Indice Generale                                           Lettere Indice Lettere

"Giovanni Caputo” - 16 agosto 2008

Il silenzio del PD e la fuga delle responsabilità
 

Nel dibattito, sul nascente sansificio, presente su veglie-news e su veglie-online, emerge un gruppo di persone curiose ed interessate a sapere di più su quando accade nel nostro territorio.

Questa curiosità, alimentata dall’impegno civile dei rispettivi siti, è foriera di consapevolezza civica e di crescita sociale. Solo dalla circolazione delle idee si potrà così passare alla proposizione di soluzioni che, invece di essere prese nel chiuso del palazzo, saranno verificate e condivise da tutti i cittadini interessati alla tutela dell’ambiente. Infatti, su proposta della direzione di veglie-online, è nato un comitato per l’ambiente, che sta cercando di coinvolgere intorno alla vicenda le popolazioni dei comuni limitrofi. Ciò che i siti, presenti a Veglie, stanno offrendo è un lavoro lodevole che merita la massima attenzione. Loro sono i nuovi strumenti della comunicazione e hanno l’opportunità di informare quanti non sarebbero disposti ad ascoltare, qualora l’iniziativa fosse presa da altri. E in questa, come in altre occasioni, non si stanno tirando indietro. L’opposizione presente nelle istituzioni e la rete, piaccia o non piaccia, stanno supplendo alla fuga delle responsabilità e al silenzio del Partito Democratico, che non ritiene di aver nulla da dire su una vicenda così articolata e complessa come la costruzione di un sansificio a Veglie.

Ne possono essere di conforto altri assordanti silenzi locali, come quello: dell’Idv, dei Verdi, di Rifondazione Comunista, dei Comunisti italiani, della Sinistra Democratica, che certificano la morte della politica.

Il centro-sinistra e la sinistra radicale, sui possibili saccheggi delle risorse non rinnovabili: suolo, aria, acqua, salute, non possono distrarsi. Dinanzi a decine di aziende agricole preoccupate della loro attività produttive non possono distrarsi. Verso l’impresa che utilizza i posti di lavoro come arma di ricatto, inscenando teatrali occupazioni municipali, non possono distrarsi. Né possono distrarsi verso l’operato di assessori subalterni a logiche bottegaie.
La crescita, ammesso che si stia parlando di corrette attività imprenditoriali, basata sul degrado ambientale, sullo sfruttamento di esigue risorse naturali come l’acqua e sulla minaccia di centinaia di aziende agricole e di alcune attività agro-turistiche non è sostenibile. Ogni crescita deve essere inclusiva e a beneficiarne debbono essere proprio quei cittadini vegliesi che preoccupati della propria salute si organizzano in comitati e intervengono sempre più numerosi sui siti e sulla stampa. Non è pensabile, ne può funzionare che un’attività imprenditoriale possa comportare un peggioramento della situazione economica della maggior parte della popolazione.

L’opinione pubblica percepisce imbarazzi e furbizie e continuerà a percepire il PD sempre più distante e le urne rimarranno, ancora una volta e per chissà quanto tempo, vuote.

In molti vedranno in questo intervento: macchinazioni, strumentalizzazioni e tutto il bagaglio alimentato dal retro-pensiero, nessuno si sentirà coinvolto, molto continuerà come prima.

Mentre sarebbe necessario farsi coinvolgere dall’ampio schieramento sociale e politico, che pretende dai detentori delle concessioni tutte le garanzie di legalità, di trasparenza e di verifica a salvaguardia delle attività economiche e della salute dei cittadini. Ma questo in un altro tempo e in un altro paese.

Giovanni  Caputo

 

 

"Giovanni Caputo” - 30 agosto 2008

Le mani sulla città
 

La libertà d’impresa è un pilastro della nostra Costituzione e come ogni libertà va difesa, ma alcune riflessioni sono necessarie, poiché la difesa dei diritti dell’impresa non prescinde né dall’interesse collettivo né dal giudizio sull’uso che si fa di questi diritti.

Non si è ancora conclusa la vicenda “ Circonvallazione”, che ha visto ostacolare la realizzazione del ponte che ne completa la percorribilità, e l’impresa Panarese apre un altro fronte di scontro.

Ora questa stessa impresa, che molti vegliesi apprezzavano, sarebbe stata ancora apprezzata, qualora si fosse impegnata nell’indirizzare i propri investimenti verso la valorizzazione delle risorse presenti sul territorio, agendo da volano per l’economia e lo sviluppo del paese. Invece decide di costruire un’attività insalubre, (così sono considerati i sansifici) dal forte impatto ambientale e con grave minaccia della salute dei cittadini, della produzione agricola e del turismo rurale. Aggredisce lo spazio agrario sul territorio, in un luogo in cui dovrebbe nascere il parco del Negramaro.

La ricchezza, prodotta con la mungitura delle cave, viene utilizzata per la trasformazione, attraverso processi chimici insalubri, di un rifiuto come la sansa, in nocciolino e in olio vegetale. Quella ricchezza potrebbe essere reinvestita per riequilibrare il danno geologico, prodotto da una trentennale attività di scavo, con il pubblico riconoscimento dell’intera collettività, che si sentirebbe ripagata dei costi del dissesto morfologico del territorio; ma il business è altrove.

Le finalità presenti nell’atto costitutivo dell’Oil Salento prevedono anche la produzione di energia elettrica, pertanto il nocciolino e l’olio vegetale potrebbero essere utilizzati in seguito come combustibile per alimentare una centrale di energia elettrica.

L’impresa Panarese sarebbe potuta diventare punto di riferimento dell’intero panorama imprenditoriale di Veglie, se si fosse posta l’obiettivo di fare profitti attraverso il recupero delle cave e il sostegno alla vocazione produttiva del territorio. Sceglie, invece, un nuovo scontro con una comunità di 60 mila persone, che protesta, in quanto si sente minacciata per la propria salute, e teme di vedere ridotto il proprio territorio come quello campano. E’ difficile prevedere come andrà a finire, ma l’immagine di una certa maniera di fare impresa speculare a quella di fare politica, non ne esce trionfante.

Sono molti i vegliesi che si chiedono se esista un’imprenditorialità che rifiuti gli affari, quando questi rappresentano una minaccia per la salute dei cittadini, anche se dovessero essere consentiti dalla legge. O dinanzi ai soldi tutto può essere consentito? Allora uno realizza manufatti abusivi, perché intravede dei profitti, poi chiede un’autorizzazione in sanatoria, qualcuno gliela concede e la cosa è fatta. Se si revoca l’autorizzazione, l’impresa minaccia di richiedere colossali indennizzi. E’ successo una priva volta, è successo una seconda volta, succederà ancora?

Quello di cui si ha bisogno sono: coperture politiche e consulenze legali, il resto va da sé.

Questo l’opinione pubblica lo ha percepito; se la politica cerca giustificazioni, risparmi il fiato, non se le beve nessuno.

Ma i cittadini di Veglie meritano di essere trattati come i napoletani? E il resto dell’imprenditoria locale non prova disagio a considerare impresa queste pratiche così tortuose, che alcuni imprenditori non si sognerebbero mai di attivare, mentre ad altri imprenditori non verrebbe mai consentito un trattamento così premuroso?

Considero l’impresa un soggetto importante nella produzione della ricchezza di un paese e, quando ho ricoperto cariche istituzionali, ho cercato di favorirne la crescita, realizzando progetti e intercettando fondi.

A Veglie esiste un’imprenditorialità di tutto rispetto: i fratelli Panarese non erano da meno, instancabili lavoratori sono partiti con poco e hanno realizzato una forte attività, hanno però dimenticato le loro origini e non si preoccupano della loro gente e del loro paese. Che peccato!

 

Giovanni  Caputo