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 Indice Giornali Indice Giornali

CRONOLOGIA ARTICOLI PROCESSO STRAGE DELLA GROTTELLA

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E' l'ora della verità (2/2/01)

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Anche microspie per incastrare i sardi (3/2/01)

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In aula solo il dolore (3/2/01)

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Un pentito rivela (27/4/01)

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Continua l'audizione dei testimoni (15/5/01)

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Catturato Vito Di Emidio: Nuove speranze per il processo sulla "strage della Grottella" (30/5/01)

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Nessun collegamento ufficiale tra Di Emidio e la strage della Grottella (31/5/01)

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La difesa dei due sardi incassa i primi punti (1/6/01)

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Di Emidio e la strage della Grottella: i Magistrati affrontano l'argomento (9/6/01)

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Di Emidio confessa e si avvicina la verità sulla strage della Grottella (10/6/01)

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Di Emidio svela i nomi della banda della strage della Grottella (11/6/01)

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Di Emidio continua a collaborare sulla strage della grottella (12/6/01)

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Indiscrezioni e smentite sull'assalto alla Velialpol (15/6/01

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I conti non tornano (17/6/01)

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Lunedì 9/7/01 ricomincia il processo (5-6/7/01)

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Completati scena e attori del massacro (8/7/01)

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Dopo gli arresti, parlano le vedove (9/7/01)

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Il processo riprende a settembre con Di Emidio in aula (10/7/01)

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Congiu si dichiara innocente e comincia lo sciopero della fame (28/8/01)

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Si riapre oggi il processa per la strage della Grottella (17/9/01)

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Clamorose rivelazioni di Di Emidio al processo (18/9/01)

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Ancora rapine rivelate da Di Emidio (19/9/01)

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In aula Di Emidio conferma le accuse (3/10/01)

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Un ex sindacalista ospitò Di Emidio (9/10/01)

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Di Emidio torna a fare il muto (24/10/01)

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Di Emidio pretende: «Fuori tra 5 anni altrimenti non parlo» (14/11/01)

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Catturato Marcello Ladu dopo due anni di latitanza (18/12/01)

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Ladu, primo appuntamento con il giudice (19/12/01)

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Ladu, il primo interrogatorio è solo silenzio (20-22/12/01)

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Ladu non si presenta in aula per l'incidente probatorio (28/12/01)

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Il Dna conferma la presenza di Tarantini alla strage (29/01/02)

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Tre medaglie d'oro per non scordare (12/02/02)

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Consegnate le medaglie alla memoria per i tre vigilantes uccisi (24/02/02)

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I tre vigilantes della Grottella e Renata Fonte riconosciuti come "vittime della mafia" (1/3/02)

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Il sindaco ringrazia anche a nome del paese per il tributo ai tre vigilantes (02/03/02)

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Un nuovo pentito "scagiona" i pastori sardi (19/03/02)

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Chiesto l'ergastolo per i killer della Grottella (21/04/02) 

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Gli avvocati dei due sardi cercano di smontare le accuse (30/4/02)

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Ergastolo per i due pastori sardi (04/05/02)

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Prime condanne per il boss Vito Di Emidio (14/05/02)

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Chiusa l'inchiesta-bis nata dalle rivelazioni di Vito Di Emidio (07/06/02)

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Tutti a giudizio ma in modo diverso (03/0702)

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Grottella, anche Ladu sotto processo (21/09/02)

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La verità di Di Emidio al vaglio della Corte di Assise (15/10/02)

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Prima uduenza per Tanisi, Tarantini e Ladu (16/10/02)

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Schermaglie in aula (23/10/02)

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Chiesti 14 anni per il «Boss pentito» Di Emidio (19/11/02)

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Il boss chiede perdono (23/11/02)

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L'ex boss brindisino racconta: «Fu mio nonno a dirmi pentiti» (11/12/02)

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Di Emidio, 16 anni per la strage (22/12/02)

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Ascoltato un altro pentito (22/01/03)

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Un nuovo pentito conferma la versione di Di Emidio della strage della Grottella e svela nuovi retroscena (17/09/03)

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«I vigilanti non sono vittime della mafia» e il Viminale nega il risarcimento. Intanto il pm chiede l'ergastolo per i killer  (14/11/03)

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Il "no" del Viminale al riconoscimento di vittime di mafia ai vigilantes scatena la polemica. Mantovano incontra i familiari delle vittime (15/11/03)

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Tre ricorsi per sperare nell'indennizzo delle famiglie dei vigilantes. Mantovano spiega come arriveranno i fondi e poi attacca i giornalisti (16/11/03)

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Continua la polemica sullo strano caso di Di Emidio: a Brindisi capo della Scu a Lecce semplice assassino (17/11/03)

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Il giudice che ha firmato la condanna di Di Emidio spiega perché fu esclusa la tanto contestata aggravante (18/11/03)

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Un lavoro per i parenti delle vittime (20/11/03)

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Il Comune ha avviato l'iter per l'assunzione dei parenti delle vittime (20/11/03)

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Le provvisioni estese  anche alle famiglie Patera e Arnesano (25/11/03)

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Nasce un progetto sulla legalità in nome della "Grottella" (29/11/03)

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Da ieri in servizio in municipio la vedova di Raffaele Arnesano e la figlia di Luigi Pulli (2/12/03)

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Arringa di sette ore dell'avvocato difensore Luigi Corvaglia. Venerdì la sentenza
(2/12/03)

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Oggi la presentazione con Mantovano del Progetto-Grottella. Domani il quarto anniversario della strage (5/12/03)

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Gli autori dell'eccidio rischiano l'ergastolo (6/12/03)

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Progetto Grottella: Educazione alla legalità & occupazione (6/12/03)

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Altri tre ergastoli. Le reazioni: «Ora giustizia è fatta». E intanto si chiede una modifica alle normative per gli indennizzi (10/12/03)

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Ritorna in appello l'assalto ai portavalori (11/12/03)

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Il Tar accoglie il ricorso, risarcimento come vittime di mafia più vicino (23/01/04)

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Pena ridotta in appello per i due pastori sardi (28/01/04)

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Ricorso respinto: la strage non fu mafiosa (30/01/04)

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Grottella: «Quella strage è mafiosa, risarcite le vittime» (30/1/05)

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Grottella, appello tutto a rifare per i due sardi (19/05/05)

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Grottella: ergastoli confermati per Marcello Ladu, Pasquale Tanisi, Antonio Tarantini (23/7/05)

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Grottella: cade l’ergastolo per i cognati sardi  Pierluigi Congiu e Gianluigi Depau (11/11/05)

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In 6 a giudizio per falsa testimonianza nel processo della strage della Grottella (3/11/06)

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Sentenza della Cassazione: confermati i tre ergastoli. Alle vittime nessun risarcimento per mafia (22/3/07)

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«Stangata» sui falsi testimoni. Condanne esemplari nei confronti di chi avrebbe fornito l'alibi ad un imputato (3/07/09)

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Il Consiglio di Stato nega l'accesso al Fondo per le vittime: «Non fu strage mafiosa» (3/12/10)

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Dopo il Consiglio di Stato, parla il sottosegretario Mantovano: «Tutta colpa di prefetti e giudici ottusi» (4/12/10)

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“Grottella, fu strage di mafia; risarcimento ai familiari.  Torna all’attenzione del Tribunale la richiesta del legale dei congiunti di Patera e Arnesano (13/10/13)

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Strage, autorizzato il risarcimento - Gli eredi di Raffaele Arnesano e Rodolfo Patera, i vigilantes uccisi nell’assalto al portavalori della Velialpol, hanno ottenuto dal Tribunale l’ultimo via libera. Riconosciuto il diritto all’indennizzo del “Fondo di solidarietà” del Ministero dell’Interno (18/10/13)

 


 

Dalla Gazzetta del Mezzogiorno di venerdì 2 febbraio 2001

Strage, è l'ora della verità

Ma si lavora ancora per fare luce sul commando

Arriva l'ora, della verità per la strage di Copertino. Una verità parziale.  Questa mattina
davanti ai giudici della Corte d'Assise si apre, il processo.  Ma alla sbarra ci sono solo i due sardi: Pierluigi Congiu e Gianluigi De Pau. I pastori avrebbero agito almeno con altre dieci persone che sono ancora sconosciute. Restano i dubbi e i sospetti. E sulla strage aleggia sempre l'ombra del superlatitante  Vito Di Emidio, la primula rossa della criminalità brindisina.


I due sardi sono gli unici accusati di aver fatto parte del commando che la mattina del 6 dicembre del '99 assalì due furgoni portavalori della Velialpol uccidendo tre guardie giurate (Luigi Pulli, Raffaele Arnesano e Rodolfo Patera) e mandandone altre tre in ospedale (Flavio Matino, Giovanni Palma e Giuseppe Quarta).


Le indagini, condotte dal pool di magistrati della Direzione distrettuale antimafia, Leonardo Leone De CAstris, Giuseppe Capoccia e Guglielmo Cataldi, si sono chiuse con il rinvio a giudizio dei due sardi arrestati poche ore dopo la strage. Nella loro masseria di Melendugno fu ritrovata la 164 utilizzata dal commando. Ma dall'iniziale accusa di favoreggiamento personale (per aver aiutato la fuga dei rapinatori-assassini)  si è passati a quella ben più pesante di concorso nella rapina e nell'omicidio dei tre vigilantes. C'è anche il concorso nel tentato omicidio delle tre guardie rimaste ferite, nel tentato omicidio delle tre guardie rimaste ferite, nella detenzione di armi e di esplosivo.


Ad incastrarli - secondo l'Accusa - una serie di elementi e alcune testimonianze. Quella di una guardia giurata che avrebbe visto uno dei sardi nei pressi del deposito da dove venne rubato l'autocarro impiegato nell'assalto. E quella di una donna che avrebbe notato i sardi sulla via della Grottella pochi giorni prima della strage. Le indagini - che restano sempre aperte - sin dall'inizio hanno lasciato supporre l'esistenza di una saldatura tra esponenti della criminalità brindisina con quella leccese ed elementi sardi.

Questa mattina in aula a difendere i sardi ci sarà un collegio di avvocati composto da Gaetano Contento, Elvira Belmonte ed Enrico Ramazzotti. Davanti al giudice perle indagini preliminari Maurizio Petrelli si sono costituiti parte civile i familiari di Rodolfo Patera e di Raffaele Arnesano, assistiti dall'avvocato Gaetano Gorgoni. Parte civile anche la Velialpol e le tre guardie giurate rimaste ferite con l'avvocato Claudio Di Candia.

  Questa mattina potrebbero costituirsi parte civile i familiari di Luigi Pulli, assistiti dall'avvocatessa Maura Centonze. L'Accusa in aula sarà sostenuta dai sostituti procuratori Guglielmo Cataldi e Patrizia Ciccarese. 

Dalla Gazzetta del Mezzogiorno di sabato 3 febbraio 2001

Anche le microspie per incastrare i sardi

 Strage di Copertino: gabbie vuote per la prima udienza. I due pastori sardi non erano in aula. Ci saranno alla prossima udienza. Ma prima della fine del processo, che si preannuncia lungo, in quelle gabbie, dietro le sbarre, potrebbe sedere qualcun altro.

 «Lavoriamo ancora - assicurano i magistrati - Non è una pagina chiusa». 

I sospetti, del resto, non mancano. Nelle indagini condotte dalla Squadra mobile e dal Reparto operativo dei carabinieri sono finite decine e decine di persone. Quaranta sono state le utenze telefoniche «spiate», intercettando il traffico in entrata ed in uscita. Mai sospetti sono rimasti tali. Nessuna prova. E così a rispondere dell'azione di guerra compiuta la mattina del 6 dicembre de1'99, che ha fruttato un miliardo ed ottocento milioni ma che è costata la vita di tre vigilantes (Luigi Pulli, Raffaele Arnesano e Rodolfo patera), ci sono solo i due pastori di Villagrande Strisaili nel Nuorese.  Da ieri mattina sulla loro testa grava anche un altro peso. L'Accusa, sostenuta in aula dai sostituti procuratore Patrizia Ciccarese e Guglielmo Cataldi (era presente anche il dottor Leonardo Leone De Castris), ha chiesto ed ottenuto un'integrazione del capo d'imputazione. Così i pastori dovranno difendersi anche dall'accusa di lesioni personali gravi ai danni dei tre vigilantes scampati (Giuseppe Quarta, Flavio Matino e Giovanni Palma).


Ieri in aula c'era Giuseppe Quarta, uno dei sopravvissuti. C'era anche Romina, la giovane vedova di Raffaele Arnesano, insieme con i suoceri. Nessuno aveva voglia di parlare.


Hanno seguito le schermaglie tra Accusa e difesa sulle eccezioni preliminari, sulla composizione del fascicolo del dibattimento. Sono rimasti sempre in silenzio.  S'aspettano
giustizia dai giudici della Corte d'Assise presieduta dal dottor Elio Romano (a latere Stefano Lisi) con  gli otto della giuria (sette donne, un solo uomo).

Nutrito il collegio difensivo. I due pastori sardi sono assistiti da tre avvocati: Elvia Belmonte, Enrico Ramazzotti e Gaetano Contento, ieri sostituito dall'avvocato  Andrea Marmo.

 A sostenere le ragioni delle parti civili (i parenti di due delle vittime; la Velialpol e gli scampati) ci sono  gli avvocati Gaetano Gorgoni e Claudio Di Candia. Sono parte offesa, ma non parte civile, i parenti di Luigi Pulli, morto nello scontro tra il portavalori e 1'autocarro dei rapinatori. I familiari assistiti dall'avvocatessa Maura Centonze, hanno avviato un rito civile: s'aspettano un risarcimento dalle assicurazioni del portavalori e del camion. Sono stati chiesti 712 milioni.  Se ne discuterà il 13 marzo. In Corte d'Assise si tornerà il 26 aprile.


Microspie in cella per controllare i due sardi. E «cimici» in casa per ascoltare le conversazioni con le mogli. Sono stati intercettati per mesi
Pierluigi Congiu e Gianluigi Depau. Ma non è
stato facile venire a capo delle loro conversioni. Per decifrare i dialoghi in dialetto sardo è stato necessario l'intervento di alcuni carabinieri fatti giungere apposta dalla Gallura.


Nelle conversazioni si fa riferimento ad armi e si parla di una rapina, senza mai far riferimento alla strage. E si fa riferimento anche al superlatitante Vito Di Emidio. Ecco un'intercettazione all'interno della masseria. Parlano i parenti dei sardi.

 Daniele: «..Mi pensavo che erano bravi ragazzi e si sono impegnati per prendere poi i fucili, pulire le canne, tutto».

 Mario: «proprio lui ci aveva la 38
e di certe cose sa certe cose...»
.


Ma nelle intercettazioni si fa anche riferimento a «bullone», il soprannome attribuito al latitante della Scu Vito Di Emidio, il nome del
superlatitante brindisino, che più volte emerge
nell'indagine della strage, viene fuori in una conversazione tra i familiari dei due sardi ed
altre persone.

 Michele: «All'avvocato loro?»

 Uomo: «Adesso non gli devi dare un cazzo poi tu hai sentito con le orecchie tue...»;

 Michele: « Si...come ha parlato con te»;

 Uomo: «Ha telefonato lu bullone a Luigi».

 Per gli inquirenti appare evidente che il «Bullone» per interessarsi o meno al pagamento degli avvocati deve essere coinvolto nella vicenda. Una battuta pronunciata in carcere da uno dei sardi appare, poi, come un'inconsapevole confessione. Commentando la seconda ordinanza di custodia cautelare esclama:  «io ho portato le macchine». Per gli investigatori è l'ammissione della partecipazione alla rapina, almeno a livello organizzativo.

Dal Quotidiano di Lecce di Sabato 3 febbraio 2001

Strage, in aula solo il dolore

Assenti i 2 imputati, Si riprende ad arpile

Il processo s'è aperto ieri. Solo questo è stato fatto. Niente di più. Proseguirà a fine aprile. E il giudizio davanti alla Corte d'assise per la strage della Grottella, tre vigilantes uccisi e tre feriti, due miliardi svaniti nel nulla come quasi tutto il gruppo di feroci assassini che quell'assalto compì la mattina del 6 dicembre '99. Sembra il processo ai fantasmi. I due imputati prefenscono non comparire in aula, il resto del commando chissà dove sta e - soprattutto - chissà ancora da chi è formato, da quanti era composto, e tutto questo al di là dei sospetti, dei mezzi indizi, delle ipotesi plausibili.  Si comincia e subito si rinvia.


Ad assistere a tutto questo giusto i parenti dei morti. Nessun indizio, nessuna Ipotesi: il loro è dolore vero, autentico, incrollabile a dispetto del tempo che passa. Come la loro voglia di giustizia.


I1 processo comincia e per i due imputati- i pastori sardi Pierluigi Congiu e Gianluigi Depau, giovani, giovanissimi, cognati tra loro - parte ancora peggio di come si prospettava. Accusati di concorso in omicidio, concorso in rapina, detenzione e porto di armi ed esplosivo in luogo pubblico, da ieri si portano appresso anche l'accusa di lesioni personali dolose per le ferite lasciate sul corpo e nell'anima di chi è sopravvissuto all'assalto. L'accusa è stata contestata in apertura di udienza. Poi il rinvio.


Quel giorno morirono Luigi Pulli, Rodolfo patera e Raffaele Arnesano, citati dal più grande al più giovane, distribuiti sui due furgoni blindati della Velialpol imbottiti di denaro (quasi tre miliardi e mezzo di lire trasportati) destinato ad una ventina di uffici postali del Basso Salento. I due veicoli furono assaltati sulla Copertino-San Donato, sulla via della Grottella:

un camion fu lanciato contro il primo blindato, un fuoristrada bloccò il secondo, un gruppo di fuoco sparò all'impazzata raffiche micidiali di kalashnikov, qualcuno piazzò dell'esplosivo sotto il blindato di dietro, dilaniando due dei tre vigilantes che stavano dentro. Un miliardo e ottocento milioni il bottino portato via. Nei veicoli, i cadaveri dei tre vigilantes. Urla di dolore dei feriti.

 I due pastori furono arrestati praticamente subito. In una masseria di Melendugno da loro usata per il pascolo del bestiame (Congiu e Depau sono arrivati nel Salento nell'ottobre precedente, direttamente da Villagrande Strisaili, Nuoro) era stata trovata, con il cofano ancora caldo, l'Alfa 164 utilizzata dal commando per fuggire dal luogo dell'eccidio (l'altra auto era una Saab 9000, anch'essa subito recuperata, a Martano). Accusati di ricettazione e portati in cella, i due sono stati raggiunti qualche tempo dopo da una seconda ordinanza di custodia cautelare, questa volta per concorso in omicidio e rapina: una sene di indizi, incluso il riconoscimento di uno di loro in un luogo ben preciso poco prima dell'assalto, sembrerebbe incastrarli. Ma il processo si fa proprio per questo.

 Pubblici ministeri Patrizia Ciccarese e Gugliemo Cataldi; avvocati difensori Elvira Belmonte e Pasquale Ramazzotti; avvocato di parte civile per i parenti delle vittime l'avvocato Gaetano Gorgoni. Per la Velialpol, anch'essa parte civile, presente l'avvocato Claudio Di Candia.

Dal Quotidiano di Lecce di Venerdì 27 Aprile 2001

L'eccidio della Grottella: Nel processo ai pastori arriva la verità di un collaborante.

Un pentito parla: nuova pista per la strage

Un Pentito potrebbe dare una svolta alle indagini sulla strage della Grottella, aprendo nuove piste rispetto a quelle fin qui seguite dagli investigatori. Il colpo di scena durante il processo ai due pastori sardi, per ora unici imputati per l'assalto al furgone blindato in cui morirono tre vigilantes.

Potrà da un pentito arrivare quella verità ancora assente in un processo in cui due sono gli imputati e molti gli assenti ingiustificati?

La verità è quella che ancora manca nell'inchiesta sulla strage della Grottella, tre vigilantes uccisi il 6 dicembre '99 da un commando spietato, armato con kalashnikov ed esplosivi ad assaltare due furgoni della Velialpol con sei uomini e tre miliardi di lire a bordo. Tre i morti, tre i feriti, due i miliardi rapinati. Una strage.

Ieri - nella seconda udienza del processo in Assise ai pastori sardi Pierluigi Congiu e Gianluigi De Pau, prima accusati di ricettazione e favoreggiamento e poi di concorso pieno nella rapina e nell'eccidio - la difesa degli imputati ha ottenuto di ascoltare in aula le dichiarazioni di un collaboratore di giustizia di Andria, tal Salvatore Lovaglio, che sostiene di sapere qualcosa in più su quel delitto, diversa dalla ricostruzione dei fatti che ipotizza la partecipazione di leccesi, brindisini e Sardi e che vede unici accusati i due pastori.

Il processo riprenderà il 14 maggio. Nel frattempo verranno riesaminate le intercettazioni ambientali. A difendere gli accusati, gli avvocati Elvia Belmonte e Pasquale Ramazzotti. Non c'è più il professor Gaetano Contento, morto pochi giorni fa a Bari: ieri in udienza è
stato commemorato dal pm Guglielmo Cataldi, dal presidente dell'Assise Elio Romano e dallo stesso avvocato Belmonte.


Dalla Gazzetta del Mezzogiorno di Venerdì 27 Aprile 2001

Il processo entra nel vivo. Saranno ascoltati 70 testimoni. C'è anche un collaboratore di giustizia barese

Strage, un pentito sfilerà in aula

L'Accusa non lo ritiene credibile, ma la difesa lo convoca

La difesa gioca la carta del pentito. E chiama a testimoniare un collaboratore di giustizia nel processo per la strage della Grottella. E' Salvatore Lovaglio di Andria. Quattro mesi dopo il sanguinoso assalto ai furgoni portavalori raccontò agli investigatori della Sezione criminalità organizzata della Squadra mobile della Questura di Roma di conoscere uno dei rapinatori che aveva partecipato alla rapina. Così i difensori dei due pastori sardi, gli unici accusati dell'azione di guerra che fruttò quasi due miliardi e lasciò sul campo tre guardie giurate, sperano di aprire linee alternative che - a loro dire - sarebbero state trascurate dagli investigatori. Lovaglio, infatti, ha fatto un nome. E' quello di un pregiudicato di Andria con il quale il pentito avrebbe avuto anche dei contatti telefonici.

 Il suo è stato un racconto ricco di particolari. Ma l'esame dei tabulati del traffico telefonico transitato sulle utenze del collaboratore avrebbe smentito quei contatti. Dagli investigatori dunque il pentito non è stato ritenuto credibile. I difensori di Pierluigi Congiu e Gianluigi Depau, però, lo porteranno in aula. Ieri mattina i giudici della Corte d'Assise presieduta da Elio Romano hanno accolto la richiesta dei difensori. I sardi sono assistiti dagli avvocati Elvia Belmonte, Enrico Ramazzotti e Andrea Moreno.

 In verità di pentiti che parlano della strage ce ne sono almeno altri due, ma anche la difesa ha rinunciato alla loro audizione.

Con l'udienza di ieri (la seconda) si è aperto ufficialmente il dibattimento. Sono stati sentiti i primi cinque testimoni. Ne seguiranno altri 60. Quelli ascoltati ieri, il 6 dicembre del '99 transitavano sulla via della Grottella, mentre il commando, composto da almeno dieci uomini mascherati, era in azione.
La Corte ha anche nominato il perito che dovrà trascrivere le registrazioni delle conversazioni fra i due sardi registrate in carcere. E ci sarà anche un interprete per la traduzione.

 

Dalla Gazzetta del Mezzogiorno di Martedì 15 Maggio 2001

"Srage della grottella", continua l'audizione dei testimoni

COPERTINO - Continua l'audizione dei testimoni, al processo in Corte d'assise sulla strage della «Grottella».

Ieri nel corso della terza udienza, che vede alla sbarra in qualità di imputati Pierluigi Congiu e Gianluigi Depau (assistiti dagli avvocati Elvia Belmonte, Enrico Ramazzotti ed Andrea Moreno), sono comparsi i titolari delle due vetture utilizzate per l'assalto ai furgoni portavalori della Velialpol, in cui persero la vita tre guardie giurate. Si tratta dei titolari della Saab e del Pick up Nissan Patrol, quest'ultimo comparso sulla scena della strage, mentre la vettura di fabbricazione svedese venne recuperata dai carabinieri nelle campagne di Martano.

Quindi è stata la volta di uno dei testimoni oculari della sanguinosa rapina, che fruttò circa due miliardi di Lire in contanti, e dopo il suo ascolto, il processo è stato rinviato all'ultimo giorno del mese. In tale occasione, al cospetto dei giudici della Corte e dei rappresentanti dell'accusa, i sostituti Patrizia Ciccarese e Guglielmo Cataldi, dovrebbero sfilare altri due testimoni oculari, nonché uno degli investigatori dell'Arma titolari delle indagini. Indagini  che sino ad ora portano solo all'arresto dei due sardi, entrambi accusati di concorso in omicidio.

 

Dal Quotidiano di Lecce di Mercoledì 30 Maggio 2001

Strage di Copertino: Verità più vicina

Catturato tra Brindisi e Sandonaci il  latitante chiamato in causa per l'uccisione dei tre vigilantes

Vito Di Emidio. Il suo nome fu fatto subito, nelle ore immediatamente successive alla "strage della Grottella", l'assalto che il 6 dicembre del 1999 costò la vita a tre vigilanti della Velialpol, massacrati in un assalto con 1'esplosivo contro due furgoni portavalori, alla periferia di Copertino. Tre guardie giurate uccise, altre tre ferite. Ed un commando di assassini sanguinari, non si sa ancora con certezza quanti fossero, in fuga con un bottino di due miliardi.

Tra quei killer - dissero subito gli investigatori - di sicuro doveva esserci stato anche "Bullone", ovvero Di Emidio. Sia
per l'efferatezza del delitto, quasi una firma del suo modo di agire, sia anche perché qualcuno a quanto pare qualche giorno prima dell'agguato sembra avesse notato una persona più che somigliante a lui a bordo di quella Saab 9000 turbo con cui alcuni degli assassini della "Grottella" fuggirono dopo l'assalto ai portavalori e che venne ritrovata un'ora dopo abbandonata nelle campagne di Martano.

Si parlò di Di Emidio, allora, e dei  rapporti malavitosi esistenti tra la provincia di Lecce e quella vicina di Brindisi. Ma sono state un comune denominatore anche per molti altri fatti di sangue e di criminalità negli ultimi tempi le alleanze tra leccesi e brindisini, le ruggini reciproche, i conti rimasti a lungo sospesi e alla fine saldati, i nuovi assetti per i nuovi, lucrosissimi, affari.

E la ripresa dei delitti e delle ostilità, il 18 maggio del 2000, quando sulla provinciale Collepasso-Casarano Cosimo e Fabrizio Toma, padre e figlio, vennero falciati da una raffica di kalashnikov mentre rientravano a casa, a metà mattinata, con la loro Fiat Uno.

Colpiti alle spalle i due urtarono violentemente con l'auto il costone laterale della strada, venendo alla fine sbalzati fuori dall'abitacolo frantumato dai colpi di proiettile. I killer avevano provato a farli fuori già qualche un mese prima, ai primi di marzo: i due vennero feriti a colpi di pistola e fucile. L'agguato non andò oltre per l'arrivo di una pattuglia dei carabinieri, giunta a casa Toma per controllare il capofamiglia, sottoposto ad un regime di sorveglianza speciale.

Non ebbero molte difficoltà ad inquadrare il duplice delitto, gli investigatori dell'antimafia leccese: erano stati per lungo tempo amici di alcuni boss della Sacra corona unita brindisina, i Toma. Così amici che ospitarono la latitanza del boss Salvatore Buccarella nel 1991. In seguito molti elementi e diverse testimonianze li avevano indicati come molto vicini anche ad un altro personaggio di grosso calibro della criminalità brindisina, Vito Di Emidio appunto, superlatitante della Scu che in più occasioni pare avesse trovato rifugio e ospitalità proprio in quell'area. Ma così come erano stati suoi grossi amici, le cose altrettanto radicalmente cambiarono:
con Di Emidio i rapporti sembrarono poi essersi irrimediabilmente rotti. Fino all'agguato e poi al successivo omicidio di Cosimo e Fabrizio Toma.

Ma l'aggancio con Brindisi nel lavoro degli investigatori salentini è ritornato anche in molte altre occasioni, e non
solo per un fatto territoriale, risalendo
la provincia verso il triangolo Surbo-Campi-Squinzano, dove nel 1999 i delitti e gli scontri a fuoco tornarono a moltiplicarsi, dove il riassetto interno a quel clan un tempo capeggiato dal campiota Gianni De Tommasi e successivamente attribuito al suo "successore" Dario Toma, si scatenò soprattutto attorno ai grandi affari a cavallo delle due province, in quella zona. Sigarette, droga, bische e rapine, molte. E più volte il nome della "primula rossa" brindisina tornò a far capolino nei fascicoli delle indagini, nelle ipotesi degli inquirenti. Vito Di Emidio, sempre lui, inafferrabile e onnipresente, talvolta - bisogna dire - anche in odore di "dono dell'ubiquità" - Ma d'altro canto è sempre stato così: un latitante di spicco è sempre il primo a cui si pensa quando c'è un'indagine difficile da risolvere, quando tutto il resto continua ad essere avvolto in un mistero di cui non si riesce a venire a capo. Così molte sono state le accuse - reali o ipotizzate - che nei mesi passati hanno colpito Di Emidio. Ora il boss finalmente non è più latitante. E molte indagini potranno, si spera, raggiungere una conclusione un
pò  più "solida" di quanto non abbiano avuto finora.

 

Dal Quotidiano di Lecce di Mercoledì 31 Maggio 2001

La Dda di Lecce smentisce sviluppi per i tre vigilantes uccisi a Copertino

«All'epoca dei fatti si parlò tra le altre cose anche di un possibile coinvolgimento del latitante Vito Di Emidio nella sanguinosa rapina di Copertino ma posso escludere che allo stato esistano elementi tali non solo da portarne all'arresto ma neanche da inserirlo nel registro degli indagati»: il pubblico ministero antimafia Leonardo Leone de Castris, titolare dell'inchiesta sulla rapina che costò la vita a tre vigilantes vegliesi, ha commentato così ieri mattina le voci su un imminente emissione di ordinanze di custodia cautelare relative a quell'episodio che coinvolgano Vito di Emidio.

De Castris, che conosce molto bene la criminalità brindisina avendo svolto per anni le mansioni di sostituto procuratore presso il palazzo di via Palmiro Togliatti, ha infatti sì incriminato Di Emidio ma con l'accusa di associazione mafiosa e di traffico di stupefacenti nell'ambito di un'inchiesta sul troncone brindisino della Sacra corona unita.

Ed è probabile che il magistrato si porti a Brindisi nei prossimi giorni per ascoltare Di Emidio su quella vicenda.

Dalla Gazzetta del Mezzogiorno di Venerdì 1 Giugno 2001

La Difesa dei due sardi incassa i primi punti

Sfilano i testimoni in Assise nel processo per la strage della Grottella e la difesa dei due pastori sardi (Gianluigi De Pau e Pierluigi Congiu) incassa i primi punti. Uno scossone all'impianto accusatorio è venuto dalle dichiarazione del maresciallo Gianluca Piconese. Il sottufficiale la sera del primo dicembre ha visto uscire dalla masseria il "Capitano" di Melendugno (la stessa dove lavoravano i due pastori sardi) una Thema con quattro persone a bordo, armate e travisate. Ebbene il maresciallo ha precisato che la targa della vettura era AA476TJ e non AA976TJ, come riportato negli atti della delicata inchiesta. La differenza potrebbe non essere di poco conto. La targa AA976TJ era stata notata, qualche giorno prima della strage, da una guardia giurata nei pressi di Boncore. La targa era montata su una Thema: fra gli occupanti dell'auto, il vigilante avrebbe riconosciuto Gianluigi De Pau. E la stessa targa era annotata a penna sul bloc-notes ritrovato nella tasca di Raffaele Arnesano, uno dei vigilantes rimasti uccisi durante l'assalto. Vale ricordare che la targa AA976TJ era stata smontata da una Fiat Uno qualche giorno prima della strage. C'è di più: un testimone ha confermato la presenza dei sardi nella masseria alle 9 del 6 dicembre. E nonostante le decine di militari impegnati in una perquisizione, i due non si sono allontanati fino all'arresto.

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