Dalla
Gazzetta del Mezzogiorno e dal Quotidiano di Lecce di Mercoledì 30 Gennaio
2002
Gazzetta
del Mezzogiorno
Non
è ancora certa la natura dell'incendio sviluppatosi ieri nella nota
azienda di gelati. Ferito uno dei vigili del fuoco
Inferno
di fuoco nel parco mezzi dell'Alaska
Esplodono
furgoni e banchi-frigorifero, danni per mezzo miliardo
VEGLIE
- «E'
un inferno di cristallo: bruciano furgoni ed esplodono i banco-frigo».
Nelle parole di un vigile del fuoco c'è la portata dell'incendio che
ieri sera ha distrutto il parco mezzi dell'Alaska, la fabbrica di gelati
situata sulla Veglie-Torre Lapillo. I danni (coperti da assicurazione)
si aggirano intorno al mezzo miliardo.
L'incendio è divampato intorno alle 17.30. Sulle cause i vigili del
fuoco non si pronunciano. Si propende per il corto circuito, ma non si
esclude ancora la mano dolosa.
Le fiamme sono partite da uno dei sedici furgoni allineati uno accanto
all'altro sotto una tettoia, realizzata un anno fa per ricavare un
deposito nel perimetro dello stabilimento. Probabilmente si sono
sviluppate dall'unico mezzo che era collegato all'impianto elettrico per
mantenere costante la temperatura delle celle frigorifero. Dopo la prima
scintilla, l'incendio è divampato in maniera impressionante. Uno dopo
l'altro tutti e sedici di furgoni sono stati avvolti dalle fiamme che
non hanno risparmiato neppure i 30 banchi-frigorifero ed un tagliaerba.
Così, quando le prime squadre dei vigili del fuoco sono giunte sul
posto, allertate dalla telefonata della nipote del titolare, si è
presentata loro una scena apocalittica: tutti i mezzi in fiamme ed uno
alla volta i banchi-frigo cominciavano ad esplodere. Una minaccia per
gli stessi vigili: alcuni pezzi, infatti, sono stati recuperati a circa
venti metri di distanza.
Dalle 17.30 alle 21 i pompieri hanno lavorato ininterrottamente e alle
squadre giunte da Lecce si sono affiancate anche quelle di Gallipoli. In
tutto sono scesi in campo 18 vigili e sei autobotti. Uno dei vigili è
rimasto ferito a causa di una contusione alla spalla.
«Escludo l'origine dolosa - spiega Ernesto Guarini, amministratore
dell'azienda di gelati - Non abbiamo mai ricevuto richieste estorsive o
minacce. Potrebbe essere un corto circuito partito dall'unico automezzo
che era collegato all'impianto elettrico».
Sul posto sono intervenuti anche i carabinieri della Compagnia di Campi
che hanno avviato le indagini. Questa mattina i tecnici dei vigili del
fuoco torneranno nello stabilimento per accertare le cause dell'incendio.
Quotidiano
di Lecce
Danni
per oltre 500 milioni di lire.
E
all'Alaska scoppiò l'inferno
Un enorme incendio si e sviluppato,
ieri pomeriggio, nel parcheggio retrostante l'industria alimentare "Alaska Snc" specializzato nella
produzione di gelati e surgelati, in via Bosco a Veglie. Erano da poco passate le 17 quando le fiamme si
sono improvvisamente propagate nel deposito allestito nell'ex campo sportivo dell'impresa, dove erano
parcheggiati 16 furgoni Daily Iveco, moltissimi frigoriferi allineati e un
grosso tagliaerba. I mezzi erano utilizzati per il trasporto e la vendita dei prodotti
della linea "Freddocasa", presente sul mercato della provincia di Lecce dal '96. «L'ultimo parcheggio era stato
effettuato alle 16.45 - racconta Vito, di Salice, dipendente della ditta sino ad
un paio di anni fa - io mi trovavo sul posto, era tutto tranquillo». Poi,
alle 17.15 il rogo, terribile, che ha distrutto tutto in pochi minuti tra lo
stupore dei presenti e soprattutto dell'amministratore della società,
Ernesto Guarini, 75enne di Veglie, e del suo braccio destro, il genero Giovanni
Manta che abitano a pochi metri di distanza dal deposito.
«E'
stata mia nipote, Maria Guarini, ad accorgersi per prima dell'accaduto -
racconta il signor Ernesto, che guida 1'Alaska dalla sua fondazione, nel '63 - lei abita con
la famiglia alle spalle del parcheggio ed ha notato una colonna di fumo
scuro levarsi all'improvviso. Così mi ha chiamato e quando sono corso a vedere...». L'uomo non ha parole,
fa cenno con la mano ai mezzi completamente distrutti, un ammasso di
ferraglie in fumo sotto la lamiera che copre il deposito, piegata anch'essa
dal fuoco.
Sul
posto sono intervenuti i vigili del fuoco di Lecce con quattro mezzi ed i colleghi del distaccamento di
Gallipoli con un'altra autobotte. Sono passate più di due ore prima che
le fiamme fossero spente del tutto e per poco si è sfiorata la tragedia.
Si temevano infatti delle deflagrazioni a catena innescate dal gas
refrigerante contenuto nelle celle frigorifere di cui i camion erano
muniti. Per questo sono giunti anche gli operatori della Protezione Civile "SerVeglie" con la
loro ambulanza, ma fortunatamente non ci sono stati feriti. Solo spavento
e danni, ingenti. Ammonterebbero a circa 500milioni di lire ma si tratta di una stima
approssimativa.
«Occorrerà
accertare quali mezzi sono andati persi - precisa il dottor Manca - se sono vecchi o meno.
Alcuni, ad esempio, erano stati acquistati di recente». Esclusa, al momento, la
matrice dolosa del rogo originato, piuttosto, pare, da un corto circuito sviluppatosi all'interno
dell'unico furgone attivo nel periodo invernale. Gli altri infatti, quelli
bruciati ed altri sedici circa parcheggiati in un secondo deposito, in questo
periodo dell'anno sono fermi. Solo l'impianto di refrigerazione del camion in funzione, al cui
interno si trovavano alimenti per un valore di 20-30 milioni di lire, era
stato collegato alla presa di corrente esterna per provvedere al raffreddamento
del vano frigorifero. I carabinieri indagano.
di
Fabiana Pacella
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Dalla
Gazzetta del Mezzogiorno e dal Quotidiano di Lecce del 31 Gennaio 2002
Gazzetta
del Mezzogiorno
Sopralluogo
di carabinieri e Vigili del fuoco
Incendio
all'Alaska: Incidente o dolo?
VEGLIE
- Il
giorno dopo l'incendio all'Alaska, si indaga per scoprire la natura
dell'incendio. L'ipotesi più accreditata resta quella dell'incidente.
Ma non si trascura la pista che conduce all'origine dolosa.
Ieri mattina vigili del fuoco e carabinieri sono tornati nello
stabilimento dell'Alaska. Il sopralluogo è servito per accertare od
escludere la presenza di tracce che possano orientare le indagini da una
parte o dall'altra. I controlli fra le carcasse incenerite dei sedici
furgoni e dei trenta banco-frigo non hanno consentito di rilevare la
presenza di alcun oggetto strano: nessuna tanica, nessuna bottiglia che
potesse aver contenuto combustibile. Resta dunque l'ipotesi che
l'incendio si sia sviluppato a causa di un corto circuito nell'impianto
elettrico al quale era stata collegata la cella frigorifera di un
furgone. Del resto l'incendio si è sviluppato proprio al centro della
colonna di furgoni, allineati uno accanto all'altro sotto la tettoia
utilizzata come deposito.
Il giorno dopo è servito anche per stilare un bilancio più preciso dei
danni: sarebbero ben al di sopra del mezzo miliardo. Fortunatamente, però,
sono coperti da assicurazione.
Nonostante non siano state riscontrate tracce di combustibile, i
carabinieri della Compagnia di Campi non escludono che dietro l'episodio
possa esserci un'origine dolosa, non necessariamente finalizzata a
richieste estorsive. Ed è su questo fronte che adesso si stanno
puntando le indagini.
Quotidiano
di Lecce
Vigili
al lavoro sulla dinamica dell'incendio di martedì nell'azienda
Dopo
il fuoco, i dubbi
Due
sopralluoghi per chiarire le cause
Proseguono le indagini
per stabilire con esattezza le cause del temibile incendio che martedì pomeriggio ha
letteralmente distrutto sedici furgoni, trenta frigoriferi ed un tagliaerba
della ditta produttrice di gelati e surgelati "Alaska" in via Bosco a Veglie, di proprietà di
Ernesto Guarini, 75enne del posto.
Permangono infatti ancora
molti dubbi circa la dinamica del rogo, ma al momento la versione fornita
dagli inquirenti parla di un probabile corto circuito partito da uno dei camion
parcheggiati a schiera alle spalle dello stabilimento, il cui impianto refrigerante era in fase
di caricamento. Un primo sopralluogo è stato effettuato ieri mattina dai
carabinieri e dai vigili del fuoco di Lecce, intervenuti martedì, per fare il punto
della situazione ma di certo può dirsi solo che i danni ammontano a quasi 500
milioni di lire e non sono assolutamente coperti da polizza assicurativa, come era stato invece detto in
un primo momento.
Resta però da
chiarire come sia possibile che le fiamme abbiano lambito e ridotto in cenere tanti mezzi
in meno di un'ora. Questi infatti sarebbero i tempi del disastro, considerando
che alle 16.30 un dipendente della società ha collegato l'impianto di
raffreddamento del furgone centrale alla presa di corrente e mezz'ora dopo un
collega si è accorto che il mezzo bruciava. Alle 17.25 poi la telefonata ai
vigili del fuoco da parte di Maria Celeste Guarini, nipote del signor Ernesto,
che ha dato l'allarme. «Non eravamo ancora giunti sul posto - spiega
Giuseppe Calò, caposquadra dei pompieri intervenuti - che ho notato
una colonna di fumo molto densa ed ho capito la gravità della situazione. Pertanto
ho subito chiesto l'ausilio di un'unità dei colleghi di Gallipoli».
L'incendio però aveva
già ridotto tutto ad un ammasso di
ferraglie, velocemente, poiché i furgoni erano prevalentemente in vetroresina,
materiale altamente infiammabile come anche gli olii e il gas refrigerante
contenuto al loro interno. «Certo, sono materiali che bruciano in fretta - spiega Calò -
e gli scoppi a catena dei pneumatici e del gas impedivano a chiunque di
avvicinarsi».
Circa
la possibile matrice dolosa «non sono state trovate tracce di liquido infiammabile -
ammette il caposquadra - ed è come dire che manca il corpo del reato. Ma le
indagini sono tuttora in corso». Questa mattina, infatti è previsto un secondo
sopralluogo tecnico.
di
Fabiana Pacella
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