In occasione della Giornata della Memoria Un ricordo dei Bambini di Terezin
"I Bambini di Terezin"
di Anita Frankovà
DISEGNI DEI BAMBINI DI TEREZIN
L’educazione figurativa veniva organizzata nelle case dei bambini secondo un piano preciso. Le ore di disegno erano dirette dall’artista Friedl Dicker Brandejsovà. Il complesso dei disegni che si è riusciti a salvare e che fanno parte delle collezioni del Museo statale ebraico di Praga, comprende circa 4.000 disegni. I loro autori sono per la gran parte bambini dai 10 ai 14 anni. Utilizzavano i più vari tipi e formati della pessima carta di guerra, ciò che potevano trovare, spesso utilizzando i formulari già stampati di Terezin, le carte assorbenti. Per il lavoro figurativo i sussidi a disposizione non bastavano e i bambini dovevano prestarseli a vicenda. Sotto l’aspetto tematico i disegni si possono suddividere in due gruppi fondamentali: da una parte di disegni a tematica infantile, in cui i piccoli autori tornavano alla loro infanzia perduta. Disegnavano giocattoli, piatti pieni di cose da mangiare, raffiguravano l’ambiente della casa perduta. Disegnavano e dipingevano prati pieni di fiori e farfalle in fiore e farfalle in volo, motivi di fiaba, giochi di bambini. La maggior parte della collezione comprende questo tipo di disegni. Il secondo gruppo è formato da disegni con motivi del ghetto di Terezin. Raffigurano la cruda realtà in cui i bambini erano costretti a vivere. Qui incontriamo i disegni delle caserme di Terezin, dei blocchi e delle strade, dei baraccamenti di Terezin con i letti a tre piani, i guardiani. Ma i bambini disegnavano anche i malati, l’ospedale, il trasporto, il funerale o un’esecuzione. Nonostante tutto però i piccoli di Terezin credevano in un domani migliore. Espressero questa loro speranza in alcuni disegni in cui hanno raffigurato il ritorno a casa. Sui disegni c’è di solito la firma del bambino, talvolta la data di nascita e di deportazione a Terezin e da Terezin. La data di deportazione da Terezin è anche in genere l’ultima notizia del bambino. Questo è tutto quanto sappiano sugli autori dei disegni, ex prigionieri bambini del ghetto nazista di Terezin. La stragrande maggioranza dei bambini di Terezin morì. Ma è rimasto conservato il loro lascito letterario e figurativo che a noi parla delle sofferenze e delle speranze perdute.
Clicca qui per un Tour virtuale a Terezin>>>
Il Ghetto di Terezin http://coalova.itismajo.it/ebook/mostra/t096b.htm
VIAGGIO A TEREZIN
La funzione di Terezin Terezin è uno dei tasselli della “topografia del terrore” che i nazisti concepirono e realizzarono per mettere in atto la “soluzione finale” del problema ebraico. E tuttavia si tratta di un tassello particolare: un campo di concentramento che doveva servire da specchio per le allodole, da mostrare al mondo intero. Insomma un eccezionale strumento di propaganda da sfruttare al momento opportuno. Theresienstadt si trova in Cecoslovacchia, a una cinquantina di chilometri da Praga. Un “Privilegiert-Kz”, un campo di concentramento per privilegiati. Vi erano infatti rinchiusi molti personaggi la cui eliminazione non sarebbe facilmente passata sotto silenzio: famosi attori e cineasti, musicisti e cantanti, pittori e scrittori, provenienti soprattutto dalla Boemia, dalla Moravia, e successivamente anche dalla Germania, dall’Austria, dall’Olanda e dalla Danimarca;l'intellighenzia ebraica dell’epoca, concentrata in uno spazio chiuso da filo spinato e controllata a vista da crudeli carcerieri. All’interno del campo, inaugurato alla fine del 1941, venivano all’inizio tollerate, e in seguito addirittura incoraggiate, iniziative artistiche di vario genere. E’ così che i prigionieri potevano creare spettacoli teatrali e musicali (famosa l’operetta “Brundibar”), dipingere e applicarsi alle diverse arti. Le serate erano dedicate alle letture e ad attività artistiche, ma le pessime condizioni del campo e la fame che attanagliava e accomunava tutti i prigionieri costituiva una sorta di spartiacque tra la normalità delle situazioni che si creavano a Terezin e la effettiva ed assai crudele realtà. I prigionieri gestiscono un comitato per le attività del tempo libero (Frezeitgestaltung) e coordinano stimolano e talvolta impongono agli altri prigionieri diverse attività culturali. Ma tanta liberalità non deve indurre in inganno. Questo campo-modello oltre ad essere utilizzato dalla propaganda e mostrato come esempio. Quando,nell’ottobre del 1943, il governo danese chiederà conto degli ebrei catturati dai nazisti a Copenhagen, le autorità naziste concederanno una visita del Campo ai rappresentanti della Croce Rossa internazionale. Ma la visita potrà avere luogo solo nella primavera dell’anno successivo: tale tempo servirà ai tedeschi per effettuare una eccezionale operazione di abbellimento del campo. Le facciate delle case verranno ridipinte, le vetrine dei negozi riempite di prodotti, saranno piantate aiuole e fiori; sarà addirittura costruita una sala musicale. La popolazione in eccesso, che determina un sovraffollamento del campo, non costituirà un problema: 7500 persone vengono mandate ad Auschwitz. Terezin potrà meritare così l’eufemistica definizione di “centro residenziale ebraico”. La Croce Rossa internazionale e due membri del governo danese visiteranno il Campo il 23 giugno 1944 per circa tre ore, durante le quali la messa in scena del Campo modello sapientemente orchestrata funzionerà alla perfezione. Assisteranno ad una partita di calcio, ad un’operetta realizzata dai bambini, e ad un concerto. Vedranno i prigionieri assorti in tranquille attività di lavoro e in questo breve tempo non saranno in grado di percepire alcunché di anormale o di artefatto. Le minacce di morte subite dai prigionieri perché si mostrassero felici avevano sortito il loro effetto.
Il rapporto del delegato della Croce Rossa
convincerà i dirigenti a desistere dalla richiesta di visitare altri
campi di concentramento: né ad Auschwitz né negli altri campi posti più
ad oriente ci sarà alcuna visita della Croce Rossa. Terezin aveva
funzionato. Creatività prigioniera Il ghetto di Terezin è stato paradossalmente un grande atelier di attività creative in tutti i settori: arti grafiche, musica, teatro, canto, poesia, letteratura di ogni genere, sia per gli adulti, sia per i bambini. Non tutti gli artisti erano professionisti, alcuni erano già dilettanti e altri lo divennero durante la prigionia. Tutte le attività creative venivano svolte dopo le ore di lavoro, ma ciò non diminuiva il desiderio di realizzarle ed interpretarle. La preparazione dei vari spettacoli era accurata, la serietà dei maestri e degli allievi, adulti e bambini, raggiungeva un alto livello culturale che richiamava un numeroso pubblico di prigionieri. I tedeschi premiarono questi successi con immediate deportazioni. I bambini, non disponendo di giocattoli, tranne quelli del loro corredo di prigionia, usarono oggetti non adatti alla condizione infantile, appartenenti alla quotidianità di Terezin. Esempio concreto è il carro funebre riciclato nel ghetto come mezzo per la distribuzione del pane e per il trasporto dei cadaveri. Tutto il materiale per l’attività grafica proveniva dalla stamperia interna del ghetto (espressamente creata per la propaganda nazista) e dal dipartimento tecnico per progettisti e grafici. Unito ad ogni tipo di materiale di recupero, venne utilizzato a turno da tutti per far fronte alle varie necessità. L’attività grafica fu fondamentale per tutti i prigionieri di Terezin perché servì a rappresentare la vita passata e sognata al suo positivo, come se fosse un antidoto al male. Così, quasi per magia, la fame si tramutava in abbondanza, la baracca in casa con tendine ricamate, tovaglia pulita e fiori sulla credenza. Prima che il ghetto venisse liberato i nazisti tentarono di cancellarne ogni traccia. Alcune centinaia di opere vennero trovate e conservate dai sopravvissuti. Attualmente questi documenti sono esposti al Museo Ebraico di Stato di Praga, nel Museo di Terezin e parte a Yad Vashem, l’Istituto delle vittime dello sterminio e degli eroi, a Gerusalemme.
La Musica di Terezin Musicisti professionisti e semplici dilettanti sfidarono l’iniziale proibizione di svolgere qualsiasi iniziativa artistica, pur si organizzare un’attività musicale all’interno del ghetto. A Terezin non esisteva un pianoforte, ma ne venne trasportato uno, clandestinamente, trovato semidistrutto in un ex-liceo. Gideon Kelin, giovane musicista di straordinario talento e di eccezionale statura morale, ucciso ad Auschwitz, restaurò lo strumento di nascosto con mezzi di fortuna. Si ha notizia di almeno due formazioni quartettistiche che iniziarono la loro attività clandestinamente perché sprovvisti di musica stampata. Questi musicisti copiavano a mano, o ricostruivano a memoria gli spartiti, su carta di pessima qualità, rischiando la vita. Segretamente si organizzarono i primi concerti nelle soffitte e nelle cantine dove, in un’atmosfera di estrema commozione, vennero eseguiti Quartetti di Schubert e di Dvoràk e Sonate di Beethoven per pianoforte. Più significativo ancora fu l’allestimento dell’operina per bambini, intitolata “Brundibàr”, composta e strumentata a Terezin da Hans Kràsa. Questa fu l’unica opera lirica che poté essere rappresentata in forma teatrale, con scene e costumi. L’operina venne replicata 55 volte e il livello dello spettacolo era tanto elevato, che Berlino mandò a Terezin una troupe cinematografica per girare un documentario di propaganda. In quell’occasione, “Brundibàr” venne rappresentata in un teatro vero e proprio. Finite le riprese tutti i membri dell’orchestra, i collaboratori, i bambini che vi avevano partecipato, vennero deportati ad Auschwitz.
Il Teatro a Terezin Un cabaret clandestino recitato nella cantina di una baracca fu la prima attività artistica che venne creata a Terezin, poco dopo l’istituzione del ghetto. Queste iniziative illegali comportavano gravi rischi sia per gli astanti sia per gli artisti: anche un po’ di cibo in più, una sigaretta, un semplice appuntamento tra padre e figlio o tra moglie e marito potevano costare la vita e a Terezin il rischio era un elemento di vita quotidiana. Testimonianze e documenti rilevano l’altissimo livello artistico delle recite. L’architetto Frantisek Zelenka, già scenografo al “Teatro Liberato” di Praga, creò scene e costumi di incredibile genialità con materiali poverissimi: pannelli da costruzione di scarto, paglia, scatolette di latta, juta, trucioli e carta. I palcoscenici erano ricavati nelle soffitte delle baracche e ciò contribuiva a creare un’atmosfera irreale, nelle sale polverose, trasformando stracci appesi in grotteschi sipari. Le rappresentazioni si tenevano alle sei pomeridiane, alla fine dell’orario di lavoro e solo dopo lo spettacolo era possibile studiare e provare nuovi allestimenti. Due volte alla settimana si tenevano seminari per principianti e in quelle notti restava poco tempo per dormire. Ogni partenza dal ghetto portava via qualche attore difficile da sostituire immediatamente; talvolta il cast fu decimato in modo da rendere impossibile la prima rappresentazione preparata a prezzo di molto studio e di notevoli fatiche.
Alcune poesie dei bambini di Terezin
|