La nuova Ocm prevede la possibilità che possa "nascere" miscelando rossi e bianchi. Bruxelles dichiara guerra al vino rosato
Anni e anni di investimenti delle imprese sulla difesa della qualità vitivinicola di un prodotto tradizionale come il rosato «non possono essere messi a rischio» dal via libera all'assemblaggio di uve bianche e rosse ipotizzato nelle direttive comunitarie dell'Ocm (Organizzazione comune di mercato) del vino. È questo il grido d'allarme dei vignaioli italiani e francesi rispetto a una «ipotesi inaudita che - come sottolinea l'assessore della Regione Puglia Enzo Russo in qualità di coordinatore della Commissione Politiche agricole che raccoglie tutti gli assessorati regionali - apre le porte a una vinificazione non in purezza, e quindi non controllabile». Si tratta di un «vero e proprio dietro-front - sottolinea Russo - rispetto alle scelte di tracciabilità agroalimentari sempre più richieste da consumatori e produttori. Per questo occorre che il governo faccia, a Bruxelles, una seria lobby istituzionale, magari con i francesi per scongiurare ogni rischio di disconoscimento della vinificazione di qualità. L'Europa che produce i due terzi dei rosati, e in particolare i Paesi di area mediterranea, devono fare fronte comune - propone Russo - per difendere con fermezza i veri rosati che stanno peraltro ritrovando l'attenzione degli enoappassionati in tutto il mondo». «Impressiona che la direttiva per trasformare il rosé in un miscuglio indistinto abbia già raccolto un primo benestare» - commenta il direttore del Consorzio Tutela Vini Oltrepò Pavese Carlo Alberto Panont che si appella all'Organizzazione per il commercio mondiale, dove gli altri Stati hanno tempo due mesi «per bloccare questa follia». Secondo Antonio Romano, enologo dell'azienda pugliese Conti Zecca che di rosato produce 500 mila bottiglie l'anno, «è un grossissimo errore quello sta facendo l'Unione Europea; una ipotesi da combattere assolutamente. Qualitativamente verrebbe meno l'identità del rosato di qualità che per disciplinare, oggi, è ottenuto solo da vinificazione in bianco di uve rosse che hanno avuto un certo periodo di macerazione. Si andrebbe così a bandire un prodotto Made in Italy che, negli ultimi cinque anni, ha visto aumentare le vendite internazionali, soprattutto nel Regno Unito e nei Paesi scandinavi. E che, a sentire gli operatori, ha un trend di vendite in crescita». Il rischio di un via libera al melange di vini bianchi e rossi nei rosati «dequalifica - secondo l'assessore all'Agricoltura della Provincia di Lecce Cosimo Durante - gli sforzi d'innovazione produttiva delle aziende vitivinicole che proprio sul legame di territorio e tracciabilità hanno conquistato i consumatori. Una identità che va garantita - conclude Durante - in etichetta e nella bottiglie di rosati vinificati con metodo tradizionale».
Giù le mani dal Salento (di A.M.) Stavolta l'Europa la sta facendo grossa: in un colpo prova a distruggere un'economia e una cultura, quella del vino rosato. Un'economia e una cultura che riguardano il Salento più che altri posti d'Italia: qui negli ultimi anni si è investito tanto per recuperare la tradizione del Rosato del Salento, un marchio distintivo di qualità enologica fino agli anni Sessanta, distrutto poi da vinificatori disonesti che avevano realizzato vini-mistura di scarsa qualità, spacciati a pochi soldi nei supermercati di mezza Italia. Il rosato e un prodotto nobile, discende dalla lacrima degli antichi romani, e ha costi di produzione superiori a quelli di un rosso. Ha bisogno di uve di qualità che presuppongono un lavoro in vigna accurato, una vendemmia "dolce" e una vinificazione immediata. Severino Garofano, decano degli enologi di qualità nel Salento e non solo, sostiene che è il vino di una notte. Colore, odore e sapore si giocano col lavoro di un anno nei campi e con la macerazione di poche ore delle vinacce. È un vino che ha bisogno di vitigni particolari. E il Negroamaro, assieme al Montepulciano d'Abruzzo, per qualità e per tradizione è uno dei vitigni più vocati. Nel Salento aziende storiche e aziende giovani hanno riscoperto la strada della qualità. Nell'ultima edizione del concorso enologico Rosalento quasi 50 aziende hanno presentato il loro prodotto. Il rosato, anche grazie a questo nuovo vento che viene dal Salento, si sta imponendo come compagno, a tutto pasto, dei piatti della dieta mediterranea. Il mercato ne ha decretato un successo, che evidentemente fa gola a qualcuno. Ma il mercato si conquista con la qualità, non mescolando chardonnay e pinot noir, dopo aver mischiato le carte a Bruxelles. La battaglia per il Rosato è una battaglia decisiva per l'economia del Salento, ma anche per la sua cultura. Nessun salentino, dalla Provincia alla Regione al Governo può dichiararsi renitente. A.M. |
Guerra contro bruxelles Vino rosato: la Puglia alza la voce
Una nuova carta d'identità per il vino rosato, anche detto rosé: ieri i 27 stati europei hanno accolto all'unanimità la proposta della commissaria all'Agricoltura, Mariann Fischer Boel, che permetterà di riconoscere il vero vino rosato grazie alla menzione sull'etichetta "vino rosato tradizionale" o altre diciture che possono valorizzare il prodotto. Una ipotesi che vede favorevole Confagricoltura («Un segnale positivo per la difesa delle produzioni vinicole di pregio»), contrarissima la Coldiretti («scandaloso il via libera comunitario alla commercializzazione di vino rosè ottenuto miscelando vini bianco e rosso») e che non mette a tacere la sollevazione in Puglia contro l'ipotesi di ricavare il rosato da un blend tra vino bianco e vino rosso. L'assessore regionale della Puglia Enzo Russo, coordinatore della commissione Politiche Agricole chiederà l'intervento del Governo rispetto alla decisione di Bruxelles. Nella prossima seduta utile in seno alla Conferenza Stato-Regioni dichiara l'assessore, «chiederò con forza un intervento e soprattutto spiegazioni visto che il Ministro si è solo limitato ad un voto contrario come se discutessimo di argomenti poco importanti. Certo il vino rosato si produce solo in alcune regioni d'Italia, ma lo stesso è un simbolo dell'agroalimentare italiano di qualità e non solo, l'Italia contribuisce al primat europeo di produzione del prodotto nel mondo, in forte ascesa sul mercato e segmento economico importante. Quindi mentre si parla di tracciabilità e qualità noi permettiamo che il vino rosato da sempre prodotto da soffice spremitura di uve nere, possa diventare un surrogato fatto da miscele che lasceranno spazi a chissà quali alchimie e a falsi come il -parmesan-, con una sola differenza quella di essere autorizzati dalla Comunità Europea». «Occorre mettere in atto tutte le azioni utili a scongiurare l'ok di Bruxelles al rosato "tagliato"». È il monito del presidente della Commissione sviluppo economico alla Regione Puglia Dario Stefàno. «Sarebbe una prospettiva letale - aggiunge Stefàno - che rischierebbe di mettere in ginocchio la filiera vinicola pugliese, ma soprattutto salentina, che negli ultimi decenni si è distinta per un sapiente recupero di tecniche vinificatorie che rappresentano, anche, un pezzo importante della nostra cultura. Non è difficile immaginare la terribile battuta d'arresto nel comparto, proprio mentre l'intera filiera inizia a raccogliere i frutti di un lavoro decennale teso a far vincere qualità, tradizione e cultura del vino salentino». «È necessario - conclude il presidente Stefàno - che il governo regionale su questo fronte assuma un'azione forte e decisa, per scongiurare una ipotesi che spazzerebbe via un pezzo di cultura e di storia, e comprometterebbe seriamente un anello importante della nostra economia, che proprio sul fronte della qualità può giocare una carta importante nell'attuale contesto congiunturale aprendo spiragli importanti di opportunità in un periodo di crisi». «Condividiamo in pieno e raccogliamo il grido d'allarme proveniente dai viticoltori e dai vignaioli italiani e salentini in particolare sull'esigenza di tutelare la produzione del vino rosato - dice Rocco Palese -. Siamo certi che i nostri parlamentari nazionali ed europei faranno tutto il possibile per evitare che una produzione tanto pregiata e tanto diffusa nel Salento venga penalizzata dalle direttive dell'Organizzazione comune di mercato. E ci auguriamo anche che su questo tema l'assessore Russo, come coordinatore degli assessori regionali all'Agricoltura, sappia evitare inutili e dannose polemiche politiche, facendosi piuttosto portavoce, anche da salentino, delle esigenze e delle istanze dei produttori salentini, riuscendo ad aprire un tavolo di confronto con il Governo nazionale e un filo diretto con l'Europa. E' vero che la battaglia per il rosato è decisiva per l'economia non solo agricola del Salento e per quanto ci riguarda la sosteremo e faremo tutto il possibile per tutelare questa produzione e soprattutto per garantire i nostri produttori», afferma Rocco Palese. «Assurda e da contrastare con ogni mezzo la possibilità prevista dalla direttiva comunitaria dell'Ocm- secondo il consigliere regionale del Pdl, Saverio Congedo. «Una iniziativa sostanzialmente truffaldina».
Un'eccellenza da difendere con forza (intervento di Alfredo PRETE *) Il vino rosato costituisce per molti, nel panorama enologico, un "non vino". E' opinione diffusa infatti, tra i non addetti ai lavori naturalmente, che il rosato sia frutto di una miscelazione di vino bianco e vino rosso. Una "teoria ", questa, che banalizza una tecnica produttiva ben specifica e che svilisce una tipologia di vino che vanta qualità proprie di tutto rispetto. Il vino rosato, infatti, nasce dalla macerazione del mosto nelle bucce di uva a bacca rossa per un tempo variabile, compreso tra poche ore fino ad un massimo di due giorni. Per la produzione locale viene utilizzato il negramaro, il nostro vitigno autoctono per eccellenza. Miscelare anonimi vini rossi e bianchi per ottenere un "vino dal colore rosato" e non il "vino rosato" era una deprecabile abitudine di produttori ormai si spera appartenenti al passato e che operavano senza scrupoli e contro legge. Bene. Questa netta distinzione era valida fino a ieri. Oggi invece sulla stampa si legge, purtroppo, che la Comunità Europea, in barba all'identità storica ed alla qualità del vino rosato, propone come possibile la suddetta miscelazione; siamo tristemente abituati a soluzioni bizzarre e scriteriate in ambito enogastronomico prospettate dalla Comunità Europea, ma tale assunto, riferito ad un prodotto come il vino rosato, che caratterizza un territorio, il Salento in particolare, è inopportuno ed inammissibile. Il vino rosato rappresenta per noi salentini un prodotto tipico sul quale molte aziende vitivinicole puntano per ottenere successo nell'ambito dei mercati internazionali; una scelta aziendale che ha anche portato al conseguimento di numerosi e prestigiosi riconoscimenti nelle maggiori fiere di settore. Occorre opporsi, pertanto, con forza e unità, ciascuno secondo le proprie competenze, a tale orientamento comunitario e salvaguardare, facendo fronte unico, il procedimento di produzione del rosato "di qualità". Difendere il rosato, infatti, significa difendere il Salento, la sua identità e la sua economia. Alfredo PRETE * Presidente Camera di Commercio Lecce |
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