Leggi la Presentazione di veglie News

Indice Generale                                           Lettere Indice Lettere

  Mariarosaria De Bartolomeo (Assessore alla Cultura del Comune di Veglie) - Mercoledì 2 giugno 2010

 

2 GIUGNO 1946 – 2 GIUGNO 2010: FESTA DELLA REPUBBLICA

 

“…ricordatevi ogni giorno che sulla libertà bisogna vigilare, vigilare dando il proprio contributo alla vita politica…..”.

 

“ L’Italia è una Repubblica Democratica fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione” art. 1 della Costituzione.

 

È proprio l’art. 1 della Cost. a fissare, in modo solenne, il risultato del referendum popolare che il 2 giugno del 1946 chiamò al voto gli italiani tutti (per la prima volta anche le donne) per pronunciarsi  sulla forma di governo da dare al proprio Stato e per eleggere l’Assemblea Costituente che, a sua volta, avrebbe redatto il testo della nostra Costituzione.

Nonostante l’Italia uscisse dal ventennio fascista e da una guerra che l’aveva devastata, nonostante le non poche polemiche riguardanti la regolarità del referendum e le tante voci di brogli elettorali, oramai l’Italia e gli italiani avevano intrapreso da tempo il lungo, faticoso e irto percorso della democratizzazione e niente e nessuno l’avrebbe potuto fermare.

Dimostrazione eloquente ne era già il fatto che si fosse scelta una forma di consultazione popolare come il referendum, uno degli strumenti di democrazia diretta per antonomasia.

A nulla servirono, infatti, le strategie politiche dei monarchici che fecero abdicare, un mese prima del referendum, Vittorio Emanuele III a favore di Umberto II, figura più limpida e meno compromessa e che avrebbe potuto attirare le simpatie del popolo.

La notte del 12 giugno 1946 il governo si riunì su convocazione di De Gasperi, il quale aveva ricevuto in mattinata una lettera del re che si dichiarava pronto a rispettare la decisione del popolo solo dopo il giudizio definitivo della Corte di Cassazione (chiamata a pronunciarsi sulla regolarità del referendum) e sollevando questioni interpretative relativamente al raggiungimento del quorum dei votanti.

Intanto in Italia aumentavano le tensioni tra repubblicani e monarchici e crescenti erano le proteste di questi ultimi.

Il Consiglio dei Ministri stabilì che, preso atto del regime transitorio creatosi, le funzioni del Capo dello Stato sarebbero passate ope legis al Presidente del Consiglio. Così il re, additando tale decisione come un “gesto rivoluzionario” compiuto dal Governo lasciò l’Italia.

La partenza del re diede il via libera alla proclamazione della forma Repubblicana e la Corte di Cassazione stabilì che la proposizione “ la maggioranza degli elettori votanti” si dovesse interpretare come “ la maggioranza dei voti validi”.

Tuttavia non sarebbe giusto negare che i risultati referendari furono inferiori rispetto alle aspettative e soprattutto dall’analisi del voto risultò spiazzante la differenza di espressione di voto tra il nord Italia e il sud.

Fu evidente come il sud, nella stragrande maggioranza, si pronunciò a favore della monarchia, nella nostra Lecce i voti espressione della volontà repubblicana furono 147.376 contro i 449.253 dei monarchici, e tale forbice di differenza la ritroviamo in quasi tutti i paesi del sud.

Molti storici hanno ravvisato la spiegazione di tale spaccatura tra nord e sud nella differenza di modelli sociali e culturali, nella differenziazione sociale che poneva il sud in condizioni di analfabetismo di gran lunga superiori rispetto ad un nord già notevolmente sviluppato industrialmente ed economicamente.

Inoltre nel sud la guerra finì nel 1943. L’occupazione alleata, la ripresa del Regno del Sud e una notevole distanza geografica del fronte di guerra avevano favorito una certa ripresa del benessere e della tranquillità rispetto al nord che, invece, vide anni di occupazione tedesca e di lotte partigiane che vedevano schierate tra le loro fila, come  maggiori forze partiti apertamente repubblicani (Partito Comunista, Partito Socialista, movimento Giustizia e Libertà).

Così, tra tentativi vani dei monarchici di salvare il Sovrano, tra accuse di brogli elettorali, tra ricorsi alla Corte di Cassazione, tensioni delle parti e voglia dei repubblicani di riuscire a perseguire il loro sogno di un Italia unita, libera e democratica, il 18 giugno 1946 nacque la Repubblica Italiana.

 

Oggi, dopo 64 anni, a noi spetta il dovere di ricordare i “corsi e ricorsi storici” della nascita dello Stato in cui viviamo e del quale siamo cittadini, facendo tesoro della nostra cultura storico-politica e fermandoci a riflettere con spirito critico su ciò che oggi accade.

Ricordare a giovani e meno giovani che siamo parte e viviamo in una Repubblica che dal latino res-publica significa “cosa di tutti”, e che ogni cittadino ha il diritto dovere a far si che i diritti fondamentali di tutti vengano rispettati, che nessuno abbia diritti superiori per chi sa quale priorità acquisita, che governare il proprio Paese significa amministrare la “polis” per il bene di tutti, e che l’unica posizione da adottare dinnanzi a reati come la corruzione e la concussione da parte di soggetti che, sfruttano la loro posizione istituzionale per trarre propri profitti e vantaggi, è la condanna e la critica senza rischiare di scadere in generici e indistinti slogan che finiscono per lasciare il tempo che trovano.

Bisogna riflettere sul privilegio di cui godiamo vivendo in una democrazia il cui principio fondamentale è la separazione dei poteri, operare affinché tale separazione rimanga tale e il legislatore faccia le leggi, il giudice le applichi e al governo rimanga il potere esecutivo.

E’ necessario vigilare affinché nessuno di questi protagonisti invada il settore dell’altro, vigilare affinché decreti legge e decreti legislativi vengano utilizzati solo in casi di straordinaria necessità ed urgenza, perché proprio quando, anche un solo comma degli articoli della nostra Costituzione viene svilito e non rispettato, la democrazia inizia a vacillare e con lei la nostra libertà.

Non a caso Democrazia, dal greco démos-crátos significa “governo al popolo”. Spesso, però, tale “governo” può indurre i cittadini a perseguire i propri diritti individuali disinteressandosi alla sfera politica salvo che andando a votare di volta in volta, riducendo la politica non ad argomento di confronto ma solo ad un film da osservare come spettatori.

Sono proprio questi gli atteggiamenti di disinteresse che alimentano la convinzione di alcuni governi che il dissenso generi destabilizzazioni e che le voci fuori dai binari siano armi di istigazioni contro i governatori o, nei casi peggiori, contro i singoli governatori.

 

L’Onorevole Giuseppe Saragat, nel discorso tenuto all’Assemblea Costituente nella seduta del 26 giugno del 1946 così affermò: “ il 2 giugno del 1946 è stato il grande giorno del nostro destino…la vittoria della Repubblica è la sanzione di un passato funesto, è la certezza di un avvenire migliore. Ma questa vittoria ha un significato ancora più alto. Essa rappresenta il patto solenne stretto tra tutti gli Italiani di rispettare la legalità democratica. In questo patto, che vincola tutte le donne e tutti gli uomini della nostra terra, è il segreto dell’avvenire della Nazione. Senza l’adesione di tutto il popolo ai principi della democrazia politica, non soltanto non è possibile alcun progresso umano, ma le stesse conquiste tramandateci da secoli di storia sono insidiate e minacciate di rovina..”

 

L’Onorevole Piero Calamandrei durante il discorso ai giovani tenuto alla Società Umanitaria a Milano, il 26 gennaio 1955, affermò: “la libertà è come l’aria. Ci si accorge di quanto vale quando inizia a mancare, quando si sente quel senso di asfissia che gli uomini della mia generazione hanno sentito per vent’anni e che io auguro a voi giovani di non sentire mai. E vi auguro di non trovarvi mai a sentire questo senso di angoscia in quanto vi auguro di riuscire a creare voi le condizioni perché questo senso di angoscia non lo dobbiate provare mai, ricordatevi ogni giorno che sulla libertà bisogna vigilare, vigilare dando il proprio contributo alla vita politica…..”.

 

Buona festa della Repubblica cari concittadini.

 

Veglie, 2 giugno 2010

Assessore alla cultura

Mariarosaria De Bartolomeo