Manifesto degli
scienziati antirazzisti 2008 |
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Capire le
differenze, valorizzare le diversità
Di razza ce n’è una
sola
Quella umana |
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Le razze umane non esistono. L’esistenza
delle razze umane è un’astrazione derivante da una cattiva
interpretazione di piccole differenze fisiche fra persone, percepite dai
nostri sensi, erroneamente associate a differenze “psicologiche” e
interpretate sulla base di pregiudizi secolari. Queste astratte
suddivisioni, basate sull’idea che gli umani formino gruppi
biologicamente ed ereditariamente ben distinti, sono pure invenzioni da
sempre utilizzate per classificare arbitrariamente uomini e donne in
“migliori” e “peggiori” e quindi discriminare questi ultimi (sempre i
più deboli), dopo averli additati come la chiave di tutti i mali nei
momenti di crisi.
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L’umanità, non é fatta di grandi e
piccole razze. È invece, prima di tutto, una rete di persone collegate.
È vero che gli esseri umani si aggregano in gruppi d’individui, comunità
locali, etnie, nazioni, civiltà; ma questo non avviene in quanto hanno
gli stessi geni ma perché condividono storie di vita, ideali e
religioni, costumi e comportamenti, arti e stili di vita, ovvero
culture. Le aggregazioni non sono mai rese stabili da DNA identici; al
contrario, sono soggette a profondi mutamenti storici: si formano, si
trasformano, si mescolano, si frammentano e dissolvono con una rapidità
incompatibile con i tempi richiesti da processi di selezione genetica.
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Nella specie umana il concetto di razza
non ha significato biologico. L’analisi dei DNA umani ha dimostrato che
la variabilità genetica nelle nostra specie, oltre che minore di quella
dei nostri “cugini” scimpanzé, gorilla e orangutan, è rappresentata
soprattutto da differenze fra persone della stessa popolazione, mentre
le differenze fra popolazioni e fra continenti diversi sono piccole. I
geni di due individui della stessa popolazione sono in media solo
leggermente più simili fra loro di quelli di persone che vivono in
continenti diversi. Proprio a causa di queste differenze ridotte fra
popolazioni, neanche gli scienziati razzisti sono mai riusciti a
definire di quante razze sia costituita la nostra specie, e hanno
prodotto stime oscillanti fra le due e le duecento razze.
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È ormai più che assodato il carattere
falso, costruito e pernicioso del mito nazista della identificazione con
la “razza ariana”, coincidente con l’immagine di un popolo bellicoso,
vincitore, “puro” e “nobile”, con buona parte dell’Europa, dell’India e
dell’Asia centrale come patria, e una lingua in teoria alla base delle
lingue indo-europee. Sotto il profilo storico risulta estremamente
difficile identificare gli Arii o Ariani come un popolo, e la nozione di
famiglia linguistica indo-europea deriva da una classificazione
convenzionale. I dati archeologici moderni indicano, al contrario, che
l’Europa è stata popolata nel Paleolitico da una popolazione di origine
africana da cui tutti discendiamo, a cui nel Neolitico si sono
sovrapposti altri immigranti provenienti dal Vicino Oriente. L’origine
degli Italiani attuali risale agli stessi immigrati africani e
mediorientali che costituiscono tuttora il tessuto perennemente vivo
dell’Europa. Nonostante la drammatica originalità del razzismo fascista,
si deve all’alleato nazista l’identificazione anche degli italiani con
gli “ariani”.
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È una leggenda che i sessanta milioni di
italiani di oggi discendano da famiglie che abitano l’Italia da almeno
un millennio. Gli stessi Romani hanno costruito il loro impero
inglobando persone di diverse provenienze e dando loro lo status di
cives romani. I fenomeni di meticciamento culturale e sociale, che hanno
caratterizzato l’intera storia della penisola, e a cui hanno partecipato
non solo le popolazioni locali, ma anche greci, fenici, ebrei, africani,
ispanici, oltre ai cosiddetti ”barbari”, hanno prodotto l’ibrido che
chiamiamo cultura italiana. Per secoli gli italiani, anche se dispersi
nel mondo e divisi in Italia in piccoli Stati, hanno continuato a
identificarsi e ad essere identificati con questa cultura complessa e
variegata, umanistica e scientifica.
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Non esiste una razza italiana ma esiste
un popolo italiano. L’Italia come Nazione si é unificata solo nel 1860 e
ancora adesso diversi milioni di italiani, in passato emigrati e spesso
concentrati in città e quartieri stranieri, si dicono e sono tali. Una
delle nostre maggiori ricchezze, è quella di avere mescolato tanti
popoli e avere scambiato con loro culture proprio “incrociandoci”
fisicamente e culturalmente. Attribuire ad una inesistente “purezza del
sangue” la “nobiltà” della “Nazione” significa ridurre alla omogeneità
di una supposta componente biologica e agli abitanti dell’attuale
territorio italiano, un patrimonio millenario ed esteso di culture.
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Il razzismo é contemporaneamente omicida
e suicida. Gli Imperi sono diventati tali grazie alla convivenza di
popoli e culture diverse, ma sono improvvisamente collassati quando si
sono frammentati. Così é avvenuto e avviene nelle Nazioni con le guerre
civili e quando, per arginare crisi le minoranze sono state prese come
capri espiatori. Il razzismo é suicida perché non colpisce solo gli
appartenenti a popoli diversi ma gli stessi che lo praticano. La
tendenza all’odio indiscriminato che lo alimenta, si estende per
contagio ideale ad ogni alterità esterna o estranea rispetto ad una
definizione sempre più ristretta della “normalità”. Colpisce quelli che
stanno “fuori dalle righe”, i “folli”, i “poveri di spirito”, i gay e le
lesbiche, i poeti, gli artisti, gli scrittori alternativi, tutti coloro
che non sono omologabili a tipologie umane standard e che in realtà
permettono all’umanità di cambiare continuamente e quindi di vivere.
Qualsiasi sistema vivente resta tale, infatti, solo se é capace di
cambiarsi e noi esseri umani cambiamo sempre meno con i geni e sempre
più con le invenzioni dei nostri “benevolmente disordinati” cervelli.
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Il razzismo discrimina, nega i
collegamenti, intravede minacce nei pensieri e nei comportamenti
diversi. Per i difensori della razza italiana l’Africa appare come una
paurosa minaccia e il Mediterraneo è il mare che nello stesso tempo
separa e unisce. Per questo i razzisti sostengono che non esiste una
“comune razza mediterranea”. Per spingere più indietro l’Africa gli
scienziati razzisti erigono una barriera contro “semiti” e “camiti”, con
cui più facilmente si può entrare in contatto. La scienza ha chiarito
che non esiste una chiara distinzione genetica fra i Mediterranei
d’Europa (Occidentali) da una parte gli Orientali e gli Africani
dall’altra. Sono state assolutamente dimostrate, dal punto di vista
paleontologico e da quello genetico, le teorie che sostengono l’origine
africana dei popoli della terra e li comprendono tutti in un’unica
razza.
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Gli ebrei italiani sono
contemporaneamente ebrei ed italiani. Gli ebrei, come tutti i popoli
migranti ( nessuno é migrante per libera scelta ma molti lo sono per
necessità) sono sparsi per il Mondo ed hanno fatto parte di diverse
culture pur mantenendo contemporaneamente una loro identità di popolo e
di religione. Così é successo ad esempio con gli Armeni, con gli stessi
italiani emigranti e così sta succedendo con i migranti di ora:
africani, filippini, cinesi, arabi dei diversi Paesi , popoli
appartenenti all’Est europeo o al Sud America ecc. Tutti questi popoli
hanno avuto la dolorosa necessità di dover migrare ma anche la fortuna,
nei casi migliori, di arricchirsi unendo la loro cultura a quella degli
ospitanti, arricchendo anche loro, senza annullare, quando é stato
possibile, né l’una né l’altra.
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L’ideologia razzista é basata sul timore
della “alterazione” della propria razza eppure essere “bastardi” fa
bene. È quindi del tutto cieca rispetto al fatto che molte società
riconoscono che sposarsi fuori, perfino con i propri nemici, è bene,
perché sanno che le alleanze sono molto più preziose delle barriere. Del
resto negli umani i caratteri fisici alterano più per effetto delle
condizioni di vita che per selezione e i caratteri psicologici degli
individui e dei popoli non stanno scritti nei loro geni. Il
“meticciamento” culturale é la base fondante della speranza di progresso
che deriva dalla costituzione della Unione Europea. Un’Italia razzista
che si frammentasse in “etnie” separate come la ex-Jugoslavia sarebbe
devastata e devastante ora e per il futuro.
Le conseguenze del razzismo sono infatti epocali: significano perdita di
cultura e di plasticità, omicidio e suicidio, frammentazione e implosione
non controllabili perché originate dalla ripulsa indiscriminata per chiunque
consideriamo “altro da noi”.
Enrico Alleva, Docente di Etologia, Istituto
Superiore di Sanità, Roma
Guido Barbujani, Docente di Genetica di popolazioni, Università Ferrara
Marcello Buiatti, Docente di Genetica, Università di Firenze
Laura dalla Ragione, Psichiatra e psicoterapeuta, Perugia
Elena Gagliasso, Docente di Filosofia e Scienze del vivente, Università La
Sapienza, Roma
Rita Levi Montalcini, Neurobiologa, Premio Nobel per la Medicina
Massimo Livi Bacci, Docente di demografia, Università di Firenze
Alberto Piazza, Docente di Genetica Umana, Università di Torino
Agostino Pirella, Psichiatra, co-fondatore di Psichiatria democratica,
Torino
Francesco Remotti, Docente di Antropologia culturale, Università di Torino
Filippo Tempia, Docente di Fisiologia, Università di Torino
Flavia Zucco, Dirigente di Ricerca, Presidente Associazione Donne e
Scienza, Istituto di Medicina molecolare, CNR , Roma
per firmare:
http://www.regione.toscana.it/regione/opencms/RT/sito-RT/MenuUtility/SanRossore-Firma-Manifesto-Antirazzismo
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