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  Lorenzo Centonze - Lunedì 5 Aprile 2010

 

Autoreferenzialità della struttura amministrativa o della politica?

 

L’autoreferenzialità della struttura amministrativa trova la sua linfa nel garantismo sindacale. Fin qui nulla di nuovo poiché, come il comune di Veglie ha avuto occasione di sperimentare sulla propria pelle (in un passato non tanto remoto e mi aspetto anche in un futuro non troppo lontano), un governo locale difficilmente riesce a scalfire privilegi acquisiti a livello strutturale. Il problema, infatti, risiede proprio nel fatto che il mercato del lavoro “pubblico” soggiace solo marginalmente alle logiche del mercato del lavoro “privato”, e ciò principalmente perché il primo manca di un requisito fondamentale: la meritocrazia. Tale carenza, accompagnata da un elevato livello di garantismo, crea una struttura rigida, autoreferenziata e mediocre. Volendo citare il pensiero della scrittrice Ayn Rand: “La mediocrità non significa intelligenza media, significa intelligenza media che si oppone e invidia chi è migliore”.

Se così fosse, basterebbe che il governo centrale adottasse un nuovo archetipo di organizzazione della macchina amministrativa per risolvere o quanto meno mitigare il problema. In realtà però il governo di un paese è espressione della sua classe politica e come tale ne risulta influenzato. Ancor peggio, gli uomini che costituiscono quella classe politica sono essi stessi immagine e prodotto di una cultura politica, anch’essa autoreferenziale, spesso tramite la macchina amministrativa che rappresenta il volto umano dello Stato.

Il problema a questo punto mi sembra che si sposti su un gradino più elevato della semplice facciata e spesso (secondo il mio punto di vista) si insinua nel sistema di valori della società fino a divenire una consuetudine.

L’autoreferenzialità della politica si concretizza attraverso quella della pubblica amministrazione, oppure è la pubblica amministrazione che usa la politica per aumentare le proprie referenze?

Il concetto secondo me assume rilevanza civica poiché nella stragrande maggioranza dei casi la forza dei burocrati (secondo il pensiero di Max Weber: il potere degli uffici) risiede proprio nello svolgere le proprie funzioni in maniera clientelare, facendo spesso percepire al cittadino l’esercizio di un diritto come una prestazione di “favore”. Tale modus operandi trova naturalmente terreno fertile in un contesto in cui i cittadini risultano ignoranti, nel senso letterario del termine. Allo stesso modo però il sistema trova il proprio consenso perché il cittadino trasgredisce le regole della comunità.

L’unico antidoto risiede allora nell’educazione civica che si concretizza sia nella divulgazione della conoscenza, sia nel rispetto delle regole.

Fintanto però continueremo ad avere una guida selvaggia, a parcheggiare in divieto di sosta e più in generale a non avere senso dello stato, compagnie di burocrati continueranno a proliferare, anche sostenute da un ottimo ritorno elettorale.

 

Lorenzo Centonze

 

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