da "Fernando" - 3 gennaio 2005 Storia di un Memorial... Ormai è passato un po di tempo da quando è cominciata l’avventura del "Memorial don Giovanni Tondo". Si è spenta l’euforia dei "giorni caldi" durante i quali ogni cosa era finalizzata alla buona riuscita della manifestazione e ora, forse, rimane il tempo per parlarne serenamente. Per parlare non solo della “cronaca” delle quattro serate della manifestazione, ma anche un po di tutta quella che è stata una fantastica avventura che ha visto coinvolto un gruppo di persone alcune delle quali, fino a quel momento, non si conoscevano neppure. Tutto è nato dalla voglia di riscoperta e di rivalutazione del nostro dialetto. Molto spesso infatti, parlando con persone anziane ci si rende conto che alcuni vocaboli, alcune frasi o modi di dire, ci risultano talmente estranei che non ne comprendiamo per niente il significato e abbiamo bisogno di farcelo spiegare. A maggior ragione questo si nota quando sono a confronto i nonni con i nipoti. Perchè allora non creare un momento in cui queste generazioni e i loro modi diversi di parlare possano venire in contatto e fare in modo che si tramandino parole, mestieri, usanze e quant’altro di una Veglie che ormai non esiste più? Un magistrale lavoro di questo genere è stato realizzato da Don Giovanni Tondo con il libro “Litrhattu ti Eie” stampato nel 1980. Il libro è un vero e proprio affresco di quella che è stata Veglie negli anni che ormai in pochi ricordano. Nel libro sono riportati i luoghi, i personaggi, i mestieri, le usanze, di una civiltà contadina che appare lontana anni luce dalla nostra. Ma quello che più fa grande questo libro è lo stile in cui è scritto, la sua metrica e la sua precisione con la quale il lettore viene guidato per le strade di Veglie a conoscere le persone che in questo paese vivono. Il libro, poi, è una miniera di vocaboli e di modi di dire che non può assolutamente mancare nella libreria di un vegliese.
Purtroppo, come quasi sempre accade per le cose
belle, il libro è passato nel dimenticatoio e farlo riscoprire è stata anche
una delle molle che ha spinto ad organizzare questo memorial. In un periodo
durante il quale si legge continuamente sui giornali che in molti paesi si
fanno pubblicazioni in dialetto locale o pubblicazioni con le quali si
riscoprono mestieri di una volta, perchè allora non dare il giusto riconoscimento a
chi queste idee le ha già avute e le ha già realizzate oltre trent’anni fa?
In una manifestazione di questo tipo non poteva mancare una commedia in vernacolo. Soprattutto perchè don Giovanni Tondo ha sempre stimolato questa forma di espressione e il suo oratorio è stato una miniera di idee e di giovani che hanno lasciato il segno e che molti, ancora oggi, ricordano con grande rimpianto. E’ stata chiesta la collaborazione ad un gruppo di amici che, più o meno venti anni fa, aveva messo in scena una commedia scritta proprio da una di loro. L’idea è stata accolta con entusiasmo e, dopo una prima riunione organizzativa, tutti si sono prestati con grande professionalità a questo progetto. Tutto questo accadeva a settembre 2004 e tutti erano consapevoli che sarebbero stati mesi di prove intense e che dopo una giornata di lavoro avrebbero dovuto sacrificare il loro tempo libero per questa “avventura”. Non esagero se dico che sembrava di assistere ad una storia da film: basta pensare che la stessa commedia, come già detto, è stata portata in scena più di venti anni fa proprio da questi stessi attori ed ora, insieme ai vecchi interpreti, ci sono anche le figlie di uno di loro ad interpretare la parte delle figlie anche in scena. E ad assistere alle prove c'erano anche altri ragazzi che sono rimasti sbalorditi nello scoprire che i loro genitori avevano un "passato da attore". Vederli recitare durante le prove è stata un’esperienza divertente forse più che assistere allo spettacolo vero e proprio, ma senza dubbio è stata anche, e soprattutto, gratificante. Tutti possiamo dire di aver imparato qualcosa durante questo periodo di collaborazione, non solo per quanto riguarda la direzione e l’organizzazione di uno spettacolo, ma soprattutto per ciò che riguarda i rapporti tra le persone, il rispetto e la collaborazione: ognuno di noi ha imparato qualcosa, una fra le tante è che la promozione culturale non ha confini, in nome della promozione culturale le barriere di ogni tipo e di ogni colore devono crollare. Credo di non sbagliare se affermo che questa è stata un’esperienza costruttiva che può rivelarsi la base per una nuova idea di intendere “fare cultura”.
Torniamo alla commedia e ai suoi protagonisti che non dobbiamo dimenticare
di citare: La serata scorre in maniera perfetta, gli applausi a scena aperta non si contano, il pubblico è entusiasta dello spettacolo e gli attori a fine serata sono assaliti dai presenti che non risparmiano parole di complimenti e di ringraziamenti per la piacevole serata che hanno trascorso. Le stesse scene si ripetono nella seconda serata. Ormai, più che i manifesti, è il passaparola a fare da cassa di risonanza allo spettacolo e non bastano più le due serate programmate in precedenza per accontentare quanti vogliono vedere la rappresentazione. Per questo si rendono necessarie altre repliche che sia l’associazione “Enrica Rizzo” che la "Pro Loco di Veglie" hanno avuto il piacere di programmare fra le loro attività. Anche questa è una soddisfazione che conferma quanto detto prima e cioè che la collaborazione dà i migliori risultati, sempre. Un’ultima cosa va detta, non meno importante delle altre: tutta la compagnia teatrale compreso la regista ha offerto il proprio tempo e il proprio lavoro a titolo gratuito senza chiedere niente in cambio. I fondi che sono stati raccolti nelle varie serate sono stati destinati a scopi benefici eccetto una quota delle prime due serate che è servita a coprire una parte delle spese sopportate dall’organizzazione per l’allestimento del teatro. Questo va detto per chiarezza e a scanso di inutili polemiche. Concludo con la speranza che questo sia solo l’inizio di un filone di rappresentazioni teatrali che abbia numerosi protagonisti sia tra i promotori che tra quanti abbiano voglia di cimentarsi su un palcoscenico.
Poteva mancare, all’interno di una manifestazione, un momento musicale? Sicuramente no. Ecco perchè si è deciso di fare qualcosa di altamente professionale e che avesse in qualche modo attinenza con il nostro tema. Uno degli scopi che ci eravamo proposti era quello di “non dimenticare le nostre radici”. E allora chi meglio della nostra nostra concittadina Elisa Strafino, ormai cittadina del mondo essendo impegnata in numerosi concerti per chitarra classica che la portano a viaggiare per l’Europa, poteva testimoniare questo aspetto. Approfittando delle sue vacanze estive qui a Veglie, le abbiamo timidamente prospettato la nostra idea quasi convinti che non avrebbe trovato il tempo da dedicare al nostro piccolo paese tra l’altro privo di strutture adeguate per un certo genere di concerti. Sono bastati però pochi secondi per ricrederci dalle nostre supposizioni: è bastato vedere nel suo sguardo la gioia con la quale ha accettato, senza neanche pensarci sopra, la nostra proposta. Anche Elisa, come tutti quelli che hanno partecipato al Memorial, non ha voluto niente in cambio se non la gioia di potersi esibire per i suoi concittadini per i quali non aveva mai avuto ancora modo di farlo. A questo punto l’impegno era stato preso, se prima avevamo avuto qualche dubbio sulla riuscita di tutta la manifestazione ora non c’erano più scuse, si doveva lavorare affichè tutto potesse andare per il meglio: commedia, concerto, concorso e documentario. Elisa Strafino è una ragazza poco più che ventenne che vive ormai da qualche anno a Parigi dove sta perfezionando i suoi studi di chitarra classica e dove si esibisce in numerosi concerti nei teatri francesi. Non sbaglio se dico che pochi vegliesi, se non nessuno, hanno avuto il piacere di poterla ascoltare a questo punto della sua carriera che tra l’altro è ancora tutta in ascesa. Per questi motivi, quindi, abbiamo ritenuto valida la testimonianza di chi non dimentica le proprie radici neanche quando si raggiungono mete molto importanti delle quali andare fieri soprattutto quando sono frutto di sacrifici personali e della famiglia. Passano le vacanze, Elisa torna a Parigi dove risiede ormai da anni. Rimaniamo comunque sempre in contatto per stabilire la data del concerto, il programma e quanto altro possa essere utile alla buona riuscita di tutto. Dicembre è un periodo impegnativo per Elisa: ci sono dei master da affrontare, dei concerti nei teatri francesi. Ma tutto questo non le impedisce di arrivare qui a Veglie la mattina di sabato 11 dicembre 2004, esibirsi la sera stessa di sabato per il Suo pubblico, che non manca di tributargli tutto il suo affetto, e poi ripartire nel pomeriggio di domenica 12 dicembre per ritornare ai suoi impegni. Non significa forse questo “non dimenticare le proprie radici”? Anche per il concerto, come per la commedia, si è avuto il problema dei posti limitati a disposizione. E’ stato difficile dire no a tante persone e di questo tutti, Elisa in prima persona, siamo rimasti dispiaciuti. Chi ha avuto la possibilità di assistere a questa serata può senz’altro dire di aver trascorso una serata memorabile. Anche chi di solito non “naviga” nell’ambiente della musica classica ha dovuto ricredersi ed apprezzare l’eleganza del suono di Elisa, il “trasporto” con il quale venivano eseguiti i brani in programma, il sentimento che dalle corde della sua chitarra invadeva tutta la sala. Può sembrare retorica, ma chi era presente sa che non lo è. Qualcuno, avendola vista suonare solo molti anni fa quando era ancora ragazzina intenta a studiare le prime nozioni di chitarra, non ha saputo trattenere le lacrime. E tutta questa atmosfera di emozione e commozione si è respirata alla fine del concerto ufficiale con la gente in piedi ad applaudire Elisa che non riusciva a nascondere la sua emozione e la sua gioia di poter essere lì, ad esibirsi per il Suo pubblico di Vegliesi che mai prima di quel giorno avevano avuto il piacere di ascoltarla. A richiesta del pubblico poi, Elisa non si è risparmiata nell’eseguire pezzi fuori programma che hanno prolungato di un po la conclusione della serata. Serata che si è conclusa con gli omaggi del prof.Valeriano Tondo, per conto della famiglia di don Giovanni Tondo, che l’ha ringraziata per la sua disponibilità, e con gli omaggi dell’”Associazione Musicale Culturale Antonio Reino” che le ha conferito la targa di Socio Benemerito dell’Associazione per i suoi meriti musicali e per essere cittadina vegliese nel mondo. Sono mancati forse riconoscimenti più ufficiali come sarebbero potuti essere quelli dell’Amministrazione Comunale che purtroppo in questo periodo è assente per “cause di forza maggiore” come tutti sappiamo, ma sicuramente il calore e l’accoglienza del pubblico vale molto di più. E’ inutile descrivere l’accoglienza del pubblico ad Elisa appena scesa dal palco. La cosa più bella, forse, sono state le numerose ragazzine e ragazzini che si sono complimentati con lei per il concerto appena ascoltato. Saranno forse i nuovi musicisti vegliesi? Per ora non possiamo dire altro che Grazie ad Elisa per averci regalato queste emozioni in una serata Natalizia e speriamo di averla con noi in altre occasioni per accontentare anche chi non è riuscito assistere al suo concerto.
Il concorso di prosa e poesia in dialetto vegliese è stato il fulcro attorno al quale è stato organizzato tutto il memorial. L’intento del concorso, sin dall’inizio, è stato quello di stimolare i partecipanti alla scoperta di vocaboli ormai desueti e intorno ad essi inventare dei racconti o delle poesie. Per la verità l’obiettivo è stato centrato da pochi ma in ogni caso le opere che hanno partecipato hanno avuto comunque una loro caratteristica particolare. I partecipanti non sono stati molti, ma quello che più colpisce è che hanno partecipato con molto entusiasmo bambini e anziani. Tutti i partecipanti al concorso hanno declamato una loro opera nella serata finale del 12 dicembre 2004, ricorrenza della nascita di don Giovanni Tondo, durante la quale ognuno di loro ha ricevuto un attestato di partecipazione rilasciato dal professore Alessandro Laporta e una copia del libro “Lithrattu ti Eie”. La serata finale, svoltasi nella Cripta Madonna di Lourdes, ha avuto inizio con la celebrazione della S. Messa officiata dal padre passionista Salvatoe Semeraro che è stato amico di don Giovanni Tondo e del quale ha ricordato momenti di vita che pochi conoscevano. Di questa serata, garbatamente condotta da Angelo Cipolla che ha saputo sottolineare i momenti più significativi, sono da mettere in risalto la lettura emozionante e commovente fatta da Lucia Verdesca della sua poesia “Sanitate"; la freschezza e la spontaneità delle poesie lette dai ragazzi Carla Frisenda e Matteo Notarnicola; lo straordinario affresco di Veglie tracciato dalla “milanese” Dania, in perfetto dialetto vegliese, che di Veglie non ha mai visto niente ma che i suoi amici “del web” sono riusciti a farle conoscere ed apprezzare in tutte le sue sfumature; la “teatrale” interpretazione della sua poesia da parte di Cchino Petito che, dall’alto dei suoi anni, è riuscito a sorprendere per la sua lucidità e per la sua straordinaria memoria nel declamare una poesia che sembrava non avere mai fine arricchendola con “arte scenica” degna di un grande oratore. La serata ha visto anche l’intervento del prof. Alessandro Laporta che ha sottolineato la validità e l'importanza che riveste il libro di don Giovanni Tondo, "Lithrattu ti Eie", che si rivela un documento storico che descrive minuziosamente la società vegliese degli anni in esso riportati e che dovrebbe essere riscoperto e letto da quanti ancora non avessero avuto modo di apprezzarlo. Ci sono state anche due testimonianze su Don Giovanni Tondo da parte dell’avv.Lorenzo Catamo e del prof.Antonio Greco. Ci sarebbe dovuta essere un’altra testimonianza su don Giovanni scritta da “Piera” con la quale ricordare anche momenti menu "ufficiali" di don Giovanni, ma il prolungarsi di alcuni interventi ha fatto saltare questo appuntamento. Rimediamo a questo mancanza pubblicando qui quanto “Piera” avrebbe dovuto leggere in quella serata: "...Un giorno memorabile, un giorno da ricordare!..." (clicca sul titolo per leggere la poesia). Vale la pena ricordare il documentario, interamente realizzato dal circolo culturale Amici della Fotografia e da Veglie News, con il quale si è voluto rendere omaggio alla figura di Don Giovanni Tondo. Il documentario è frutto di una ricerca di materiale fotografico e video gentilmente concesso da Giuseppe Pierri, dalla famiglia Tondo e da altre persone, e racconta le tappe più significative della vita di don Giovanni e i momenti che hanno segnato la sua vita spirituale. Non mancano nel film le suggestive scene dalla “Via Crucis vivente” e dal “Presepe Vivente” realizzati da don Giovanni insieme ai giovani della sua Parrocchia negli anni ’80-’90. Tutti momenti nei quali in molti del pubblico presente si sono riconosciuti a distanza di anni, emozionandosi per i tanti momenti felici vissuti insieme a don Giovanni.
Spero che molti abbiano avuto, verso don Giovanni, lo stesso pensiero di
don Fernando Paladini, attuale parroco della parrocchia del SS.Rosario, che
salutandomi ha detto: “Grazie ragazzi, mi avete fatto scoprire una persona e
il suo lavoro che prima non avevo il piacere di conoscere”. Cosa dire ancora di questa bellissima avventura? Niente altro che grazie a tutti quelli che hanno avuto il piacere di collaborare prestandosi sempre ed in ogni modo per la buona riuscita di tutto. A partire da quanti hanno avuto la pazienza di sacrificare le proprie domeniche per caricare, trasportare e montare il palco, le scenografie, i mobili e inventarsi un teatro in un paese dove trovare un posto per esprimere la “voglia di fare cultura” sembra quasi un’impresa impossibile ma, come si può vedere dai risultati, realizzabile. Tra queste persone non bisogna dimenticare Enzo de Benedittis senza la cui collaborazione tutto sarebbe stato quasi impossibile; Luca Bruno che pazientemente si è prestato ad allestire e a montare la scenografia e tutto quanto ad essa attinente; Miccoli Libero che ci ha sopportati quando la domenica mattina chiedevamo di farci da autista con il suo camion; il dott. Fabio Donateo che ci ha fornito l’attrezzatura per la proiezione del documentario; Catia Muci che ha saputo “fotograficamente invecchiare” in maniera realisticamente impressionante l’amica Franca Pierri facendola diventare una novantenne Zia Pia; tutta la compagnia degli “Amici del Teatro di Veglie” che si è prestata con grande professionalità a questo progetto; Agata Capoccia che ha saputo truccare gli attori rendendoli “naturalmente veri”; Elisa Strafino per la quale non saranno mai sufficienti i ringraziamenti per quanto ci ha regalato; la mamma di Elisa che ha cucito per il “ nostro teatro” un sipario su misura; tutti quelli che hanno partecipato al concorso; la famiglia Tondo che ha accolto con gioia questa iniziativa; Don Fernando Paladini che ci ha permesso di utilizzare la Cripta della Madonna di Lourdes per la serata finale della manifestazione; Padre Salvatore Semeraro che ha celebrato la messa e ha offerto la sua testimonianza per ricordare don Giovanni Tondo; i vigili del fuoco, "vicini di stanza", che ci hanno garbatamente sopportato in queste serate e che hanno discretamente vigilato durante tutto questo periodo; e perchè no..... anche il circolo culturale “Amici della Fotografia” e “Veglienews.it”. Ma soprattutto, tutti quelli che purtroppo sto dimenticando in questo momento. Una scusa doverosa bisogna farla anche a quanti non hanno potuto assistere alle varie serate a causa della poca disponibilità di posti. Tutti avremmo voluto avere a disposizione una sala con centinaia di posti in più, purtroppo Veglie non offre altro. Dobbiamo comunque ringraziare l’Amministrazione Comunale che ci ha permesso di utilizzare per così lungo tempo una struttura come la sala convegni del quartiere fieristico di via Salice, nella quale, grazie anche ai recenti lavori di messa a punto e alle nuove tende che l’hanno resa oltre che gradevole alla vista anche acusticamente apprezzabile, abbiamo potuto realizzare una serie di piacevoli serate. Una scusa va fatta anche a quanti non sono venuti ad assistere alle serate perchè “aspettavano” di essere invitati. Non era questo lo spirito della manifestazione: chi ha avuto il piacere di assistere ha trovato il modo di partecipare. Molti sono rimasti anche in piedi e, comunque, si sono divertiti ugualmente e hanno apprezzato e ringraziato allo stesso modo di chi era seduto.
Ormai questa avventura è finita. A molti è rimasto il piacere di aver
trascorso alcune ore divertendosi in maniera diversa dal solito. A tutto il
gruppo è rimasta la consapevolezza di aver scoperto dei nuovi amici con i
quali si sono condivise serate divertenti e costruttive.
Molti sperano che questo sia solo l’inizio di una proficua collaborazione.
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