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Cecilia Capoccia  - 19 giugno 2008

Giustizia e galline ovaiole

Alla fiera di San Francesco che si svolge a giugno a Veglie, ho comprato tre galline ovaiole, affezionata al ricordo puerile dell'uovo fresco della mattina; leggendo poi su Magazine, inserto del Corriere della Sera del 12 giugno, un articolo di Pietro Calabrese, mi colpisce il titolo "mafia e galline ovaiole"; non posso fare a meno di leggerlo.

Il contenuto dell'articolo è il seguente: Giuseppe Ayala, 63 anni, ha passato diciannove anni di questi sotto scorta, giorno e notte. Nell'aprile del 1987 è stato il pubblico ministero al maxiprocesso alla mafia svolto a Palermo, che si concluse con la condanna di Riina e Provenzano (allora latitanti), e di Michele Greco e Pippo Calò e di 471 mafiosi; furono inflitte in quell'occasione 19 ergastoli e un totale complessivo di duemila anni di galera.

Dopo qualche anno Giuseppe Ayala, sempre sotto scorta, lascia la magistratura e viene eletto al Parlamento e per quindici anni lavora all'interno di esso, divenendo sottosegretario alla giustizia nel primo governo Prodi.

Chiusa la carriera politica, dopo un curriculum come il suo, ci si chiede cosa faccia ora. E' consigliere della Corte d'Appello dell'Aquila e si occupa tra l'altro di furti di galline ovaiole. Questo è ciò che racconta lui stesso nel libro appena uscito edito dalla Mondadori "Chi ha paura muore ogni giorno, i miei anni con Falcone e Borsellino".

 

Dei quattro giudici del maxiprocesso, Falcone e Borsellino sono stati ammazzati, Mimmo Signorino si è suicidato perchè stressato dall'incubo di intercettazioni (risultate poi inesistenti) e il quarto Ayala, è stato mandato ad occuparsi delle galline ovaiole.

In questo periodo per i fatti di cronaca sulla giustizia che stiamo vivendo, non c'è da aggiungere altro!

Cecilia Capoccia