Gigi Montonato e il libro edito
dalla Bibliotheca Minima «Una volta espressi al direttore di «Voce del Sud», Ernesto Alvino, il desiderio di conoscere la grande «famiglia» che settimanalmente si ritrovava in virtuale appuntamento sulle pagine della «Voce». Era l'occasione, finalmente, di incontrarci tutti: Giacomo Evoli, Gigi Fattenotte, Antonio Catamo, Aldo Onorati, Marcella Agostini, Adolfo Buja, Marcello Veneziani, Mario Bozzi Sentieri, Giuseppe Puppo, Raffaele Polo, Mario De Marco, Alfredo Mantovano ed io, che allora stoppavo i lettori in prima pagina col mio «Disco Acceso». Mi rispose con quel suo tipico aplomb, che senza dare una risposta decisamente negativa neppure t'incoraggiava ad insistere. Col tarantino Giacomo Evoli avevo avuto un breve scambio epistolare. Gigi Fattenotte lo leggevo in quegli anni anche su «Anna Bella», ogni volta con piacevole sorpresa, perché mi sembrava d'incontrare un amico sopravvissuto in territorio nemico, come ci sentivamo un po' tutti noi missini in quegli anni, compresi quelli della mia età che non avevano avuto niente a che fare col fascismo storico ma che erano coinvolti nell'esclusione di regime. C'erano tanti giovani in quella scuola di giornalismo che era «Voce del Sud». Spaziavamo un po' tutti, in assoluta libertà di temi e di modi, dal culturale, al sociale, al politico, al creativo. Aldo Onorati era il critico letterario; Raffaele Polo scriveva le sue «Gite nell'irreale» e Mantovano faceva le prime prove nella rubrica «La parola ai giovani». Antonio Catamo era l'economista del giornale, in quanto trattava da autentico specialista i problemi dell'agricoltura. Ma da come con altrettanta bravura parlava d'altro non escludo che quello spazio gliel'avesse richiesto il direttore Alvino, per una sorta di equilibrio redazionale. Antonio Catamo era della generazione successiva a quella di Alvino; di noi, ultimi arrivati alla corte di don Ernesto, pertanto assai più anziano. Era del 1920. Ebbi modo di conoscerlo a Taurisano, durante una festa patronale; era l'accompagnatore della banda musicale di Veglie. Fu lui a cercarmi. Disse che aveva chiesto di me, perché, stando a Taurisano, gli era sembrata l'occasione buona per conoscermi di persona; e alcuni mi indicarono nei pressi del «Caffè Italia», dove io stavo e sto, come si dice, morto e vivo. Mi trovai di fronte un signore non altissimo ma corpulento, una sorta di Commissario Maigret interpretato in quegli anni da Gino Cervi. Fui molto contento. Mi dimostrò tanta simpatia, come in genere capitava alle persone più anziane del partito, che vedevano in noi più giovani la continuità della «specie». Credo di essermi rivolto qualche volta per chiedergli notizie sul Msi salentino, di cui conosceva vita, morte e miracoli e di cui avrebbe pubblicato, se ben ricordo, una storia a puntate sulla «Voce». Per me il libro, che ora è in distribuzione fuori commercio, «Pagine e Ricordi. Scritti di Antonio Catamo», a cura di Dino Levante, vol, I, per la «Bibliotheca Minima» di Novoli, pubblicato nel decennale della sua scomparsa, è stato perciò un salto all'indietro, un piacevole amarcord. Catamo era quel che si può definire un poligrafo, figura tipica nel panorama culturale salentino. Si occupava indifferentemente di economia agricola, di cui era competentissimo, essendo perito agrario, ma scriveva anche di politica e soprattutto di storia e arte patria. Consigliere comunale e collaboratore di un periodico locale «La mia famiglia parrocchiale», spendeva il suo impegno alla individuazione dei problemi urbanistici, storici, artistici, ambientali locali di Veglie, non limitandosi a richiamare l'attenzione degli amministratori pubblici, ma trattando la materia con rigore di storico e amore per il bello pubblico. In questo primo volume di scritti sono raccolti i suoi interventi apparsi dal 1982 al 1993 su «La mia famiglia parrocchiale», il periodico fondato e diretto da don Giuseppe Tondo a Veglie. Sono scritti legati alla sua piccola patria, benché lui non fosse nativo di Veglie, essendo nato a Specchia Gallone, una frazione di Minervino di Lecce: storia, personaggi, fotogrammi, ricordi. Un secondo volume, annunciato, comprenderà i suoi scritti apparsi in altre testate, fra cui «Voce del Sud» e La Gazzetta del Mezzogiorno. Una sezione del libro è dedicata alle sue poesie. E questa della poesia è per me una scoperta. Non lo credevo capace di dedicare tempo e risorse alla più oziosa delle muse. Mi era sembrato uomo particolarmente pragmatico, fisico, battagliero. E invece, a quanto pare, fu poeta, elegiaco per giunta. Temi ricorrenti nei suoi versi sono la religiosità, il degrado dei tempi, la natura, la nostalgia, il rimpianto. Una poesia senza pretese, s'intende; testimonianza di un'anima delicata in un corpo poderoso, di un uomo che del lasciare sulla terra il ricordo bello delle cose, degli affetti e di sé si era fatto la ragione di vita. di Gigi Montonato |
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