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SALENTO NEGROAMARO - IX EDIZIONE
Pubblicata in data 24/3/2009

SALENTO NEGROAMARO - IX EDIZIONE

La IX edizione del Festival Salento Negroamaro, Rassegna delle culture migranti della Provincia di Lecce, nella ricorrenza dei vent’anni dalla caduta del muro di Berlino concentrerà il suo sguardo sui paesi ex comunisti. L’obiettivo è quello di approfondire i rapporti culturali e verificare come, a venti anni della fine del regime sovietico, sia cambiata la realtà culturale, sociale ed economica di quella parte del mondo e di come questi cambiamenti abbiano influito anche nel quotidiano dei Paesi occidentali, sull’immaginario delle nuove generazioni, sulle loro rappresentazioni del mondo attraverso la creatività ed i linguaggi dell’arte, della musica, del cinema e della letteratura. L’opera del manifesto ufficiale della manifestazione è “La morte delle Ideologie” di Ennio Calabria.

Il programma (ancora provvisorio e in via di completamento) prenderà il via venerdì 3 aprile con il vernissage di apertura (ore 18.00) della mostra “Romeo e Giulietta: un sogno sospeso” che proseguirà sino al 10 maggio presso la Chiesa di San Francesco della Scarpa a Lecce. La mostra dello scultore di origine salentina Enrico Muscetra è dedicata al mito di Romeo e Giulietta come patrimonio culturale comune di un’Europa senza confini. La mostra, allestita per la prima volta nella città di Cracovia, comprende le grandi opere in bronzo realizzate dal con i più grandi fonditori polacchi. L’iniziativa si svolge in collaborazione con il Comune di Verona e il Comune di Cracovia.

Sabato 4 aprile (ore 10.00) presso l’Auditorium del Museo Provinciale Sigismondo Castromediano di Lecce si terrà la conferenza di Predrag Matvejevic dal titolo Mondo Ex – l’Europa e l’ “altra Europa” a vent’anni dalla caduta del muro di Berlino. Interverranno: Thomas Merta (Vice Ministro alla Cultura della Polonia), Jacek Purchla (Drettore Międzynarodowe Centrum Kultury), Janusz Sepiol (Senatore - Commissione Cultura Parlamento Polacco), Ennio Calabria (Artista, autore dell'opera La morte delle Ideologie), Igor Mitoraj (artista). Introduce e coordina: Alizia Romanovic (Preside della Facoltà di Lingue e Letterature Straniere dell’Università del Salento).
L’Unione europea si è allargata già cinque volte. Dopo la caduta del muro di Berlino, una parte importante dell’Europa sottoposta al regime sovietico, detta l’Europa dell’Est o “l’Altra Europa”, è diventata parte integrante di uno spazio unificato che si estende dal Mediterraneo all’Atlantico, dal Mare Baltico al Mare Nero. L’Italia e la Provincia di Lecce si trovano ad un tempo nella parte centrale e sul confine di questo spazio, scosso recentemente dalle guerre balcaniche. Di fronte ai conflitti e alle tensioni che vive il Bacino mediterraneo nel suo insieme, un importante “Forum Per La Pace Nel Mediterraneo” è stato organizzato a Lecce (dal 27 al 29 novembre 2008) a cui hanno assistito numerosi partecipanti, non solo europei e mediterranei, cercando le vie e le forme di un nuovo dialogo. Il seminario “Mondo ex”, intende riprendere e attualizzare le testimonianze e le riflessioni sui numerosi problemi che continuano a porsi in questo periodo dinnanzi a noi. Il dopo guerra fredda avrà visto una parte dello spazio europeo vivere un'esistenza in qualche modo postuma: un ex impero, numerosi ex stati ed ex patti di alleanza tra stati, diverse ex società ed ex ideologie, ex cittadinanze ed ex appartenenze. È legittimo domandarsi cosa significhi, in realtà, questo fenomeno. Essere stato cittadino di un'ex Europa finalmente affrancata, di una ex Unione Sovietica disgregata, di una ex Jugoslavia distrutta? O, sempre vicino a noi, fare parte di una Albania, di una Bulgaria, di una Romania o di un altro paese liberato dal regime totalitario? Essere diventato ex tedesco dell'Est, ex-ceco-slovacco ossia un ex socialista o un ex comunista nei paesi occidentali come l’Italia o la Francia, la Spagna o la Grecia? Lo statuto di “ex” è più grave di quanto non sembri: sentito come un marchio, talvolta come delle stimmate. L'atteggiamento adottato nei suoi riguardi varia da un caso all'altro: tra deplorare la caduta di una ex superpotenza Sovietica e compatire la tragedia di una debole Bosnia nella ex-Jugoslavia, ci sono ben poche cose in comune. Alle soglie di un nuovo millennio è normale fare dei bilanci. L'Est non ha diritto esclusivo sullo statuto di «ex». In Occidente e altrove, si conoscono bene degli ex stalinisti, degli ex colonialisti, degli ex-sessantottini, una ex democrazia cristiana suddivisa tra destra e sinistra, un ex socialismo e un ex capitalismo occidentali. Dopo la crisi economica, finanziaria e storica che stiamo traversando nel 2008, forse domani si parlerà di una ex comunità europea o di una “Europa altra”, vecchia o nuova, non si sa quale. Varie manifestazioni di “euroscetticismo” s’incontrano nei paesi diventati nuovi membri dell’Unione europea, come la Polonia, l’Ungheria o la Repubblica ceca, ma anche l’Irlanda che ha rifiutato il Trattato di Lisbona. Le transizioni, nell’Est europeo, per quanto male assicurate, prevalgono ancora sulle vere e profonde trasformazioni. La democrazia proclamata appare talvolta con le caratteristiche di una democratura (termine coniato più di dieci anni fa per definire un ibrido tra democrazia e dittatura). Un populismo penoso è sempre pronto a sostenere regimi di questo tipo. Una “laicità giusta” (è il termine di Giovanni Paolo II) è poco popolare non solo nei paesi post-comunisti. Il “giocattolo nazionale” non ha mai perso il suo ruolo. Una parte della cultura nazionale si converte facilmente in ideologia della nazione e sbocca su progetti nazionalisti. Il mondo “ex” è pieno di svariate mitologie che si escludono reciprocamente: riedizioni del passato e del presente, schermi frapposti in fretta, paradigmi poco utili o estranei, griglie di lettura mal applicate. Siamo lontani dalla “fine della storia”, annunciata tante volte in un modo poco credibile. Sarebbe meglio cercare di capire e di definire “un mondo ex” e le sue componenti attorno a noi e in noi stessi.
Lo scrittore Predrag Matvejevic è nato nel 1932 in Erzegovina, a Mostar, da padre russo e madre croata. Ora cittadino italiano, è uno dei più importanti intellettuali impegnati nel dibattito sulla ex Jugoslavia, i Balcani e in generale la cultura mediterranea. Tra le sue opere più note: «Breviario mediterraneo» ed «Epistolario dell'altra Europa» (Garzanti)

Lunedì 6 aprile (sipario ore 20.45) al Teatro Politeama Greco di Lecce Balletto di Maribor e ATER/Associazione Teatrale Emilia Romagna proporranno lo spettacolo “Radio and Juliet - Nobody's story”, su musica dei Radiohead per la ideazione e la coreografia di Edward Clug. “Radio and Juliet” analizza la vita dell'uomo e della donna da diverse prospettive; ne espone l'originalità della potenza, la riflessione della co-esistenza e il labirinto che esiste tra i due poli opposti, tra le due energie che si scontrano. Lei è bella, onesta, indipendente e libera e indossa solo un corsetto; gli uomini sono aggressivi nell'esprimere la loro potenza e sono vestiti in abiti scuri e formali a petto nudo. Sebbene i movimenti coreografici della protagonista e degli uomini siano ugualmente pungenti, veloci ed espressivi, il coreografo focalizza la sua attenzione sulla bellezza della forma femminile, sui movimenti minimi delle braccia leggere e delicate, sulle mani e sugli sguardi sognanti con i quali seduce gli altri.

Inoltre dal 21 al 23 maggio Lecce ospiterà Danzando sulle rovine un focus sul Caucaso a cura di Fabiola Carlino. Dopo il crollo dell’URSS, il Caucaso è una terra allo sbando. Prima Boris Eltsin poi Vladimir Putin hanno combattuto, tra il 1994 e il 2003, due guerre atroci, terminate formalmente (ma in realtà mai concluse) con non meno di centomila morti, centinaia di migliaia di sfollati e un conflitto trasferitosi dalla Cecenia all’intera regione caucasica. Una crisi diventata esplosiva nell’agosto 2008 e sfociata nella guerra che ha visto nuovamente contrapposte Georgia e Russia. Regione per lo più montuosa, la Caucasia si presenta come un complesso reticolo di popoli, lingue, religioni e alfabeti, che si fronteggiano fra vendette e ostilità continue, in un susseguirsi di tregue e rivendicazioni, dove la mafia e la corruzione si scontrano con una vocazione naturale di quei popoli all’amore per la musica. In Georgia, Uwe Berkemer – pianista e compositore tedesco – ha percepito da subito il groviglio di tensioni etniche, religiose e culturali che affliggono questa regione di crisi. E attraverso la musica e il suo lavoro, e la determinazione pratica di un tedesco, è riuscito a dimostrare che una convivenza pacifica è possibile anche in una terra devastata dai conflitti bellici. Nel 2003, fonda a Tbilisi la Caucasian Chamber Orchestra, con 17 musicisti provenienti dalle diverse repubbliche del Caucaso. Sono russi, ceceni, georgiani, armeni, azeri, daghestani e altri ancora, suonano insieme e affrontano ogni difficoltà per tenere concerti in tutto il Caucaso. Questo progetto, ripercorrendo la storia esemplare della Caucasian Chamber Orchestra, si propone di gettare una luce inedita su una guerra troppo spesso dimenticata. Con un programma di concerti, proiezioni, incontri e dibattiti, il focus darà voce a paure e speranze di chi vive in un territorio diviso dai conflitti e sogna di poter suonare un giorno a Grozny, capitale della Cecenia.

Il programma della tre giorni prende il via giovedì 21 Maggio presso il Cinema Multisala Massimo di Lecce con la proiezione del film - documentario Grozny Dreaming di Mario Casella e Furio Mariani. Il filmato, vincitore del Film Festival della Lessinia 2008, è un diario di viaggio che accompagna l’orchestra dalle prove a Tblisi alla difficoltosa tournée nei luoghi più sperduti del Caucaso, entrando fin nelle case dei musicisti per raccontarne la vita e le speranze per la loro terra. Il tutto sotto forma di “road movie” e di “behind the scenes”: racconti-intervista, sequenze filmate nei villaggi d’origine e materiale filmato d’archivio e storico (per ricordare i tempi dell’URSS). Grande attenzione e cura è stata data alla qualità delle registrazioni sonore che costituiscono la colonna musicale del documentario. La proiezione sarà preceduta dall’incontro con gli autori.

Venerdì 22 Maggio presso l’Università del Salento (ora e luogo da definire) sarà presentato il libro “Ho danzato sulle rovine” (Corbaccio 2008) di Milena Terloeva. Milana Bakhaeva, nota con lo pseudonimo di Milana Terloeva (Orechovo, Cecenia, 30 dicembre 1979), è la scrittrice e giornalista autrice del bestseller “Ho danzato sulle rovine” (Corbaccio, 2008), la sua autobiografia scritta in francese e tradotta in varie lingue. “La guerra è entrata nelle nostre vite, – ha scritto Milana Torloeva - non ha soltanto distrutto le nostre città, i nostri villaggi, i nostri percorsi abituali, le nostre case: essa ha contaminato le nostre anime”. Il racconto si snoda con l’andamento di una sorta di diario, da Orechovo, a Groznyj, in Inguscezia, poi ancora a Groznyj, e infine a Parigi, dove “Etudiants sans frontieres”, un’associazione che accoglie studenti ceceni consente a Milana di frequentare la scuola di giornalismo nella Facoltà di Scienze politiche. All’incontro saranno presenti l’autrice, Milana Torloeva, Francesca Gori e Margherita Belgioioso.

Sabato 23 maggio alle ore 18.30 nella Sala Consiliare di Palazzo Dei Celestini si terrà un incontro con Zainap Gashaeva, attivista cecena da anni impegnata sul fronte umanitario nella Cecenia devastata dall'infernale ciclo "conflitto armato-repressione", con particolare attenzione per i bambini orfani di guerra. “Certe volte, le persone pagano con la vita il fatto di dire ad alta voce ciò che pensano”. Questa convinzione era pervicacemente radicata nella giornalista moscovita Anna Stepanovna Politkovskaja, una delle vittime più illustri sacrificate, il 7 ottobre 2006, sull’altare della “guerra domestica” in Cecenia della Russia di Vladimir Putin. Zainap Gashaeva fa parte di questa stessa categoria di persone. Fondatrice e presidente di “Eco della Guerra”, una Ong cecena che si occupa di orfani di guerra e soprattutto di pace e diritti umani, è a capo dell’Unione delle Donne Cecene. Gira l’Europa con la sua borsa piena di denunce, sangue e fantasmi, nella speranza che qualche governo le dia retta e che i grandi media internazionali tornino a parlare di Cecenia e di Caucaso. Gli amici la chiamano ‘Coca’, che in ceceno vuol dire ‘colomba’. Il suo soprannome è diventato anche il titolo di un film-documentario che su di lei ha realizzato il regista svizzero Eric Bergkraut.

Il Focus si chiuderà alle ore 21.00 nell’Atrio di Palazzo dei Celestini a Lecce con il concerto della Caucasian Chamber Orchestra, diretta da Uwe Berkemer: il repertorio punta su pagine classiche e autori delle regioni caucasiche. Fondata nel 2003 da Uwe Berkemer, l’orchestra ha suonato in importanti sale da concerto europee quali Konzerthaus di Berlino (marzo 2006), Hofburg di Vienna (settembre 2006), Dôme des Invalides di Parigi (ottobre 2007), Sala Grande del Conservatorio di Bruxelles (ottobre 2007), ma dal punto di vista finanziario, il futuro dell'ensemble è in crisi. Da gennaio 2008, complice anche la difficile situazione politica che il Paese sta attraversando e la sospensione dei fondi, il complesso può permettersi di esibirsi solo nell'ambito di singoli progetti.