Dal Quotidiano
di Lecce e da La
Gazzetta del Mezzogiorno di Sabato 23 Novembre 2002
dal
Quotidiano di Lecce del 23 Novembre 2002
In
aula l'ex Primula rossa della Scu. Parole a sorpresa, le sue.
Il
boss chiede perdono
VEGLIE
- Perdono, la parola capace di raddrizzare i torti. Di solito la si trova sulla bocca dei
bambini che hanno commesso qualche marachella. Difficile credere che a pronunciarla, questa
volta, sia stato il sanguinario boss brindisino Vito Di Emidio. L'uomo che - per sua
stessa ammissione - si è reso autore di un numero impressionante di crimini non ultimo il
colpo che ha portato alla strage della Grottella, l'assalto ai due blindati della Velialpol che
ha causato la morte di tre guardie giurate. Da tempo "Bullone" collabora con la giustizia, si è pentito,
sì, ma nel vero senso giudiziario della parola. Ora l'ex Primula Rossa della
Scu fa ammenda per tutti i reati commessi. E per farlo, sceglie
proprio quell'aula del tribunale dove si celebra il processo, con il rito
abbreviato, per la sanguinosa rapina ai portavalori, procedimento di cui è il
principale imputato e per il quale i pm Giuseppe Cataldi e Patrizia Ciccarese
hanno chiesto 14 anni di reclusione, vuoi lo sconto per il rito, vuoi la
riduzione per il pentimento.
«Chiedo scusa, mi vergogno
persino di venire in aula per tutto quello che ho fatto» - ha dichiarato il collaboratore di
giustizia. In prigione, i giorni sono lunghi, le ore passano lente, Di Emidio ha
avuto modo di riflettere. Dinanzi ai suoi occhi, come in un cortometraggio,
sono passate le immagini di anni di malefatte, una raffica di rapine e delitti. Nelle sue orecchie
ancora le urla di terrore delle vittime. A loro chiede perdono. E ai loro parenti.
Perdono per tutte quelle vite spezzate.
Il
6 dicembre del '99 tre uomini, tre padri di famiglia: Raffaele Arnesano, Rodolfo Patera
e Luigi Pulli, si sono svegliati di buon'ora e si sono recati al lavoro
così come avevano sempre fatto, senza immaginare che non avrebbero mai
più fatto ritorno a casa. «Non sarebbe dovuto accadere» - ha affermato il
pentito - «le cose non dovevano, andare così». Eppure era stato proprio Di
Emidio ad architettare il colpo ai due blindati, l'agguato che quella mattina
causò tre morti ingiuste.
Il pentito si pente, e chiede
perdono ai familiari dei tre uomini, un perdono che forse, chissà, non arriverà mai.
Dopo le dichiarazioni rese da Di Emidio ha preso la parola il difensore
del collaboratore, l'avvocato Vera Guelfi. E' stata poi la volta del legale Paola Giurgola,
che in questo stesso giudizio assiste Fabio Maggio, il brindisino accusato
di aver partecipato alla rapina messa a segno dalla banda il 2 novembre del
'99 contro un altro furgone della Velialpol (solo tre feriti, e per fortuna; un miliardo e passa di
lire il bottino).
Nella prossima udienza, il
20 di dicembre, sono state già fissate le discussioni dei legali Elvia Belmonte ed Andrea
Moreno. Poi la sentenza.
di
Valentina Bernardini
da
La Gazzetta del Mezzogiorno del 23 Novembre 2002
Il
Killer-pentito chiede scusa
Il killer sanguinario
chiede perdono alle famiglie delle vittime. Dopo il pentimento e la collaborazione con la
giustizia, Vito Di Emidio implora perdono per il male che ha commesso e i lutti che ha seminato.
«Bullone»,
l'ex imprendibile primula rossa della malavita salentina, l'uomo senza
scrupoli, è apparso turbato e in difficoltà quando, ieri mattina, ha preso la parola nel
processo che si celebra con rito abbreviato per la strage della Grottella.
«Durante
la mia lunga detenzione in carcere ho avuto tempo per riflettere su quello
che ho fatto e adesso provo vergogna. Chiedo perdono a tutte le persone a
cui ho fatto del male, in particolare ai familiari delle vittime
della
strage della "Grottella".
Poche
parole pronunciate in dialetto brindisino. Il giudice Maurizio Saso le ha
«tradotte» in italiano e dettato alle stenotopiste perché rimangano
agli atti del processo.
Vito
Di Emidio avrebbe voluto chiedere perdono già durante l'udienza di
lunedì scorso, poi occupata dalla requisitoria del pubblico ministero Gulielmo
Cataldi. Ma
il ritardo di un volo aereo gli ha impedito di giungere a Lecce.
Ieri,
però, non ha voluto perdere tempo. Ed in apertura di udienza ha chiesto
di rendere spontanee dichiarazioni per liberarsi di quel peso. Così si è
avvicinato al microfono ed ha cominciato a parlare. E' apparso in difficoltà,
turbato, quasi avesse pudore a pronunciare quelle parole. Frasi che non
t'aspetti sulla bocca di chi ha organizzato assalti e rapine, ha
maneggiato bombe e fucili.
Probabilmente
avrebbe preferito che fossero presenti i familiari delle vittime della
strage della Grottella. Forse era certo che ci fossero. Ma sui banchi
delle parti civili c'erano solo gli avvocati. Mancavano le vedove di Luigi
Pulli, Raffaele Arnesano e Rodolfo Patera, i vigilantes uccisi nel
sanguinoso assalto ai portavalori del 6 dicembre del '99. Ed è a loro che
Bullone ha chiesto perdono.
Non
l'aveva mai fatto finora. Gli era già capitato in Assise di parlare delle ragioni che
lo hanno spinto a pentirsi: «Voglio trascorrere il tempo che mi resta con
la mia famiglia e non in carcere». Ma non aveva mai fatto abiura del passato.
Sul
capo di Di Emidio pende una richiesta di condanna a 14 anni. Una pena che risente
degli "sconti" del rito abbreviato e della condizione di pentito. Bullone, infatti,
risponde della strage della Grottella e dell'assalto al portavalori del 2 novembre del 99.
Insieme con lui saranno giudicati con il rito abbreviato i pastori sardi Gianluigi
De Pau e Pierluigi Congiu (già condannati all'ergastolo): il primo risponde dei furti dei mezzi
utilizzati per compiere l'assalto; Congiu è accusato anche della rapina del 2
novembre.
La prossima udienza è
prevista per il 20 dicembre e ci sarà la sentenza.
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