Gli uomini che odiano le regole
In Italia le personalità che rappresentano le istituzioni, a cominciare dal Presidente del Consiglio, sentono il bisogno di modificare in corso le regole di controllo che sovrintendono ai loro comportamenti e alle scelte amministrative. Nel settembre del 2001 - Legge sul Falso in Bilancio - in poche settimane è riscritto l'articolo 2621 del Codice civile sui reati societari, garantendo l'impunità a chi li commette. Nel 2002 -Legge Cirami - per agevolare il trasferimento dei processi, viene presentato un ddl che reintroduce la formula del "legittimo sospetto". Nel 2005 è approvata la legge taglia-prescrizione - Legge Cirielli -. A seguire la Legge che abolisce l’appello in caso d’assoluzione -Legge Pecorella- e cosi via fino al Ddl sulle intercettazioni, che vede una mobilitazione della stampa senza precedenti contro la legge- bavaglio.
Segue un attacco continuo agli organi di garanzia costituzionale: “il Parlamento considerato come un orpello inutile, la Presidenza della Repubblica come un intralcio fastidioso, la Magistratura e i Giudici come nemici irriducibili.”
In questo clima, non passa giorno che ministri, sottosegretari e vari portavoce non propongano le stupidaggini più assurde e le ripetano con tale insistenza da sembrare utili e necessarie. Nei giorni scorsi il ministro dell’Economia ha sostenuto che urge cambiare l’art. 41 della Costituzione, “altrimenti la libertà d’impresa rimarrà per sempre una chimera, ostaggio d’uno Stato ficcanaso.” Applausi! Ma cosa dice l’art. 41?
Primo comma: «L’iniziativa economica privata è libera». Questa affermazione, per essere più chiara, di cosa avrebbe bisogno?
Passiamo al secondo comma: «Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana». Se questa parte venisse cambiata, che cosa dovrebbe affermare? “Che le imprese d’ora in poi saranno inutili o dannose? Che gli industriali devono esser liberi di brevettare giocattoli pericolosi, cibi avvelenati, auto inquinanti, ecomostri, farmaci nocivi? Che possono trasformare le loro fabbriche in altrettanti lager?”
Allora è al terzo comma che il Ministro pensa. Evidentemente non gli sta bene che il testo legislativo preveda: «La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali». Ma senza controlli, su cosa e come viene prodotto, come è possibile garantire la sicurezza dei cittadini? L’articolo proclama la piena libertà d’impresa purché non crei danni sociali, ma questo non deve piacere a Tremonti. Il Ministro “ignora volontariamente che si tratta delle finalità che riguardano il funzionamento del mercato in condizioni corrette di concorrenza, in un sistema di economia di mercato aperto”.
Si è entrati all’interno di un cortocircuito dove si va sfaldando la credibilità del sistema, che regola il contratto sociale e gli equilibri istituzionali. Da queste discussioni emerge una classe di governo incapace, che scarica sulla Costituzione e sulle istituzioni di garanzia la propria impotenza e, nello stesso tempo, cresce la convinzione della gente che alla politica sia permesso tutto, attraverso modifiche e deroghe delle norme.
Questo clima culturale, nel quale tutto è possibile se si posseggono potere e soldi, influenza negativamente l’intero paese sino ad arrivare a Veglie. Altrimenti come sarebbe possibile che l’Oil Salento non dia corso al decreto di demolizione, in seguito ad una sentenza del Consiglio di Stato, che annulla le concessioni in sanatoria? Quando i frantoiani, organizzati in consorzio, prenderanno in affitto il “megasansificio”, la concessione in sanatoria in zona agricola diventerà legittima? O sarà possibile ottenere una variante al Piano Urbanistico Generale? La politica pensa di poter sanare un “vulnus” ambientale contro il quale un intero territorio si è mobilitato, ricorrendo ai tribunali e vincendo? Come? E Perché ?
“L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali.”
Tutto questo è difficile da capire?
Cascione non ha avuto il tempo per approfondire questi temi e i “nostri” non penso che lo vogliano prendere come esempio da imitare. E’ stato un pessimo esempio e ne hanno combattuto i metodi. Una rivisitazione in senso imitativo del suo pensiero e delle sue azioni è quanto di peggio possa capitare a questo paese.
p.s. Abbiamo formulato delle domande alle quali bisognerebbe dare una risposta, perché rispondere è buona educazione.
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