In questo capitolo potete trovare notizie sulle origini di Veglie e foto di reperti archeologici rinvenuti nel feudo di Veglie. Tutte le notizie sono tratte dal libro "RADICI" di Giuseppe NEGRO (Stampa Cooperativa Grafica Italiana, Bari gennaio 2001) (clicca sulle foto per ulteriori notizie) |
Gli antichi Greci, della cui veneranda cultura siamo improbi discendenti, ribadivano che l'uomo, unione indissolubile di corpo ed anima, dovesse conoscere se stesso, i propri impulsi, le proprie emozioni e forze per valutare la sua dimensione esistenziale, al fine di manifestare concretamente e adeguatamente intelligenza ed abilità di pensiero, saggezza nella parola, audacia nelle azioni, temperamento e tolleranza in una società di individui forse un po' brutale e ancora rozza, ma straordinariamente umana per il valore ch'essa attribuiva ai sentimenti di fedeltà e d'amicizia. L'originalità e il prestigio dell'uomo si misuravano con la sua storia nel modo e nel luogo in cui essa, per volere del destino, si esplicava. Pertanto, nasceva meraviglioso un legame con la propria terra perpetuato faticosamente, di secolo in secolo, le cui ormai labili tracce si ergono, ancora oggi, a difesa della imperiosità di quella storia che, iniziata dagli uomini, modificata dalle istituzioni e travolta dai tempi, sopravvive con le sue autorevoli testimonianze, vessilli sparsi in punti e luoghi differenti, quali frammenti più o meno grandi di realtà che restano di avvenimenti che affondano le radici nella notte dei tempi. Da questo punto di vista, anche la piccola cittadina di Veglie presenta un passato, nonostante i validi tentativi di qualche anima pia, (mi riferisco ai lavori di A. CATAMO e al suo più completo "Appunti e spunti per una storia di Veglie" Ed. L'Orsa Maggiore, Lecce 1969) tuttora oscuro ed ambiguo della cui conoscenza probabilmente si gloriano in pochi, ma della cui potenza e grandezza anche i più sogliono spesso interrogarsi in virtù di quei superstiti frammenti che s'impongono silenti all'attenzione quotidiana, inoccultabili prove tangibili di un paese che da secoli urla la sua storia nel microcontesto di quella che un tempo era chiamata Terra d'Otranto e nel macrocontesto del più esteso e illustre Regno delle due Sicilie. Tratto da "Origini del Cimitero di Veglie,, di M. Lucia Russo (1998) a cura dell'Amministrazione Comunale di Veglie
Le origini di Veglie, anche se in mancanza di testimonianze monumentali, si possono con ragionevolezza ricondurre a quei segni labili della presenza umana fin dai tempi più antichi considerando tali tracce sul territorio. Il Salento risulta abitato sin dal Paleolitico superiore come si può dedurre dai ritrovamenti nelle grotte di Castro, di Leuca (Romanelli), Zinzulusa, le Striare. L'epoca Neolitica ed Eneolitica è testimoniata selci e ceramiche e proprio il Nicolucci nel Boll. pal. V. 139 (1879) riporta il ritrovamento a Veglie di "una figura neolitica" conservata nella collezione De Simone.
Tra le aree più attive di popolamento preistorico e protostorico che continuano la loro attività nel popolamento recente, si configura l'area della «Cupa». La distribuzione del toponimo «Cupa» (da «cupa», voce dial. che significa «depressione», forma cava «profonda») segue tendenzialmente gli aspetti plastici più notevoli di questa depressione stretta e allungata, ben delimitata, a nord-est, dalla Serra S. Elia e indicata dall'allineamento di vari centri (Campi, Novoli, Carmiano, Magliano, Arnesano, Monteroni, S. Pietro in Lama, Lequile, Dragoni, S. Cesario, Cavallino e sulla fiancata della «Serra» dal centro scomparso di Rudiae) ai quali segue un' altra serie di centri quasi ad andamento parallelo (Sandonaci, Guagnano, Salice, Veglie, Leverano, Copertino). La delimitazione della «Cupa» (menzionata spesso e brevemente descritta dal De Giorgi) - la cui area può essere precisata solo con ricerche particolari - appare pertanto di notevole interesse antropogeografico.
In località "Schiavoni" ancora oggi nel 2000 sono stati repertati numerosi frammenti ceramici, allo stato erratico, di età diverse; i più antichi risalgono al 2700 a.C. fino al 200 d.C., con datazione certa.
L'Epoca del Bronzo è rappresentata anche dai misteriosi menhir, pilastri monolitici in pietra locale che in Italia si ritrovano solo in Puglia e Sardegna con una diffusione che va dall'Oriente al nord Europa. I1 loro significato è incerto e i più propendono a ritenerli simboli religiosi. Recentemente è stato ritrovato un menhir a Veglie.
I documenti che testimoniano l'esistenza dei Messapi nel Salento sono le iscrizioni e le anfore con i manichi decorati da rotelle (trozzelle) (Mario Bernardini "Il Museo Provinciale di Lecce, pag. 7). L'epoca Messapica ci interessa più da vicino perché ad essa si riferiscono le tombe e le suppellettili ritrovate nel territorio di Veglie ed anche perché il Novembre sempre nel suo "Ricerche sul popolamento antico nel Salento", scrive:
(Fig.9 a b) (Fig.10 a b) (Fig.11)
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