli (7,408),
Calimera (1,649), Campi (1,991), Caprarica di Lecce (1,260), Diso
(1,055), Melendugno (3,587), Otranto (2,221), Tuglie (1,372), Taviano
(5,872), Cursi (2,700), Acquarica del Capo (0,829), Castrignano dei
Greci (0,617), Trepuzzi (12,600), Galatone (4,288).
Ogni comune, ovviamente, è un caso
a sè. Situazione difficile ma non gravissima o vera e propria mattanza
per le casse comunali? I giudizi sugli Swap, gli strumenti di finanza
derivata a tasso variabile adottati dal comune di Casarano, sono
contrastanti. Secondo il capogruppo consiliare di Forza Italia,
Giampiero Marrella, l’operazione Swap costerebbe alle casse comunali
circa 100mila euro l’anno, con un trend che, essendo legato
all’oscillazione dei tassi di interesse, risulta negativo. Le cifre sono
aggiornate alla scorsa primavera, poiché ancora si è in attesa di
visionare la relazione relativa all’ul - timo semestre. Nel giugno del
2005, il consiglio comunale decise di rinegoziare i mutui contratti con
la Cassa depositi e prestiti, circa 10milioni di euro, con un prestito
obbligazionario a tasso fisso che prevedeva l’emissione dei Buoni
ordinari comunali (Boc) per il tramite della banca Opi. In quell'occasione,
lo stesso assessore al Bilancio, nonché vicesindaco, Gabriele Caputo (Pd),
giudicò l’ipotesi della finanza derivata come «rischiosa e quindi da
scartare».
Nonostante ciò, la delibera dava
mandato al responsabile dei servizi finanziari di procedere in quella
direzione, qualora lo avesse ritenuto necessario. Detto, fatto. Nel
marzo 2006, si procedette all’aggancio dei Boc agli Swap, passando da un
tasso fisso ad uno variabile. Un’operazione che Marrella definisce
«scellerata, perché presa in un momento in cui tutti gli analisti
segnalavano un andamento assolutamente negativo».
Quanto inciderà questa operazione
sulle finanze comunali quando, nel 2025, scadrà il relativo contratto,
non è dato sapere. Quel che è certo è che, dopo aver portato ad un
risparmio di 150mila euro nel primo anno, nei successivi tre semestri è
costata alle casse comunali rispettivamente 60, 50 e 40mila euro,
giungendo ad un bilancio di sostaziale pareggio. Con il tasso di
interesse che, partendo dal 2,7 per cento, nel frattempo ha sfondato
quota 5. Proprio la decisione di adottare gli Swap è stata una delle
cause che ha portato alle dimissioni di tre dei cinque membri della
commissione Bilancio, con il conseguente scioglimento della stessa.
Secondo la maggioranza, però, un
atteggiamento allarmista non è giustificato. «È chiaro», precisa Caputo,
«che tutto è legato alle oscillazioni del tasso. Tuttavia, al momento
della stipula del contratto abbiamo messo dei paletti per i quali la
fluttazione non può salire al di sopra di una certa soglia. Ad ogni
modo, l’andamento degli Swap non è legato a quello delle borse, come
erroneamente si crede, ma all’oscillazione dei tassi. Se poi, come
potrebbe accadere, la Banca centrale deciderà di intervenire con un
abbassamento dei tassi, questo provvedimento favorirebbe una congiuntura
che al momento, pur non potendo noi sbilanciarci in previsioni, non è
delle più favorevoli».
Dall’entroterra alle rive dello
Jonio. Il Comune di Gallipoli è stato il secondo in Puglia a ricorrere
agli strumenti finanziari derivati ma, va detto subito, è stata una
scelta fino ad oggi proficua, con il rischio, qualora le cose dovessero
andare male come tutto lascia presagire, di cadere comunque in piedi.
La prima operazione di swap
attuata oltre un lustro addietro con l’Unicredit per iniziativa del
dirigente del settore economico-finanziario del Com une, Pantaleo Isceri,
si concluse con un utile di circa 200 mila euro. Per questo, nel 2006,
quando si può dire che ormai tale operazione fosse «di moda»,
l’amministrazione decise di ripercorrere la stessa via, questa volta con
il Monte dei Paschi di Siena; l’assenso degli uffici fu subordinato ad
una condizione, risultata anch’essa vincente: l’accantonamento degli
utili per fronteggiare eventuali perdite.
In conseguenza, grazie ad un
favorevole avvio dell’esperienza, fino ad ora il Comune ha costituito,
con oltre 350 mila euro, quel «fondo di fluttuazione» che consente di
guardare con tranquillità all’attuale congiuntura negativa. Nel 2005 il
Comune ha anche convertito i mutui (un passivo che dovrebbe aggirarsi
sui 15 milioni di euro): ha contratto dei Boc-Buoni ordinari del Comune,
coprendo il debito esistente con la Cassa depositi e prestiti, ottenendo
una riduzione del tasso dal 6 al 4 per cento e pertanto con un risparmio
di circa 300 mila euro l’anno. E siccome il tasso è fisso, si comprende
perché Isceri sostiene che tale operazione rimane valida e la rifarebbe.
E lo swap? In tale caso, non si
può mai trattare di risparmio certo, ma di variabili legate a titoli,
obbligazioni o prodotti (l'andamento del prezzo del petrolio può dare
un’idea dell’ampiezza delle oscillazioni e dei contraccolpi), per cui si
possono materialmente incassare plus valenze o pagare perdite. Quest’anno
si era profilato negativo già prima dell’esplosione della vicenda
mutui-facili statunitensi, ma la riserva accantonata consente al Comune
di guardare con tranquillità alle, più che probabili, perdite dei
prossimi anni.
a.n.
e
g.a.
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