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da "Giovanni Caputo"  -  16 marzo 2005

Leggi la lettera di S. Frisenda

Gli inviti alla riflessione aiutano a capire

  “In questo quadro non certo edificante dello scenario politico vegliese, tutti hanno litigato con tutti e nessuno, purtroppo, si è assunto l’arduo compito di guardare in faccia la realtà e cercare di ragionare sulle cause che hanno generato una crisi così profonda.”

In questo periodo è racchiusa la sintesi di un ragionamento fatto dal dott. Frisenda nel suo lungo intervento. In esso l’autore invita, inoltre, a riflettere: sulle modalità della partecipazione democratica, limitata solo al periodo della consultazione elettorale e sulle scelte politiche che la nuova maggioranza dovrà operare, rispetto ai reali bisogni del paese. A queste conclusioni il dottore era giunto dopo una personale lettura delle cause che avrebbero portato all’attuale situazione politica, sostenendo che si è fatto fronte ad una “crisi della politica, crisi di idee, crisi di valori, crisi per l’internazionalizzazione del sistema economico” con una riforma del sistema elettorale che ha peggiorato la situazione, in quanto “il Sindaco in carica, forte dei poteri conferitigli dalla legge e poco rispettoso delle “esigenze” degli alleati che avevano contribuito alla vittoria elettorale, ha reputato opportuno esercitare il governo in modo autoreferenziale”. Risultato: la riforma elettorale ha creato sindaci autoritari che sono la causa scatenante delle continue crisi amministrative.

Tutto questo argomentare serviva al dott. Frisenda per articolare la richiesta di un intervento da parte della nuova amministrazione a realizzare concretamente e in tempi brevi la zona per gli insediamenti produttivi. "Se il prossimo Sindaco, chiunque egli sia, nei prossimi dodici mesi, non sarà in grado di approvare il PRG con relativa zona per gli insediamenti produttivi, è auspicabile, per il bene del paese, che valuti attentamente l’opportunità o meno di continuare il suo mandato elettorale”.

Questo è il quanto. Ed esposto in questi termini non ci sarebbe nulla da obiettare. Ma i termini non sono questi. La crisi a cui il dottore allude, in questa consultazione elettorale, ha assunto la forma tragica della rappresentazione claunesca. E come chiamare altrimenti la presenza dei partiti del centro-sinistra in quattro liste differenti? Tra queste liste, è difficile giudicare quella guidata da Fernando Fai, che recupera cinque assessori della vecchia amministrazione e su quattro di questi così si esprime il dott. Frisenda: “la parte della maggioranza che ha firmato la sfiducia al Sindaco non ha mai avuto un progetto politico alternativo ed ha cercato qualsiasi tipo di aggregazione, purché fosse contraria alla sua vecchia alleanza”. E con gli assessori, la lista Fai recupera anche i vecchi “transfughi”, che uniti ai nuovi diventano otto per l’esattezza, sono coloro che hanno determinato la fine anticipata delle due passate amministrazioni, verso i quali il dott. ha parole poco lusinghiere: “sono fermamente convinto che non è mai segno di maturità e di buon senso, firmare la sfiducia al Sindaco senza che essa venga analiticamente motivata in consiglio comunale”.

Ma di quale analisi motivata stiamo parlando? In questa tornata elettorale i personalismi si sono manifestati con tanta virulenza, che le ragioni ideali e politiche che giustificano lo stare insieme in un partito o in una coalizione si sono dimostrate così fragili o non sono state per nulla percepite da non reggere al minimo confronto. Si sono inventati partiti per coprire accordi fatti tra persone che dovevano comunque essere inserite nelle proprie liste; si è anteposto alla discussione politica e alla costruzione di un’alleanza il proprio nome in ruoli legittimati solo dalle proprie convinzioni o da codazzi di amici e compari; si sono esasperate le posizioni ideologiche per giustificare scelte dirompenti di non ritorno; è ridiscesa in campo dopo una costante presenza quarantennale, più longeva di Fidel Castro, “la famiglia”, la dynasty vegliese, con una proposta commerciale di tutto rispetto: lasci uno e prendi due.

La politica a Veglie è morta, egregio dott. Frisenda. E dinanzi alla morte della politica non le sembra ingenuo e anche un po’ autoassolutorio sostenere: “Al di là di varie critiche o contestazioni su quello che si sarebbe potuto fare e non si è fatto, io metto punto e vado a capo”. Non le sembra troppo comodo? Non le sorge il dubbio che dovrebbe, per la parte che la riguarda, assumersi le sue responsabilità, senza pubbliche abiure ma con l’onestà intellettuale che la caratterizza e sostenere che si sono persi cinque anni ?

“Chiedo al prossimo Sindaco ed alla sua coalizione di rendere di dominio pubblico il progetto di variante al PRG elaborata dall’amministrazione Greco e il lavoro fatto dall’amministrazione Carlà e di approvare immediatamente la variante al piano regolatore generale entro la fine del 2005, al massimo nella primavera del 2006, nello stato in cui si trova e, se proprio necessario, apportando modifiche delle quali, però, tutti i cittadini dovranno essere messi a conoscenza. L’approvazione della variante al PRG permetterebbe di dare il via alla realizzazione del piano per gli insediamenti produttivi che non può essere rinviato per nessuna ragione”. Ma a quale sindaco lo chiede dottore? Lei non sembra abbia avuto molta fiducia nei sindaci che ha sostenuto, si figuri degli altri che cercherà di ostacolare legittimamente con il suo impegno politico. Si liberi dai pregiudizi e riconosca che sui cinque candidati, forse quello che le sta più antipatico potrebbe rispondere positivamente alla sua richiesta.

E ancora dottore come fa a considerare sprechi i soldi spesi per acquisire al patrimonio comunale diciotto ettari di terreno inseriti all’interno del PRG e tipizzati come zona industriale? Lei ritiene che, da parte della pubblica amministrazione, aver investito intorno ai due euro a metro quadro per un terreno, inserito nel Piano ed esprimibile volumetria edificabile in rapporto ai parametri della tipologia, sia uno spreco? I proprietari di quel terreno pagavano al Comune l’Ici in rapporto alla sua tipologia, ritiene che si sarebbe potuto pagare meno? O ritiene che dopo più di vent’anni si sarebbe potuto modificare la destinazione urbanistica di quel terreno senza incorrere ad un contenzioso con i proprietari? Lei per il lavoro che fa è ben inserito nel tessuto sociale ed economico del paese, ritiene che il prezzo pagato per quel terreno non sia stato congruo? Se il Comune decidesse di fare cassa e lo vendesse, ad un prezzo rivalutato rispetto al valore iniziale, lei, che notoriamente non fa il contadino, non sarebbe interessato ad acquistarne un paio di ettari?

Personalmente sono convinto come lei, che la politica non debba essere abbandonata, pertanto continuiamo a vigilare sulle scelte amministrative, anche quando sono i nostri ad avere responsabilità di governo del paese, senza aspettare altri cinque anni a muovere critiche generiche e sempre alla stessa parte.


Con stima Giovanni Caputo
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