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"Fernando" -  14 aprile 2007  

"Una" Processione per  Tutti

E’ stato verso la metà del mese di marzo che è cominciata a circolare la voce che il vescovo, mons. Rocco Talucci, avrebbe emanato un decreto con il quale sarebbe stata cancellata definitivamente, e già da quest’anno, la processione della mattina del Sabato Santo della Parrocchia SS. Rosario di Veglie (insieme a molti altri riti presenti in diverse parrocchie della diocesi di Brindisi-Ostuni).

Il primo pensiero mi ha portato ad immaginare una “rivolta popolare” che di lì a pochi giorni sicuramente avrebbe acceso i fedeli vegliesi. Una “giusta rivolta” mi sono detto.

Per fortuna, dietro suggerimento delle comunità parrocchiali vegliesi, il vescovo ha concesso per quest’ultimo anno la possibilità di effettuare la processione e poi, durante il corso del prossimo anno, far maturare nei fedeli l’idea della sua soppressione.

 

Premetto che non sono un assiduo frequentatore di Chiese e Riti Liturgici vari e pertanto non avrei titolo a discutere sull’argomento. Ma alcune riflessioni fatte in questi giorni mi portano ad esprimere personali considerazioni.

 

Partiamo prima di tutto dal fatto che, molto spesso, siamo affascinati dall’esotico, dalle culture lontane e diverse dalla nostra e che, di conseguenza, cerchiamo di documentarci per saperne di più.

Ecco quindi che durante il Ramadam dei musulmani siamo curiosi di ascoltare i giornali e le tv che ne parlano spiegandocene i motivi per il quale si fa, il perché si fa, come si fa ecc. ecc. Tutti poi sappiamo che lo Shabbath (sabato) ebraico è un giorno durante il quale gli ebrei cessano ogni attività e anche di questa festività non manca occasione di leggere spiegazioni e quant’altro. Si rimane sempre colpiti e affascinati dalla simbologia delle altre religioni, dall’intensità con cui i credenti praticano queste religioni. La stessa cosa non succede, da parte nostra, verso la nostra stessa religione. Spesso non capiamo, e neanche ci chiediamo, i significati dei gesti, dei simboli e di tutto quello che ruota attorno a una celebrazione liturgica. E questo accade anche per quanto riguarda i “Riti della Settimana Santa”. Forse questo discorso non vale per tutti, ma solo per pochi. Io, per adesso, mi ritrovo fra quei pochi.

 

Dopo alcuni anni che non lo facevo, quest’anno, la sera del Giovedì Santo, ho voluto fare il giro dei “Sepolcri” e visitare le Chiese. Ed ecco che, per me, sono cominciate le prime sorprese. Mi dicono infatti che il Giovedì non ci sono ancora i "Sepolcri" ma "l'Altare della Deposizione"  perché Gesù non è ancora morto.

Vado per visitare anche la chiesa della Madonna delle Grazie e quella di San Francesco ma le trovo chiuse. Altra sorpresa. Mi spiegano che la “Coena Domini” e “l’Adorazione del SS.mo Sacramento” è permessa solo nelle Parrocchie e non nelle varie cappelle e ciò per non distogliere i fedeli da questi momenti di raccoglimento.

E così via per tutta la serata. Ad ogni cosa che mi sembrava diversa da quello che ricordavo, mi veniva spiegato il perché del cambiamento. E anche di molti altri “soliti” gesti o simboli che sembravano talmente naturali da non farci più caso, mi veniva data una spiegazione.

Dopo questa piccola esperienza, tutto aveva preso un'altra luce.

Interessante è stato, in questo senso, l’incontro di qualche giorno fa con Andrea Crastolla, musicista e membro dell'ufficio Liturgico Diocesano per la musica sacra, durante il quale, discutendo di come deve essere o non deve essere la musica durante una funzione liturgica, sono venuti fuori tanti altri aspetti dei quali personalmente ignoravo ogni minimo significato.

 

Tutte queste sensazioni mi hanno portato a riflettere sulla Processione del mattino del Sabato Santo e sui motivi che hanno indotto ad eliminarla; a chiedermi se ciò è giusto oppure no; se quella “giusta rivolta” di cui pochi giorni prima ero convinto, non fosse invece una cosa del tutto sbagliata.

 

La processione del Venerdì Santo, la via Crucis, è uno dei momenti più intensi di tutto l’anno liturgico. E’ un rito che deve essere condiviso da tutti i fedeli contemporaneamente per potersi sentire veramente uniti  nella passione di Cristo.

E allora, per quale motivo dividere i fedeli in “fazioni” diverse ognuna delle quali impegnata a celebrare per proprio conto un momento così intenso? Non è forse più giusto unirsi tutti insieme e accompagnare Gesù al suo Calvario? Oppure ogni parrocchia deve sentirsi libera di fare una propria processione  rischiando quindi di assistere ad una "puntata" di via Crucis per ogni parrocchia?

 

Non è così… Non deve essere così… Il Sabato Santo è il giorno del grande silenzio, ed i cristiani sono invitati ad un raccoglimento interiore per essere preparati alla Veglia pasquale.

Occorre perciò già da adesso cominciare a pensare ad una vera collaborazione tra le parrocchie vegliesi per realizzare un’unica via Crucis e dare ai fedeli un unico punto di riferimento. Queste occasioni così solenni devono essere vissute in maniera totalmente collettiva e devono far sentire i fedeli come parte di un unico corpo.

 

Si potrebbe obiettare e dire che in molti paesi il sabato c’è la processione, ma non è proprio così. Si tratta in realtà dell’unica processione che esce il venerdì e che, facendo il giro di tutte le parrocchie, rientra alle prime ore del sabato. Dopo di che è il silenzio. Non si tratta quindi di una seconda processione.

 

Ho letto gli interventi sull’argomento fatti su veglieonline dal dott. Nicola Gennachi e da Mino Mattia. E’ vero. La processione del Sabato mattina è molto sentita e numerosi sono i fedeli che partecipano.

Ma questa seconda processione ha un suo significato religioso?

Oppure, è invece permeata inconsciamente da un pizzico di campanilismo parrocchiale?

Una massima recita “A pensare male si fa peccato, ma spesso si indovina” e allora viene da chiedersi se non è stata forse la “rivalità” tra parrocchie a far nascere questa processione molti e molti anni fa.

 

Ho sempre apprezzato tutti gli interventi di Mino fatti su veglieonline. In questa occasione però voglio esprimere il mio dissenso su quello che ha scritto o meglio sul tono con cui lo ha fatto.

E’ forse quello descritto, lo spirito con cui si deve partecipare ad una processione così intensa come quella sella Settimana Santa?

Nell'intervento si legge:

“Uscimmo per primi, otto maestosi soldati romani, fieri dei propri 17 anni, superiori a qualsiasi risata di scherno…”

Non si capisce bene se si era lì per condividere, pur nella parte di soldati romani, la Passione di Cristo o per dimostrare di essere capaci di stare lì alle 3 del mattino...
[...]
“…un fiume di gente silenziosa in attesa della processione del mattino, la SUA processione, la NOSTRA processione…”

"La nostra processione"(?!)  Si ha l'impressione che ci si appropri di un "Mistero" che appartiene a tutti i Fedeli per farlo diventare un evento privato...
[...]
“La processione del Venerdì Santo la lascio volentieri alle Autorità, ma vorrei che le autorità mi lasciassero la processione del Sabato Santo”

Se questo è il ragionamento che bisogna fare allora lasciamo che ognuno si faccia la propria Via Crucis quando più fa comodo...

Per concludere mi piace riportare qui di seguito un passo tratto da “La segnaletica del Calvario” dagli scritti di don Tonino Bello:

"La freccia della comunione"

"Al Golgota si va in corteo, come ci andò Gesù. Non da soli. Pregando, lottando, soffrendo con gli altri. Non con arrampicate solitarie, ma solidarizzando con gli altri che, proprio per avanzare insieme, si danno delle norme, dei progetti, delle regole precise, a cui bisogna sottostare da parte di tutti. Se no, si rompe qualcosa. Non il cristallo di una virtù che, al limite, con una confessione si può anche ricomporre. Ma il tessuto di una comunione che, una volta lacerata, richiederà tempi lunghi per pazienti ricuciture. Il Signore ci conceda la grazia di discernere, al momento giusto, sulla circonvallazione del Calvario, le frecce che segnalano il percorso della Via Crucis. Che è l’unico percorso di salvezza.”

 

Dopo queste bellissime parole non si può aggiungere niente altro se non il desiderio di poter capire il significato dei simboli, dei gesti, delle parole che “vivono” nella Chiesa ed essere così in grado di apprezzare i cambiamenti e, quando occorre, anche di criticare gli stravolgimenti eccessivi.

Fernando

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