Testata Veglie News


Dalla Gazzetta del Mezzogiorno di Domenica 8 Settembre 2002 - Rubrica "Domande & Risposte" - Cultura Popolare (di Bianca Tragni)


La leggenda della Sirena Leucàsia

E' vero che nel Capo di Leuca nell'antichità esisteva una sirena che incantava i pescatori e poi li ammazzava? Perché non se ne parla come per quelle di Ulisse?

Questa è una delle più belle leggende di Puglia, legata al tempo dei Messapi, quando in quella zona esisteva la città di Veretum e sul promontorio c'era un tempio dedicato alla dea Minerva.

Si dice che regina di quello Specchio di mare dove si incontrano Jonio e Adriatico fosse una sirena tutta bianca e perciò chiamata Leucàsia (dal greco leukòs=bianco).

Ella, bella ma mostro perché metà donna e metà pesce, cantava divinamente e attirava i marinai. Una volta volle attirare un pastorello che zufolava sugli scogli. Quegli le resistette, per restare fedele alla sua innamorata.

Lui si chiamava Melisso, lei si chiamava Arìstula. Ma Leucàsia, offesa per il rifiuto, si vendicò ferocemente quando li sorprese abbracciati sugli scogli. Scatenò con la sua coda e il suo fiato, forte come un ventaccio, una tempesta tale che trascinò giù i due sventurati amanti. Li sbattè più volte sulle scogliere fino ad ucciderli e poi ne separò i corpi, lasciandoli sulle due punte opposte del golfo, affinché nessuno potesse unire ciò che lei aveva diviso.

Dall'alto del suo tempio la dea Minerva vide tutto questo e si impietosì. Decise allora di pietrificare i corpi di Melisso e Arìstula, dando loro l'eternità: quelle pietre diventarono da allora per tutti e per sempre la punta Meliso e la punta Ristola che, non potendosi toccare fra di loro, abbracciano quello specchio di mare. Anche Leucàsia finì pietrificata dal rimorso.

E si trasformò nella bianca città di Leuca. Il fatto che tutto questo non sia famoso come la leggenda delle sirene di Ulisse è perché quella fu ripresa e scritta da quel genio universale della poesia che si chiama Omero; questa è rimasta sulla bocca del popolo.

Ma oggi qualcosa si muove. Gli artisti si ispirano a questo personaggio per rilanciarne il mito e il fascino dei luoghi.

Il poeta Carlo Stasi ne ha scritto un piccolo libro, prezioso di racconti e poesie (Leucàsia - edizioni Leucàsia Centro Studi Aldo Moro di Acquarica del Capo,s.d.,pag.96) che dovrebbe circolare di più.

Lo scultore Mario Calcagnile ne ha scolpito una magnifica statua in pietra leccese che ha incantano i turisti per tutta l'estate. Infatti egli, su incarico di un intelligente assessore al turismo, Fernando Marzo, ha trasformato il lungomare di Leuca in un laboratorio a cielo aperto, in cui, fra martelli e scalpelli, Leucàsia ha preso forma giorno dopo giorno: la sua coda di pesce, le sue forme prosperose e allettanti, la sua conchiglia del pellegrino, per ricordare che lì dove c'era il tempio di Minerva, il Cristianesimo ha innalzato un santuario mariano, meta di pellegrinaggi religiosi.

Ma la Leucàsia di pietra non è sola: fa parte di un Trittico della Trascendenza che comprende anche la Nuotatrice dei Due Mari e l'Angelo del Meliso. Diventeranno un triplice gruppo scultoreo che connoterà Leuca.

Ma perché la leggenda pietrificata sia completa, occorrerebbe un pastorello Melisso su punta Meliso e una fanciulla Arìstula su punta Ristola. Un mito che può diventare europeo, se Leuca saprà valorizzare la sua posizione di punta estrema dell'Europa continentale.

di Bianca Tragni